Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2985 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2985 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato il 08/02/1995 NOME nato il 06/12/1992
avverso la sentenza del 19/05/2021 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e 4 /ricorsi udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte con le quali il Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi proposti.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19 maggio 2021 la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Alessandria in data 12 gennaio 2021 con la quale NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati condannati in relazione ai reati loro ascritti (624 bis co. 2, 625 nn. 2 e 4 e 61 n. 5 cod. pen.).
1.1 Gli imputati erano stati tratti in arresto nella flagranza del furto con strappo ai danni di NOME COGNOME e in seguito alla convalida dell’arresto NOME COGNOME accettava la contestazione suppletiva relativa al furto con strappo ai danni anche di NOME COGNOME al quale cinque giorni prima era stato sottratto l’orologio che indossava, con modalità analoghe a quelle poste in essere per impossessarsi dell’orologio che COGNOME portava al polso.
1.2 In esito al giudizio abbreviato gli imputati venivano condannati e l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado, fondato essenzialmente sulla sussistenza del delitto di furto con strappo, veniva rigettato dalla Corte territoriale sul presupposto che la condotta furtiva, con le modalità emerse, fosse dimostrata non solo dalle dichiarazioni della persona COGNOME che affermava di avere percepito “un pizzicore” al momento in cui la donna si era avvicinata e solo successivamente, di essersi avveduto del furto dell’orologio ma anche dal fatto che entrambi gli orologi sottratti alle due persone offese avvicinate con pretesti diversi, fossero stati rinvenuti con i cinturini “recisi”.
Avverso la sentenza con unico atto sono stati proposti ricorsi nell’interesse dei due imputati deducendo violazione di legge ai sensi dell’art. 606 co. 1 lett. e)c 44 i (14 · in relazione alle risultanze di cui a pag. 3 della sentenza da riga 19 a 25 nonché l’omessa pronuncia in ordine ai motivi di appello relativi alla sussistenza del reato di cui all’art. 624 bis cod. pen. come pure dell’eccessività della pena e della erroneità del giudizio di cui all’art. 69 cod. pen.
Avrebbe omesso la Corte territoriale di valutare la dedotta insussistenza della condotta materiale violenta che solo con riferimento alla persona offesa Solio è supportata dal “pizzicore” del quale costui ha parlato e che non può essere assimilato ad un atto violento. Nulla è detto con riferimento alla persona offesa di cui al capo b) Tale azione, ad avviso della difesa, si ascrive nell’alveo del furto con destrezza. Contesta la difesa che la violenza sia stata dedotta dalla circostanza che gli orologi, all’atto del rinvenimento, avvenuto a distanza di alcune decine di minuti dal furto ai danni del Solio, presentassero i cinturini recisi. Tale danno può essere avvenuto, ad avviso della difesa, dopo il furto o, magari è legato al controllo della “merce” per accertare se gli orologi avessero il numero seriale impresso sulla
cassa. La rottura dei cinturini, dunque non proverebbe le modalità esecutive del furto. Rileva ancora la difesa che l’ammissione del fatto riguarda solo la contestazione sub a) non essendo stato ammesso alcunché in merito alla contestazione suppletiva.
Il RG., in persona del sostituto NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi inammissibili i ricorsi proposti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono manifestamente
E’ il caso di ricordare che allorquando il giudice di appello confermi la sentenza di primo grado, le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, purché la sentenza di appello si richiami alla sentenza di primo grado e adotti gli stessi criteri d valutazione della prova (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019 E. Rv. 277218).
Si è poi affermato, con riferimento alla natura del ricorso in cassazione che il contenuto dell’atto deve confrontarsi in maniera puntuale con le argomentazioni del provvedimento contestato e devono essere specificamente indicate le ragioni di diritto e degli elementi di fatto su cui è fondato il dissenso (in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Leonardo e altri Rv. 254584).
Rimangono estranei al sindacato di legittimità l’apprezzamento e la valutazione del significato degli elementi probatori che afferiscono al merito, se non nei limiti in cui il percorso logico giuridico circa la loro capacità dimostrativ risulti viziato, rimanendo precluse a questa Corte la rilettura degli elementi di fatto oggetto della decisione impugnata nonché l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601;cfr. sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 2654821)
Questa Corte di legittimità ha avuto modo di affermare che “in tema di furto, l’aggravante della destrezza si caratterizza per la spiccata rapidità di azione nell’impossessamento della cosa mobile altrui mentre “lo strappo” di cui all’art. 624 cod. pen. connotato da un qualche grado di violenza, seppure esercitata sulla cosa e non sulla persona, direttamente finalizzata allo spossessamento del bene (Sez. 5 n. 44976 del 9.6.2016 Rv. 268148 -01). Quanto detto rende privo di pregio l’argomento secondo cui la “violenza” posta in essere per asportare l’orologio
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sarebbe consistita in un “pizzicore” quanto al fatto commesso ai danni di NOME COGNOME mentre nulla risulterebbe con riferimento al furto commesso ai danni di NOME COGNOME persona offesa del reato contestato al capo B) della rubrica.
Contrariamente a quanto assume la difesa, la sentenza della Corte territoriale, conforme a quella pronunciata dal Tribunale, con motivazione logica e coerente con le risultanze acquisite per effetto della scelta del giudizio abbreviato, ha ricostruito analiticamente i due episodi delittuosi contestati (il secondo ascritto solo ad NOME Stan). I giudici di merito hann.o posto l’accento sulla circostanza che entrambi i cinturini degli orologi di valore sottratti alle due anziane persone offese, avvicinate con l’offerta di prestazioni sessuali o di servizi da badante, presentavano i cinturini “recisi”.
L’argomento speso dalla difesa secondo cui i due orologi sarebbero stati avvolti in un panno e i cinturini potrebbero essere stati per ciò stesso “danneggiati” o, in alternativa che gli stessi siano stati rotti dai prevenuti solo per controllare s fossero muniti di numero seriale si pone in termini di ricostruzione alternativa del tutto inammissibile in questa sede in quanto priva di qualsivoglia di elemento a supporto di ordine logico prima ancora che fattuale, non essendovi ragione alcuna per rompere i cinturini al fine di verificare l’esistenza di un numero sulla cassa dell’orologio.
3. La difesa assume, ancora, che la condotta posta in essere sarebbe al più inquadrabile nella circostanza aggravante dell’avere agito con destrezza piuttosto che con violenza, dimenticando che le circostanze aggravanti sono state entrambe correttamente contestate e, condivisibilmente, ritenute. Il furto, commesso con “lo strappo” di cui si è detto, è correttamente aggravato anche dall’avere agito, chi ha sottratto materialmente il bene (ed i complici avvalendosi di tale modalità di condotta), con la destrezza, consistita nel movimento repentino che ne ha caratterizzato e consentito la condotta posta comunque in essere strappandola “di dosso alla persona”.
Invero, lo “strappo”, indicato dalla norma come modalità attraverso la quale si spossessa la vittima, è una condotta connotata da un qualche grado di violenza, seppur esercitato sulla cosa e non sulla persona (visto che, altrimenti, concreterebbe il più grave delitto di rapina: fra le tante, Sez. 2, n. 2553 del 19/12/2014, Bocchetti Rv. 262281), ed è proprio l’esercizio di tale violenza, come diretto strumento dello spossessamento del bene, che distingue il furto con strappo previsto dall’art. 624 bis cod. pen. dal furto disciplinato dall’art. 624 cod. pen., laddove la destrezza ha caratterizzato la spiccata rapidità di azione nell’impossessamento della cosa mobile altrui.
Si lamenta, ancora, nel corpo del ricorso, in maniera del tutto generica e aspecifica, che la sentenza emessa dalla Corte territoriale avrebbe risposto oltre che al motivo sub 1) relativo alla insussistenza del reato di cui all’art. 624 bis cod. pen.) anche a quelli sub 2) avente ad oggetto l’eccessività della pena, sub 3) relativo alla erroneità del giudizio ex art. 69 cod. pen. e sub 4) circa “l’ininfluenz della recidiva” e si chiede, infine che vengano “ricalcolati gli aumenti ex art. 81 c.p.
Appare di tutta evidenza il difetto di specificità dei motivi e, dunque, la manifesta infondatezza.
La Corte territoriale a pag. 4 della motivazione ha congruamente argomentato, e in maniera affatto illogica, tanto in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche quanto di mancata esclusione della recidiva contestata; con specifico riferimento, poi, al trattamento sanzionatorio ha affermato che la pena, lungi dall’essere eccessiva, era stata determinata dal Tribunale “partendo dal minimo edittale per il delitto di cui all’art. 624 bis cod. pen. e operando un minimo aumento per la continuazione con il capo b)” contestato solo a NOME. Con la motivazione posta a fondamento della reiezione delle censure mosse con l’atto di gravame, tuttavia, il ricorso non si confronta in alcun modo ma si limita a contestare in maniera meramente avversativa detto giudizio senza contrapporre all’iter argomentativo, alcuna valida ragione.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché della somma di euro tremila per ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 7 novembre 2024
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