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Furto con strappo: quando è reato consumato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza 3396/2024, chiarisce la distinzione tra tentativo e consumazione nel reato di furto con strappo. Il ricorso di due imputati è stato dichiarato inammissibile, confermando che il reato si considera consumato nel momento in cui l’agente acquisisce un’autonoma disponibilità della refurtiva, anche se per breve tempo, come dimostrato dalla fuga successiva. La Corte ha inoltre respinto le doglianze relative alla dosimetria della pena e a una presunta incompatibilità del giudice di primo grado.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto con Strappo: La Fuga Determina il Reato Consumato

La distinzione tra reato tentato e reato consumato è uno dei temi più dibattuti nel diritto penale, con implicazioni dirette sulla qualificazione giuridica del fatto e sulla pena applicabile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3396/2024) offre un importante chiarimento in materia di furto con strappo, stabilendo che la fuga con la refurtiva, anche se per un breve lasso di tempo, è sufficiente a integrare la consumazione del reato. Analizziamo insieme questa decisione.

Il Caso: Dallo Scippo alla Cassazione

Due individui venivano condannati in primo e secondo grado per i reati di furto con strappo, aggravato dalla minorata difesa della vittima, e resistenza a pubblico ufficiale. Nello specifico, avevano sottratto la borsa a una persona e si erano dati alla fuga, venendo poi fermati dalle forze dell’ordine solo dopo un pericoloso inseguimento.

Contro la sentenza della Corte d’Appello, i difensori degli imputati proponevano ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni di diritto.

I Motivi del Ricorso: Tentativo, Pena e Incompatibilità del Giudice

I ricorsi si fondavano principalmente su tre argomentazioni distinte, una per ciascun imputato.

La Tesi del Furto Tentato

Un difensore sosteneva che la condotta dovesse essere riqualificata come tentato furto e non come furto consumato. Secondo questa tesi, il fatto che la refurtiva fosse stata recuperata poco dopo il fatto impediva di considerare perfezionato il reato.

La Questione delle Attenuanti Generiche

Lo stesso ricorrente lamentava inoltre un’errata dosimetria della pena e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La motivazione del giudice di secondo grado, a suo dire, era insoddisfacente e troppo rigida, basata unicamente sulla recidiva dell’imputato.

L’Eccezione di Incompatibilità del Giudice

L’altro imputato sollevava invece una questione di natura procedurale. Sosteneva che il giudice di primo grado fosse divenuto incompatibile a celebrare il giudizio con rito abbreviato, poiché aveva già svolto parte dell’attività istruttoria (l’assunzione di testimonianze) prima che le parti optassero per il rito alternativo. Questo, secondo la difesa, avrebbe viziato il provvedimento e comportato la sua nullità.

L’Analisi della Corte sul furto con strappo

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, fornendo motivazioni precise e aderenti al proprio consolidato orientamento giurisprudenziale.

In primo luogo, i giudici hanno ribadito il principio secondo cui il furto con strappo si considera consumato quando l’agente si impossessa della cosa e acquisisce su di essa una disponibilità autonoma, sottraendola alla sfera di vigilanza del possessore. È irrilevante che tale disponibilità duri per un tempo brevissimo. Nel caso di specie, il fatto che gli imputati si fossero dati alla fuga con la borsa e che la polizia avesse recuperato il maltolto solo al termine di un inseguimento, dimostrava inequivocabilmente l’avvenuto spossessamento e, quindi, la consumazione del reato.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, ha ricordato che il giudice di merito gode di ampia discrezionalità e può negare il beneficio anche sulla base di un solo elemento, come la gravità della condotta o i precedenti penali dell’imputato, ritenendolo prevalente. La decisione della Corte d’Appello, che aveva tenuto conto di questi aspetti, è stata quindi giudicata immune da vizi.

Sulla questione procedurale, la Cassazione ha chiarito che l’eventuale incompatibilità del giudice, prevista dall’art. 34 del codice di procedura penale, non determina la nullità del provvedimento. Essa costituisce, semmai, un motivo di astensione o ricusazione che deve essere fatto valere tempestivamente con le apposite procedure. Inoltre, nel caso specifico, il giudice di primo grado si era accorto dell’errore e aveva correttamente rimesso le parti in termini per chiedere il rito abbreviato, senza arrecare alcun pregiudizio alla difesa.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio fondamentale: nel furto con strappo, il discrimine tra tentativo e consumazione risiede nel conseguimento, da parte del reo, di una signoria autonoma sulla res furtiva. La fuga, anche se breve e interrotta dall’intervento delle forze dell’ordine, è l’elemento che sancisce il passaggio dalla sfera di controllo della vittima a quella dell’autore del reato. Questa pronuncia offre quindi un criterio chiaro per la qualificazione giuridica di tali fatti, confermando che l’immediato recupero della refurtiva dopo un inseguimento non è sufficiente a declassare il reato a mero tentativo.

Quando si considera consumato un furto con strappo e non solo tentato?
Il furto con strappo si considera consumato quando l’autore del reato si impossessa della cosa e riesce a sottrarla alla sfera di controllo della vittima, acquisendone una disponibilità autonoma, anche se per un tempo molto breve. La successiva fuga con la refurtiva è un elemento che dimostra la consumazione del reato, anche se il bene viene recuperato poco dopo a seguito di un inseguimento.

Il diniego delle attenuanti generiche può basarsi solo sui precedenti penali?
Sì. Secondo la Corte, il giudice può decidere di non concedere le attenuanti generiche basandosi anche su un solo elemento tra quelli previsti dall’art. 133 del codice penale, come la gravità del reato, le modalità di esecuzione o la personalità del colpevole, che può essere desunta anche dai precedenti penali. Non è richiesta una valutazione di tutti gli elementi.

Se un giudice compie un errore procedurale, come l’aver ascoltato un testimone prima di un rito abbreviato, il processo è nullo?
No. Secondo la sentenza, l’esistenza di una causa di incompatibilità del giudice non determina la nullità del provvedimento. Essa costituisce esclusivamente un motivo per cui il giudice dovrebbe astenersi o per cui le parti possono chiederne la ricusazione, secondo le procedure e i termini previsti dal codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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