Furto Aggravato: La Videosorveglianza non Basta per Sconti di Pena
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di furto aggravato: la semplice presenza di telecamere in un esercizio commerciale non è sufficiente a escludere l’aggravante dell’esposizione della merce alla pubblica fede. Questa decisione offre spunti importanti sia per gli operatori del diritto sia per i commercianti, chiarendo i limiti dell’efficacia dei sistemi di sorveglianza passiva.
Il Caso: Un Ricorso contro la Condanna per Furto Aggravato
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una persona condannata in appello per furto pluriaggravato commesso all’interno di un supermercato. L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due aspetti principali. In primo luogo, la mancata applicazione dell’istituto della ‘particolare tenuità del fatto’ (art. 131-bis c.p.), che avrebbe potuto portare alla non punibilità. In secondo luogo, contestava la sussistenza dell’aggravante legata all’esposizione della merce alla pubblica fede, sostenendo che la presenza di un sistema di videosorveglianza annullasse di fatto tale condizione. Infine, riteneva la pena eccessiva.
La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno ritenuto che i motivi del ricorso fossero una mera riproposizione di censure già esaminate e correttamente respinte nei gradi di merito. La decisione si fonda su argomentazioni giuridiche solide e su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.
Le Motivazioni: Analisi del Furto Aggravato e Videosorveglianza
Le motivazioni della Corte sono cruciali per comprendere la portata della decisione.
Innanzitutto, è stata esclusa l’applicabilità dell’articolo 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto). La Corte ha evidenziato che il furto aggravato è punito con una pena detentiva (da tre a dieci anni) che supera i limiti massimi previsti dalla legge per poter beneficiare di tale istituto. Inoltre, i precedenti penali della ricorrente per reati contro il patrimonio costituivano un ulteriore ostacolo insormontabile, indicando un comportamento non occasionale.
Il punto centrale della pronuncia, tuttavia, riguarda l’aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede (art. 625, n. 7, c.p.). La difesa sosteneva che la videosorveglianza eliminasse questa condizione. La Cassazione ha respinto categoricamente tale tesi, chiarendo una distinzione fondamentale: un sistema di sorveglianza è un mero ausilio per l’identificazione a posteriori dei colpevoli, ma non è di per sé idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa. Nel caso di specie, le immagini erano state visionate solo dopo la consumazione del furto.
Secondo la Corte, solo una sorveglianza ‘specificamente efficace’, ovvero un controllo costante e in tempo reale in grado di impedire la sottrazione del bene, può far venir meno l’aggravante. Un sistema passivo, che non previene il delitto mentre si compie, non offre quella protezione continua che farebbe cessare l’affidamento della merce alla ‘fiducia pubblica’.
Infine, anche la doglianza sulla presunta eccessività della pena è stata respinta, poiché la sentenza impugnata aveva già applicato la pena nel minimo edittale, rendendo l’argomento infondato.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza riafferma un principio di diritto di grande rilevanza pratica. Per i commercianti, significa che l’installazione di telecamere, pur essendo un deterrente e un utile strumento investigativo, non modifica la qualificazione giuridica del furto in caso di sottrazione di merce esposta. Per escludere l’aggravante, sarebbe necessario un sistema di vigilanza attiva e continua. Per gli operatori legali, la decisione consolida l’interpretazione restrittiva della giurisprudenza in materia, sottolineando che l’efficacia del sistema di sorveglianza deve essere valutata in concreto sulla sua capacità di prevenire, e non solo di documentare, il reato di furto aggravato.
La presenza di telecamere di videosorveglianza in un negozio esclude sempre l’aggravante del furto?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede è esclusa solo se il sistema di sorveglianza è così efficace da permettere un intervento immediato per interrompere l’azione criminosa. Un sistema che consente solo di visionare le immagini a posteriori per identificare il colpevole non è sufficiente.
Perché l’istituto della ‘particolare tenuità del fatto’ non è stato applicato in questo caso di furto?
Non è stato applicato per due ragioni principali: primo, perché la pena prevista per il reato di furto pluriaggravato (reclusione da tre a dieci anni) è superiore al limite massimo consentito dalla legge per questo istituto; secondo, perché i plurimi precedenti penali della ricorrente per reati contro il patrimonio sono stati considerati ostativi.
Cosa significa quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che la Corte non entra nel merito della questione perché il ricorso non possiede i requisiti richiesti dalla legge. In questo caso, i motivi sono stati considerati una semplice riproposizione di argomenti già valutati e respinti correttamente dal giudice precedente, senza sollevare nuove e valide questioni di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38380 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38380 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BOLOGNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/04/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore di fiducia, avverso la sentenza in epigrafe lamentando con un primo motivo vizio motivazionale e/o violazione di legge in punto di mancata applicazione dell’art. 131bis cod. pen. e con un secondo motivo quanto alla dosimetria della pena, chiedendo, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
2. Il ricorso è inammissibile.
Ed invero, i motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
La Corte territoriale ha evidenziato come infondata sia la richiesta di applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto, esulando il reato in contestazione da quelli per i quali è ammesso, in ragione dei limiti di pena, trattandosi di furto consumato pluriaggravato, punito (anche all’epoca del fatto) con la reclusione da tre a dieci anni. In ogni caso i plurimi precedenti per reati contro il patrimonio sarebbero ostativi all’applicazione dell’istituto.
La Corte territoriale ha ritenuto motivatamente di rigettare l’istanza di esclusione dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7) cod. pen. sul corretto rilievo che è vero che il supermercato era fornito di un sistema di videosorveglianza, ma questo non prevedeva un controllo costante e continuo della merce, tant’è che le immagini nel caso di specie furono visionate solo a posteriori, per identificare l’autrice del furto. Ciò in ossequio alla ricordata giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di furto, la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato non idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa, mentre solo una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen (ex multis Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, dep. 2021, Rv. 280157-01).
Quanto al secondo motivo, i giudici di appello hanno già motivatamente ritenuto infondata la dogli3nza inerente all’assente eccessività del trattamento sanzionatorio, sul rilievo che lo stesso è stato già quantificato in primo grado nel minimo edittale.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma derart. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 3/10/2024