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Furto con mezzo fraudolento: l’abuso di fiducia basta?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33993/2024, ha confermato la condanna per furto aggravato a carico di una collaboratrice domestica. La Corte ha chiarito che l’abuso del rapporto di fiducia, unito a stratagemmi per eludere la sorveglianza (come l’uso di una chiave nascosta e la sottrazione parziale del denaro per dissimulare il reato), configura pienamente l’aggravante del furto con mezzo fraudolento, escludendo l’applicazione della particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto con Mezzo Fraudolento: L’Abuso di Fiducia Domestica Rientra nell’Aggravante

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 33993/2024) offre un’importante analisi sulla configurabilità del furto con mezzo fraudolento nel contesto dei rapporti di lavoro domestico. Il caso riguarda una collaboratrice che, approfittando della fiducia dei suoi datori di lavoro, ha sottratto denaro e beni. La Corte ha stabilito che l’abuso di tale fiducia, unito a condotte astute, integra pienamente la circostanza aggravante, rendendo la condotta più grave di un semplice furto.

I Fatti di Causa

L’imputata, assunta come collaboratrice domestica presso una coppia di anziani, si è resa responsabile di diversi furti. In un primo momento, ha sottratto una cospicua somma di denaro da un cassetto chiuso a chiave, utilizzando una chiave che i proprietari tenevano nascosta nello stesso armadio. Per non destare sospetti, ha prelevato solo una parte del contante.

Una volta scoperta e dopo aver promesso la restituzione del maltolto, è stata riassunta. Tuttavia, ha nuovamente tradito la fiducia accordatale, rubando numerosi oggetti in argento per poi fuggire e rendersi irreperibile. Condannata in primo e secondo grado, l’imputata ha proposto ricorso in Cassazione, contestando la sussistenza dell’aggravante e richiedendo l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Analisi del Furto con Mezzo Fraudolento

Il cuore della questione giuridica risiede nella definizione di “mezzo fraudolento” ai sensi dell’art. 625, n. 2 del codice penale. L’imputata sosteneva di essersi limitata a prelevare i beni senza porre in essere alcun inganno. La Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi, aderendo a un’interpretazione consolidata.

Il “mezzo fraudolento” non è un semplice furto commesso con destrezza, ma richiede un quid pluris: un’attività preparatoria caratterizzata da astuzia, scaltrezza e insidiosità, idonea a sorprendere la volontà del detentore e a vanificare le sue difese. Nel caso specifico, la Corte ha individuato diversi elementi che qualificano la condotta come fraudolenta:

* Abuso strumentale del rapporto di lavoro: L’imputata ha sfruttato la sua posizione e la fiducia in lei riposta.
* Uso di una chiave nascosta: Ha utilizzato uno strumento (la chiave) per superare le difese predisposte dalla vittima (il cassetto chiuso).
* Dissimulazione del furto: Prelevare solo una parte del denaro è stato ritenuto uno stratagemma per ritardare la scoperta del reato.
* Reiterazione della condotta: Dopo aver carpito nuovamente la fiducia, ha commesso un secondo furto, dimostrando una maggiore intensità del dolo.

Questi comportamenti, nel loro complesso, delineano un’azione pianificata e astuta, che va ben oltre la semplice sottrazione di un bene.

Il Diniego della Particolare Tenuità del Fatto

Un altro punto cruciale del ricorso era la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p., che esclude la punibilità per fatti di particolare tenuità. Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto alla ricorrente.

La valutazione sulla tenuità del fatto non si basa solo sul valore economico del danno, ma considera l’offesa complessiva. I giudici hanno ritenuto che la condotta non potesse essere considerata di minima offensività a causa di:

1. Modalità della condotta: Caratterizzata da particolare offensività e abuso di fiducia.
2. Intensità del dolo: Evidenziata dalla pianificazione e dalla reiterazione dei furti.
3. Rilevante entità della refurtiva: La somma di denaro e gli oggetti in argento non erano di valore irrisorio.
4. Comportamento successivo: La fuga e l’irreperibilità hanno pesato negativamente sulla valutazione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha sottolineato come il proprio ruolo non sia quello di riesaminare il merito delle prove, ma di verificare la logicità e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, i giudici di merito avevano correttamente valutato l’insieme degli elementi probatori: le dichiarazioni delle vittime, i messaggi confessori dell’imputata e la sua condotta complessiva.

La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta precisa, puntuale e immune da vizi logico-giuridici. La decisione di qualificare il fatto come furto con mezzo fraudolento si basa sulla giurisprudenza consolidata, anche delle Sezioni Unite, che definisce tale aggravante come una condotta dotata di “marcata efficienza offensiva” e caratterizzata da “insidiosità, astuzia, scaltrezza”. L’approfittamento del rapporto di collaborazione domestica e le strategie utilizzate per eludere le difese delle vittime rientrano pienamente in questa definizione.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale: nel reato di furto, l’aggravante del mezzo fraudolento scatta quando l’agente non si limita a sottrarre, ma agisce con un’astuzia particolare che sorprende la vittima e ne neutralizza le cautele. L’abuso di un rapporto di fiducia, come quello domestico, è un elemento centrale in questa valutazione. La decisione conferma inoltre che, per l’applicazione della non punibilità per tenuità del fatto, è necessario un giudizio complessivo che tenga conto non solo del danno patrimoniale, ma anche della gravità delle modalità della condotta e dell’intensità dell’intento criminale.

Cosa si intende per ‘furto con mezzo fraudolento’?
Si intende un furto commesso non con la semplice violenza o destrezza, ma attraverso uno stratagemma astuto e insidioso, finalizzato a sorprendere la vittima e ad aggirare o vanificare le misure di protezione dei suoi beni. L’azione deve avere una ‘marcata efficienza offensiva’ che va oltre la semplice sottrazione.

L’abuso di fiducia di una colf può configurare un mezzo fraudolento?
Sì. Secondo la sentenza, l’abuso strumentale del rapporto di lavoro domestico, unito ad altre azioni astute (come usare una chiave nascosta, approfittare dell’assenza dei proprietari e dissimulare il furto), integra pienamente la circostanza aggravante del mezzo fraudolento perché si carpisce la fiducia per superare le difese della vittima.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’?
La particolare tenuità del fatto è stata esclusa perché la valutazione non si limita al solo danno economico. La Corte ha considerato la gravità intrinseca del reato, la reiterazione delle condotte, l’intensità del dolo, l’abuso della fiducia e il comportamento successivo dell’imputata (la fuga), elementi che nel loro complesso precludono un giudizio di minima offensività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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