LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Furto con destrezza: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14148/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso, confermando una condanna per furto con destrezza. Un individuo, fingendosi cliente, aveva sottratto denaro dal retrobottega di un esercizio commerciale. La Corte ha ribadito che l’aggravante della destrezza sussiste anche quando l’astuzia non è diretta sulla persona della vittima, ma sul bene da sottrarre. Inoltre, ha precisato che il reato è consumato, e non solo tentato, nel momento in cui ci si impossessa della refurtiva, anche se questa viene poi restituita dopo l’intervento delle forze dell’ordine.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto con Destrezza: Quando un’Astuzia Trasforma il Furto Semplice in Aggravato

L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre importanti chiarimenti su due aspetti cruciali del diritto penale: la definizione di furto con destrezza e la distinzione tra reato tentato e consumato. La vicenda riguarda un individuo che, con un semplice stratagemma, è riuscito a sottrarre del denaro, portando i giudici a ribadire principi giuridici consolidati ma di fondamentale importanza pratica.

I Fatti di Causa: Il Finto Cliente e il Denaro Sparito

La vicenda ha origine in un esercizio commerciale. Un uomo si presenta come un normale cliente, mostrando interesse per un trattamento estetico da regalare alla moglie. Con la scusa di dover utilizzare il bagno, ottiene il permesso di accedere alle aree private del locale. Invece di dirigersi ai servizi, si reca nel retrobottega dove, approfittando dell’assenza di sorveglianza, si impossessa di una somma di denaro. Condannato in primo grado e in appello per furto aggravato dalla destrezza, l’imputato decide di ricorrere in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e l’Analisi della Corte

Il ricorrente basava la sua difesa su due argomenti principali:
1. L’insussistenza dell’aggravante della destrezza, poiché la sua condotta non era stata particolarmente abile o astuta.
2. La qualificazione del fatto come mero tentativo, dato che la refurtiva era stata restituita dopo l’intervento delle forze dell’ordine.

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le tesi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato.

La Decisione della Corte: il concetto esteso di furto con destrezza

La Suprema Corte ha fornito una spiegazione chiara e precisa delle ragioni per cui il ricorso non poteva essere accolto, consolidando l’interpretazione giurisprudenziale sul tema del furto con destrezza.

Le Motivazioni

In primo luogo, i giudici hanno chiarito che l’aggravante della destrezza non si limita ai casi di borseggio o a condotte che investono direttamente la persona della vittima. Essa sussiste ogni qualvolta l’agente utilizzi un’abilità particolare o un’astuzia per eludere la vigilanza del proprietario sul bene, anche se questo non si trova a stretto contatto fisico con lui. Nel caso di specie, il comportamento dell’imputato – fingersi cliente per accedere a una zona riservata – è stato considerato un espediente astuto finalizzato proprio a superare le difese e la sorveglianza della persona offesa. La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza, secondo cui la condotta “destra” può riguardare direttamente il bene sottratto che si trovi alla portata e sotto l’immediata vigilanza della vittima.

In secondo luogo, riguardo alla distinzione tra tentativo e consumazione, la Corte ha affermato un principio netto: il furto si considera consumato nel momento in cui l’agente si impossessa del bene, occultandolo sulla propria persona e acquisendone così l’autonoma disponibilità. Il fatto che la refurtiva sia stata restituita successivamente, e solo a seguito dell’intervento delle forze dell’ordine, non è sufficiente a declassare il reato a semplice tentativo. L’impossessamento si era già perfezionato, concludendo l’azione criminale.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma due principi fondamentali. Primo: per l’aggravante del furto con destrezza è sufficiente una condotta astuta che sorprenda o eluda la vigilanza della vittima, anche senza abilità fisiche eccezionali. Secondo: la restituzione della refurtiva dopo essere stati scoperti non esclude la consumazione del reato, che si perfeziona con il semplice impossessamento del bene. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.

Quando si configura l’aggravante della destrezza in un furto?
L’aggravante della destrezza si configura non solo in caso di contatto fisico con la vittima (come nel borseggio), ma anche quando si utilizza un’astuzia o un’abilità per eludere la sorveglianza che la vittima esercita su un bene, anche se non lo porta addosso, purché sia nella sua immediata sfera di controllo.

Perché il furto è stato considerato consumato e non solo tentato, nonostante la restituzione del denaro?
Il furto è stato ritenuto consumato perché l’imputato si era già impossessato del denaro, occultandolo e acquisendone la piena disponibilità. La restituzione è avvenuta solo dopo l’intervento delle forze dell’ordine e, pertanto, non ha potuto escludere il perfezionamento del reato.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati