Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 3396 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 3396 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a PISA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PISA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/05/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consiglière NOME COGNOME;
udito il Pubblico Mini GLYPH , in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME
che ha,e’cluso chiedendo
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza emessa in data 11/5/2023, la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia di condanna emessa a carico di COGNOME NOME e COGNOME NOME per i reati di furto con strappo, aggravato dalla minorata difesa e resistenza a pubblico ufficiale.
Insorgono i difensori degli imputati, proponendo ricorso per cassazione per i motivi di seguito indicati.
Per Di Leo NOME
Inosservanza o erronea applicazione della legge penale; mancanza, manifesta illogicità della motivazione con riferimento agli articoli 56 cod.pen.; art. 111 Cost., art. 192, commi 1,2 e 3, cod. pen., art. 546 comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
La difesa osserva come la condotta ascritta a COGNOME NOME avrebbe dovuto essere inquadrata correttamente non già nella fattispecie consumata del reato di furto quanto nella forma del delitto tentato, disciplinato dall’articolo 56 cod. pen.
II) Inosservanza o erronea applicazione della legge penale; mancanza e manifesta illogicità della motivazione con riferimento agli articoli 62-bis e 133 cod. pen.
Le richieste riguardanti la dosimetria della pena ed il diniego delle attenuanti generiche sono state disattese dal giudice di secondo grado con motivazione insoddisfacente.
Sulla prima richiesta il giudice ha speso solo poche righe; la seconda richiesta è stata disattesa sulla base del presupposto che il ricorrente fosse recidivo. La difesa osserva come le giustificazioni addotte a fondamento del rigido trattamento sanzionatorio e della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche non possano essere condivise. L’applicazione del beneficio invocato discende dal prudente apprezzamento del giudice, il quale, tuttavia, dovrà logicamente motivare la concessione o il rifiuto del beneficio.
La decisione in ordine al complessivo trattamento sanzionatorio, espressione dell’ampio potere discrezionale attribuito al giudice di merito, deve essere sostenuta da idonea motivazione, occorrendo fare riferimento non solo ai criteri generali previsti dall’articolo 133 cod. pen., ma anche ad altri elementi o situazioni di fatto diversi da quelli legislativamente prefigurati.
Per COGNOME NOME.
Inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento all’articolo 34 cod. pen.
La difesa rappresenta che il Tribunale aveva dato corso al dibattimento incurante delle nomine fiduciarie effettuate dall’imputato. Il giudice, infatti, ebb a dichiarare aperto il dibattimento, compiendo parte dell’attività istruttoria. L’intervento in giudizio di entrambi i difensori di fiducia, che fecero rilevar l’errore, indusse il Tribunale a riportare il dibattimento alle fasi inizi consentendo ai difensori di formulare la richiesta di giudizio abbreviato. Ammesse le parti al rito alternativo, il giudice ritenne di poter conservare la titolarità del procedimento, nonostante avesse precedentemente svolto attività istruttoria, assumendo testimonianze. Tali circostanze integrerebbero una ipotesi di incompatibilità del giudice a celebrare il rito abbreviato, con conseguente nullità del provvedimento impugnato. Ricorrerebbero, sia pure in via analogica, le condizioni previste dall’articolo 34, comma 2-bis, codice di rito. La ratio della norma invocata, infatti, è quella di tenere distinte le diverse fasi del giudizio. E evidente che il giudice di prime cure, assumendo funzioni appartenenti a fasi diverse del giudizio, tra loro incompatibili, abbia dato luogo &la incompatibilità prevista nella norma richiamata. La scelta degli imputati era, ab origine, quella di definire la loro posizione con una decisione allo stato degli atti; lo svolgimento di attività istruttoria da parte del medesimo giudice può avere condizionato l’esito del giudizio.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
I motivi di doglianza sono manifestamente infondati, pertanto i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili
In relazione alla posizione di COGNOME NOME si osserva quanto segue.
Le ragioni di doglianza riguardanti la mancata riqualificazione del reato nella fattispecie del tentativo di furto sono del tutto generiche e prive di fondamento in diritto.
La Corte di appello ha precisato che il reato è stato correttamente qualificato come furto con strappo consumato, essendosi gli autori del fatto impossessati della borsa che avevano sottratto alla vittima, dandosi poi alla fuga.
La refurtiva sottratta dagli imputati fu recuperata dal personale di Polizia soltanto dopo un pericoloso inseguimento.
Secondo consolidato orientamento della Corte di legittim.tà, il reato di furto si consuma con lo spossessamento. Occorre che la res furtiva entri nella piena disponibilità dell’autore della sottrazione, sia pure per breve tempo (cfr., ex
mu/tis, Sez. 4, n. 31461 del 03/07/2002, Rv. 222270:”In tema di furto, il reato può dirsi consumato nell’ipotesi in cui la cosa sia sottratta al possessore e l’agente se ne sia impossessato, anche per brevissimo tempo, sfuggendo alla cerchia di vigilanza di quest’ultimo; non rileva a tal fine il fati:o che l’agente s stato costretto ad abbandonare la refurtiva, immediatamente dopo la sottrazione, per l’intervento del tutto aleatorio di un terzo estraneo alla sfera di vigilanza del possessore derubato”; Sez. 4, n. 13505 del 04/03/2020, Rv. 279134). Del tutto conforme agli orientamenti di questa Corte si appalesa dunque la risposta fornita dai giudici di merito con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto.
Anche gli ulteriori motivi riguardanti la closimetria della pena e la mancata concessione delle attenuanti generiche sono inammissibili.
E’ immune da vizi e conforme ai principi ermeneutici stabiliti in questa sede la motivazione a sostegno del diniego del beneficio della concessione delle attenuanti generiche. La Corte di appello, ha richiamato le considerazioni del giudice di prime cure, ha tenuto conto della gravità delle condotte e dei precedenti penali annoverati dall’imputato (in argomento cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549 – 02: “Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente”).
E’ d’uopo rilevare, quanto alla dosimetria della pena, come la giurisprudenza di legittimità reputi inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione, come nel presente caso, non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142). Deve anche aggiungersi come, secondo orientamento pacifico di questa Corte, ove la pena irrogata non superi la media edittale, non è richiesto che il giudice esprima una specifica motivazione (Sez. 2, n. 36:104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez.4, n.27959 del 18/06/2013, COGNOME, Rv.258356; Sez. 2, n.28852 del 8/05/2013, COGNOME, Rv.256464; Sez. 4, n.21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv.256197).
4. In relazione alla posizione di NOME si osserva quanto segue. Manifestamente infondato è il motivo cori cui si deduce la violazione dell’art. 34 cod. proc. pen.
h GLYPH Come già chiarito dalla Corte di appello, il giudice di primo grado si era limitato ad assumere alcune prove successivamente non utilizzate. Accortosi dell’errore in cui era incorso, aveva correttamente rimesso gli imputati nel termine per poter chiedere il giudizio abbreviato, sicché nessun pregiudizio è stato arrecato alla difesa.
La situazione rappresentata nel ricorso non rientra nelle previsioni di cui all’art. 34 cod. proc. pen.
In ogni caso, l’esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen., non incidendo sulla capacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato dal giudice ritenuto incompatibile, ma costituisce esclusivamente motivo di astensione o di ricusazione, che deve essere fatto valere tempestivamente con la procedura di cui all’art. 37 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 3042 del 04/11/2015, deo. 2016, P.O. in proc. Bove, Rv. 266326).
In punto di affermazione di responsabilità, le doglianze sono destituite di fondamento. I giudici di merito, nelle due sentenze conformi, hanno ampiamente argomentato sul punto, esprimendo una motivazione coerente rispetto alle risultanze processuali richiamate nel corpo del provvedimento e del tutto immune dai vizi lamentati nel ricorso, dando conto, alla luce dello svolgimento dei fatti, del pieno coinvolgimento nei reati di entrambi gli imputati.
Consegue alla declaratoria d’inammissibilità dei ricorsi la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
In Roma, così deciso il 13 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
GLYPH Il Presidente