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Furto con mezzo fraudolento: la chiave duplicata

Un uomo viene condannato per furto in abitazione ai danni di un parente, commesso utilizzando una chiave duplicata a insaputa della vittima. La Corte di Cassazione conferma la condanna, specificando che l’uso di una chiave copiata di nascosto integra l’aggravante del furto con mezzo fraudolento. Inoltre, chiarisce che l’attenuante del danno di lieve entità non si applica, poiché la violazione del domicilio comporta un significativo danno morale che va oltre il valore economico della refurtiva.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto con mezzo fraudolento: quando la chiave duplicata aggrava il reato

L’utilizzo di una chiave duplicata all’insaputa del proprietario per introdursi in un’abitazione e commettere un furto non è un semplice furto, ma un furto con mezzo fraudolento. Questa è la chiara posizione espressa dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza, che ha confermato la condanna di un uomo accusato di essersi impossessato di denaro dall’appartamento di un familiare. La decisione offre importanti spunti di riflessione sulla definizione di “mezzo fraudolento” e sulla valutazione del danno nei reati contro il patrimonio che ledono anche la sfera privata della vittima.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per furto in abitazione. L’imputato si era introdotto nell’appartamento di una parente utilizzando una copia delle chiavi che aveva realizzato di nascosto, approfittando di un rapporto di fiducia. Una volta dentro, aveva sottratto una somma di denaro. A incastrarlo sono state le immagini di una webcam installata dalle stesse vittime, insospettite da precedenti ammanchi, che lo avevano ripreso all’interno dell’appartamento. A questo si aggiungeva la testimonianza di un condomino che lo aveva visto allontanarsi dallo stabile.

L’analisi dei motivi di ricorso

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Contraddittorietà della motivazione: La difesa sosteneva che i giudici avessero valutato in modo contraddittorio le testimonianze delle vittime, ritenendole attendibili per questo specifico episodio ma non per altri furti analoghi per i quali era stato assolto.
2. Travisamento della prova: Si contestava la valutazione delle prove, in particolare delle immagini della webcam, sostenendo che fossero state estratte autonomamente dalle vittime e non dalla polizia giudiziaria.
3. Errata applicazione dell’aggravante del mezzo fraudolento: Secondo il ricorrente, non avrebbe posto in essere particolari stratagemmi per entrare in possesso delle chiavi, escludendo così la configurabilità dell’aggravante.
4. Mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità: Nonostante il modesto valore della refurtiva (100 euro), i giudici avevano negato l’attenuante, motivando con il danno complessivo derivante dall’intrusione illecita.

Le Motivazioni della Corte e la qualificazione del furto con mezzo fraudolento

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, fornendo una motivazione chiara e lineare. In primo luogo, ha sottolineato che non vi era alcuna contraddizione nella valutazione delle prove. L’attendibilità delle dichiarazioni delle vittime per il furto del 26 maggio 2015 era stata confermata da solidi riscontri esterni (il video della webcam e la testimonianza del vicino), a differenza degli altri episodi. L’assoluzione per gli altri capi d’accusa non derivava da un giudizio di inattendibilità delle vittime, ma dalla semplice insufficienza di prove a supporto.

Il punto centrale della sentenza riguarda la qualificazione del furto con mezzo fraudolento. La Corte ha ribadito che tale aggravante si configura con “qualunque azione insidiosa, improntata ad astuzia o scaltrezza, atta a soverchiare o sorprendere la contraria volontà del detentore della cosa”. Nel caso specifico, l’imputato, approfittando del rapporto di parentela e confidenza, aveva realizzato una copia delle chiavi senza autorizzazione. Questo comportamento, volto a eludere la vigilanza del proprietario, integra pienamente la nozione di mezzo fraudolento.

L’impatto del danno morale sulla valutazione della pena

Infine, la Corte ha confermato la decisione di non applicare l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62, n. 4, c.p.). I giudici hanno spiegato che, nel reato di furto in abitazione, il pregiudizio non si limita al valore economico della cosa sottratta. Bisogna considerare il “complessivo pregiudizio arrecato con l’azione criminosa”, che include i danni ulteriori e il patimento morale subito dalle vittime a causa della violazione del proprio domicilio. La violazione della privacy e della sicurezza della propria casa rappresenta un danno grave, che giustifica una risposta sanzionatoria più severa, anche a fronte di un bottino esiguo.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma due principi fondamentali. Primo, l’abuso di un rapporto di fiducia per ottenere e duplicare le chiavi di un’abitazione costituisce un’azione astuta e insidiosa che qualifica il reato come furto aggravato da mezzo fraudolento. Secondo, il furto in abitazione è un reato plurioffensivo che lede non solo il patrimonio ma anche l’inviolabilità del domicilio. Di conseguenza, nella valutazione della gravità del fatto, il giudice deve tenere conto anche del danno morale subito dalla vittima, il che può legittimamente portare a escludere l’applicazione di attenuanti legate al solo valore economico del bene sottratto.

Utilizzare una chiave duplicata di nascosto per entrare in casa altrui è considerato furto con mezzo fraudolento?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che approfittare di un rapporto di fiducia per duplicare di nascosto una chiave e usarla per commettere un furto integra l’aggravante del mezzo fraudolento, poiché si tratta di un’azione basata su astuzia e scaltrezza volta a eludere le difese della vittima.

Se il valore della refurtiva è molto basso, si può ottenere l’attenuante del danno di speciale tenuità in un furto in abitazione?
No. La Corte ha stabilito che nel furto in abitazione il danno non è solo patrimoniale ma anche morale, legato alla violazione del domicilio. Questo pregiudizio complessivo, che include il patimento della vittima per l’intrusione subita, impedisce di riconoscere l’attenuante basandosi solo sul modesto valore del bottino.

La testimonianza della vittima può essere considerata attendibile per un episodio e non per altri nello stesso processo?
Sì, è possibile. L’attendibilità delle dichiarazioni di un testimone viene valutata caso per caso, in base agli elementi di riscontro disponibili per ciascuna accusa. Se per un reato specifico esistono prove solide che confermano la testimonianza (come un video), questa può essere ritenuta pienamente valida per fondare una condanna, anche se per altri episodi denunciati dalla stessa persona mancano prove sufficienti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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