Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11902 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11902 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LUCCA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/05/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Pistoia del 18 febbraio 2020, emessa a seguito di giudizio abbreviato, con cui NOME NOME era stato condannato alla pena complessiva di anni due di reclusione ed euro ottocento di multa in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 624 bis, commi primo e quarto, e 625, comma primo, n. 2, cod. pen..
Il NOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 2, cod. pen..
3. Il ricorso è inammissibile.
In ordine all’unico motivo di ricorso, va premesso che, in tema di furto, la circostanza aggravante della violenza sulle cose si realizza tutte le volte in cui il soggetto faccia uso di energia fisica provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione, il mutamento di destinazione della cosa altrui o il distacco di una componente essenziale ai fini della funzionalità,, tali da rendere necessaria un’attività di ripristino per restituire alla res la propria funzionalità (Sez. 5, n. 13431 d 25/02/2022, COGNOME, Rv. 282974). E’ confiqurabile, pertanto, tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, manomette l’opera dell’uomo posta a difesa o a tutela del suo patrimonio in modo che per riportarla ad assolvere la sua originaria funzione sia necessaria un’attività di ripristino (Sez. 5, n. 7267 del 08/10/2014, dep. 2015, Gravina, Rv. 262547).
La Corte territoriale si è allineata a tali principi giurisprudenziali, sottolineand che la teste COGNOME NOME, le cui dichiarazioni erano state ritenute pienamente attendibili, in quanto confermate da molteplici ammissioni del NOME (suo ex coniuge), aveva riferito che questi era passato dal lucernario dopo averlo smurato o comunque forzato. Peraltro, le immagini della videosorveglianza fornivano un riscontro alle affermazioni della teste, in quanto si poteva notare che il NOME che scendeva le scale che scendevano dalla mansarda, per cui doveva aver necessariamente forzato il lucernario, dove si poteva salire agevolmente e si potevano portare piccoli attrezzi necessari ad aprirlo e a sollevarlo.
Si tratta di un logico apparato argomentativo non adeguatamente confutato dalla difesa dell’imputato, che non prospetta neanche una ricostruzione alternativa dei fatti.
La Corte distrettuale, peraltro, in via subordinata, ha evidenziato che, qualora il lucernario fosse stato trovato aperto o rotto, comunque si sarebbero realizzati gli
estremi della circostanza aggravante del mezzo fraudolento – da ritenersi contestata in fatto – risultando la penetrazione all’interno dell’abitazione attraverso una via di accesso non ordinaria.
In tema di furto aggravato, d’altronde, questa Corte ha affermato che, nel caso in cui, contestata l’aggravante della violenza sulle cose – risultata poi inesistente – sia stata ritenuta in sentenza l’aggravante dell’uso di mezzo fraudolento, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza quando gli elementi di fatto dell’aggravante diversamente configurata siano stati ritualmente contestati, così da consentire all’imputato di difendersi sull’oggetto dell’addebito (Sez. 5, n. 37434 del 19/05/2023, Durollari, Rv. 285336, relativa a fattispecie in tema di furto di gettoni in cui, a fronte della contestazione della forzatura di una macchina cambia-soldi mediante l’impiego di un’apparecchiatura elettrica utile per ottenere l’erogazione dei gettoni senza introdurre il denaro necessario per il cambio, è stata riconosciuta la diversa aggravante dell’uso di mezzo fraudolento).
E non v’è dubbio che, nel capo di imputazione, la zona di accesso all’interno dell’appartamento era stata specificata in dettaglio, per cui la possibilità per l’imputato di difendersi doveva ritenersi ampiamente garantita. La Corte di merito, peraltro, ha correttamente precisato che il NOME non aveva fornito una spiegazione alternativa quanto al metodo impiegato per accedere all’interno.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. peri..
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2024.