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Furto cellulare smarrito: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per furto nei confronti di un uomo che si era impossessato di un telefono cellulare smarrito. La Corte ha stabilito che, a causa della presenza del codice IMEI che ne consente sempre l’identificazione del proprietario, l’impossessamento di un telefono altrui integra il reato di furto cellulare smarrito e non la meno grave (e oggi depenalizzata) appropriazione di cosa smarrita. La decisione ribadisce un orientamento consolidato, sottolineando l’irrilevanza delle modalità del ritrovamento o della conoscenza tecnologica dell’imputato.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto cellulare smarrito: perché tenerlo è sempre reato?

Trovare un telefono cellulare per strada è un’esperienza comune, che solleva subito un interrogativo: cosa fare? La tentazione di tenerlo può essere forte, ma la legge parla chiaro. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 15903/2025) ribadisce un principio fondamentale: impossessarsi di uno smartphone altrui non è una semplice appropriazione di un oggetto smarrito, bensì un vero e proprio furto cellulare smarrito. Questo articolo analizza la decisione e spiega le ragioni giuridiche che trasformano un ritrovamento in un reato.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero veniva condannato in primo e secondo grado per il furto di un telefono cellulare. L’imputato si era difeso sostenendo di aver trovato il dispositivo all’interno di un cassonetto dell’immondizia e di non essere a conoscenza del fatto che potesse essere rintracciato. A suo dire, si sarebbe trattato al massimo di appropriazione di cosa smarrita, un illecito oggi depenalizzato, e non di furto.

La persona offesa, d’altra parte, aveva denunciato lo smarrimento del telefono solo dopo essere stata contattata dai Carabinieri, che avevano recuperato il dispositivo. Questo elemento, secondo la difesa, dimostrava la mancanza di intenzione del proprietario di recuperare un bene di modesto valore.

L’inquadramento giuridico: la differenza tra furto e cosa smarrita

Il cuore della questione legale risiede nella distinzione tra la cosa “smarrita” e la cosa “sottratta”. Un oggetto è considerato smarrito quando il proprietario ha perso il controllo su di esso e non è in grado di ripristinarlo. In questo caso, chi se ne appropria commetteva il reato di cui all’art. 647 c.p., oggi abrogato e trasformato in un illecito civile.

Il furto, invece, previsto dall’art. 624 c.p., presuppone la “sottrazione” della cosa a chi la detiene. La giurisprudenza maggioritaria ritiene che un telefono cellulare, per sua natura, non possa mai essere considerato una semplice “cosa smarrita”.

La Decisione della Cassazione sul furto cellulare smarrito

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’imputato, confermando la condanna per furto. La decisione si fonda su un principio ormai consolidato: un telefono cellulare conserva sempre chiari segni del suo legittimo proprietario, rendendolo facilmente rintracciabile.

Le Motivazioni

La motivazione principale della Corte si concentra sul ruolo decisivo del codice IMEI (International Mobile Equipment Identity). Questo codice univoco, stampato sull’apparecchio e memorizzato al suo interno, permette di identificare il dispositivo e, di conseguenza, risalire al suo proprietario. Secondo i giudici, la presenza dell’IMEI fa sì che il telefono non perda mai il legame con il suo titolare.

Di conseguenza, chi trova un cellulare e se ne impossessa non sta semplicemente raccogliendo un oggetto abbandonato, ma sta attivamente sottraendo un bene al suo legittimo proprietario, che ha sempre la possibilità, almeno in astratto, di recuperarlo proprio grazie alla tecnologia. La Corte ha specificato che questa qualificazione giuridica vale indipendentemente dalle conoscenze tecniche di chi trova il telefono o dal fatto che provenga da un altro paese e non parli la lingua.

Inoltre, la Corte ha respinto anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. I giudici hanno ritenuto che la valutazione della Corte d’Appello fosse logica e ben motivata, sottolineando che, per legge, la sola incensuratezza non è più un elemento sufficiente per ottenere una riduzione della pena.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un messaggio chiaro e inequivocabile: nell’era digitale, oggetti come gli smartphone sono considerati beni sempre riconducibili al loro proprietario. Tenere per sé un cellulare trovato equivale a commettere un furto. La legge non ammette ignoranza: l’unica condotta lecita è quella di consegnare il dispositivo alle forze dell’ordine o all’ufficio oggetti smarriti del Comune. Questa decisione serve da monito, evidenziando come la tecnologia stessa abbia modificato la qualificazione giuridica di condotte che un tempo potevano apparire meno gravi.

Trovare un cellulare per terra e tenerlo è reato di furto?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, impossessarsi di un telefono cellulare trovato integra sempre il reato di furto, perché il dispositivo, grazie al codice IMEI, conserva sempre chiari segni del suo legittimo proprietario e non può essere considerato una cosa smarrita.

Perché non si tratta di appropriazione di cosa smarrita?
Non si configura come appropriazione di cosa smarrita perché tale illecito si applica solo a beni che hanno perso ogni legame con il proprietario. Un telefono cellulare, essendo sempre rintracciabile tramite il suo codice IMEI, non recide mai questo legame, rendendo il suo proprietario identificabile.

La scarsa conoscenza della tecnologia o della lingua italiana può essere una scusante?
No. La Corte ha stabilito che la qualificazione del fatto come furto è oggettiva e si basa sulla rintracciabilità del bene. Le condizioni personali di chi trova il telefono, come l’ignoranza della funzione del codice IMEI o la provenienza da un altro paese, sono irrilevanti per definire il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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