Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 29403 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 29403 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME nato a NOVARA il 26/10/1993
NOME nato a GALLIATE il 23/06/1994
NOME nato il 10/04/1966
. 49.
avverso la sentenza del 06/03/2025 della RAGIONE_SOCIALE di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta d trattazione orale orale pervenuta nei termini, secondo quanto disposto dagli articoli 610 co. 5 e 611 ( co. 1 bis e ss. c.p.p.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6/3/2025 la Corte di appello di Torino ha confermato il giudizio di penale responsabilità espresso dal Tribunale di Vercelli, all’esito di giudizio abbreviato, nei confronti NOME COGNOME in ordine al delitto di furto pluriaggravato e di NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine ai delitti di riciclaggio loro rispettivamente ascritti, con le consegu condanne alle pene ritenute di giustizia ed al risarcimento dei danni in favore della costitui parte civile.
Avverso la sentenza della Corte territoriale hanno proposto ricorso per cassazione i tre imputati, con unico atto a mezzo del comune difensore, ma con deduzioni separate per ciascuno di essi.
2.1. Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a quattro motivi di impugnazione:
2.1.1. Violazione di legge, con riferimento all’art. 521 cod. proc. pen., e vizio di motivazion per essere stato riconosciuto l’impossessamento, da parte della ricorrente, di euro 1.817.275,67, somma superiore all’importo complessivo dei bonifici effettuati dai conti correnti delle societ RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sui quali la ricorrente operava, non potendosi condividere l’assunto della Corte territoriale secondo cui soltanto subordinando la richiesta di giudizio abbreviato all’espletamento di perizia contabile sarebbero stato possibile contestare le conclusioni contabili a cui era giunt la Guardia di Finanza.
2.1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata derubricazione del reato come appropriazione indebita, pur risultando evidente dalla ricostruzione dei fatti che la COGNOME aveva piena autonomina nella gestione dei predetti conti correnti, atteso che i dirigenti non davano istruzioni né controllavano il suo operato, ma erano figure totalmente assenti.
2.1.3. Vizio di motivazione in ordine alla mancata esclusione delle aggravanti contestate, difettando sia la rilevante entità del danno cagionato alle società cooperative, sia l’uso di mezz fraudolenti.
2.1.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, anche con riferimento all’aumento statuito per la continuazione.
2.2. I ricorsi proposti nell’interesse di NOME e di NOME COGNOME son sovrapponibili tra loro, per quanto quest’ultima abbia premesso di avere una vita separata e distinta da quella del figlio NOME e della nuora COGNOME A sostegno dei ricorsi dei predett sono stati articolati tre motivi di impugnazione:
2.2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenz dell’elemento oggettivo e di quello soggettivo del reato di riciclaggio, avendo lasciato intender la COGNOME al compagno di poter vivere nell’agiatezza senza problemi, sicché non era il COGNOME a gestire le proprie finanze, né aveva alcuna consapevolezza della provenienza illecita del denaro, come si assume provato da diversi elementi: era assunto nell’azienda di famiglia della COGNOME; dall’esame dei messaggi del suo smartphone non era emerso alcun cenno ai furti né all’occultamento di somme; anche la COGNOME in sede di interrogatorio aveva riferito di gestire
lei il conto del COGNOME ed alcune intercettazioni ambientali comprovano la sorpresa di quest’ultimo dinanzi agli accadimenti. Difetterebbe, pertanto, adeguata motivazione in ordine alla sussistenza di dolo anche solo eventuale.
2.2.2. Violazione di legge e vizio dì motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, anche con riferimento all’aumento di pena per la continuazione.
2.2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’applicazione della confisc dovendosi ritenere inapplicabile il principio di solidarietà nel caso di riciclagg conseguentemente, non potendosi confiscare l’intero valore della somma riciclata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il secondo motivo del ricorso proposto dalla COGNOME è infondato. Gli altri motivi proposti da tutti i ricorrenti, invece, sono inammissibili, in quanto si discostano dai parame dell’impugnazione di legittimità stabiliti dall’art. 606 cod. proc. pen. perché manifestament infondati, anche quando non attengono esclusivamente al merito della decisione impugnata.
Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse della COGNOME, in particolare, è inammissibile perché, nella sostanza, volto a censurare il merito della decisione impugnata prospettando, peraltro in termini di assoluta genericità, una “rilettura” degli elementi di f posti a fondamento della decisione che esula dai poteri della Corte di cassazione, in quanto valutazione riservata, in via esclusiva, al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazion delle risultanze processuali (Sez. Un., 30/4/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944).
Va premesso, infatti, che non è contestato che la COGNOME, impiegata amministrativa della R.O.C., RAGIONE_SOCIALE, provvedeva per conto di questa società cooperativa alla gestione ed all’incasso dei crediti dei soci verso i clienti e poi provvedeva a riaccreditar somme di spettanza ai singoli soci ed altresì che, in forza di contratto di appalto stipulato da ta società, gestiva analogo servizio di incasso anche per la D.R.O. – RAGIONE_SOCIALE, così come non è contestato che nella gestione di tali somme la COGNOME si sia appropriata di importi significativi, quantificati dai giudici di merito in complessivi euro 1.817.275,67, sulla base d movimentazioni dai conti delle predette società verso conti a lei collegati, così come riportat nello schema di cui alle pagg. 5 e 6 della sentenza del Tribunale di Vercelli, sulla base degl accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza.
La ricorrente non ha contestato di aver commesso le azioni criminose a lei ascritte, ma ha sostenuto di essersi appropriata della minor somma di euro 931.951,02, senza però offrire, nemmeno con il ricorso in appello, alcun elemento concreto a smentita delle risultanze degli accertamenti della Guardia di Finanza posti a fondamento del giudizio di responsabilità espresso nei suoi confronti, e senza nemmeno contestare specificamente alcuna delle operazioni di cui allo schema predetto (pagg. 5 e 6 sentenza di primo grado), riepilogativo delle operazioni da lei effettuate in favore di conti a lei collegati, sicché nessun vizio logico o giuridico può ravvis
nella valutazione della Corte territoriale che ha ritenuto di non discostarsi dalla ricostruzione fatti operata dal primo giudice.
3. Il secondo motivo di ricorso, con il quale la COGNOME si duole della mancata derubricazione del reato come appropriazione indebita è infondato, in quanto, secondo l’uniforme giurisprudenza di questa Corte di legittimità, risponde del reato di furto aggravato, e non di appropriazion indebita, la dipendente di una società, incaricata di provvedere ai pagamenti in nome della stessa, che si impossessi di somme dì denaro sottraendole dal conto corrente aziendale (Sez. 4, n. 8128 del 31/01/2019, COGNOME, Rv. 275215 – 01; nella fattispecie, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva escluso che l’imputata avesse la disponibilità del denaro sottratto solo perché disponeva della “password” per operare sul conto corrente della società, rilevando che la facoltà dell’imputata di effettuare pagamenti non le conferiva una signoria autonoma sui conti correnti, trattandosi di facoltà vincolata alle istruzioni e alle dire impartitele dai vertici societari, e che la provvista depositata sui conti correnti era sem rimasta nella piena disponibilità dell’ente titolare; cfr. anche Sez. 2, n. 2098 del 03/11/202 dep. 2023, COGNOME, Rv. 283897 – 01). Risponde, invece, del reato di appropriazione indebita, e non di furto aggravato, il soggetto legittimato, in forza di procura generale o speciale, operare sul conto corrente altrui che, travalicando i limiti della procura, disponga “ultra vir delle somme depositate, ancorché non soggette a vincoli di destinazione o derivanti dall’espletamento di un mandato. (Sez. 4, n. 23129 del 12/05/2022, COGNOME Rv. 283280 – 01).
L’invocata qualificazione giuridica di appropriazione indebita, pertanto, non può giustificarsi con l’assunto della ricorrente di aver agito, nella sostanza, in piena autonomina nella gestione dei predetti conti correnti, approfittando del difetto di istruzioni e di controlli da parte dei di della società, atteso che il difetto di istruzioni e controlli, se può aver agevolato l’ind sottrazione di somme dai conti correnti, non può però in alcun modo essere equiparato ad una procura generale o speciale che, sola, avrebbe potuto conferire alla COGNOME una signoria autonoma sui conti correnti.
Sono inammissibili perché volti a censurare il merito della decisione impugnata, prospettando una diversa “lettura” degli elementi di prova posti a fondamento della decisione, anche i motivi di ricorso con i quali sia il COGNOME, compagno della COGNOME, che l’NOME COGNOME, madre del precedente, si dolgono della ritenuta responsabilità in ordine ai delitti di riciclag loro rispettivamente ascritti.
Premesso che il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità de motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile. (Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016 – dep. 07/04/2016, Genitore e altro, Rv. 26661701), deve rilevarsi che, senza incorrere in vizio logico alcuno, le sentenze di merito hanno rilevato che deposito di somme provento di furto sul conto corrente del Derder ne ostacolasse l’accertamento dell’illecita provenienza, al pari dell’intestazione all’El COGNOME di un immobile in Novara
valore di 67.999,00 euro e di un’autovettura del valore di euro 25.700,00, in entrambi i casi acquistate con denaro provento dei furti ascritti alla Caccamo.
Quanto, invece, all’elemento soggettivo dei reati, nessun vizio logico può ravvisarsi nella valutazione dei giudici di merito secondo la quale non può ritenersi credibile l’assunto difensivo secondo il quale il COGNOME non si sarebbe accorto dell’illecita provenienza delle enormi somme delle quali aveva la disponibilità la sua compagna, mera impiegata di società cooperativa, né avrebbe mai controllato il suo conto corrente, assumendo di averne affidato la gestione alla COGNOME, pur effettuando costosi acquisti anche per se medesimo, e partecipando alle trattative per l’acquisto di una tabaccheria e di numerose autovetture (a pag. 10 della sentenza di primo grado si riferisce dell’acquisto di diciassette vetture da parte del “nucleo Caccamo-Derder” dal 2017 al 2021).
Analogamente, quanto all’elemento soggettivo del reato ascritto all’El COGNOME, in primo luogo le sentenze di merito alla luce hanno evidenziato l’incompatibilità tra le dichiarazioni del predetta e quelle della COGNOME, atteso che quest’ultima ha riferito di aver regalato alla prima la casa, mentre l’El COGNOME ha riferito di aver ricevuto in regalo l’autovettura; senza incorre in vizio logico alcuno, inolktre, la Corte territoriale ha valorizzato le circostanze che l’El COGNOME non aveva bisogno di autovetture ed era, peraltro, consapevole del lavoro del figlio, mero dipendente di un’impresa idraulica, così come di quello, di impiegata, della COGNOME e, pertanto, era inevitabilmente consapevole della provenienza illecita delle rilevanti somme impiegate nelle operazioni di cui si tratta, così come è stato valorizzato il rilievo che l’intestazione delle ut dell’immobile alla COGNOME, che curava anche i rapporti con l’amministratore del condominio e con l’impresa di ristrutturazione del bene, non si concilia con l’asserita donazione del bene.
Anche il terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse della COGNOME, con il quale si censura la mancata esclusione delle aggravanti contestate, è inammissibile per la sua manifesta infondatezza, essendo sufficiente il rapporto di lavoro con la società cooperativa RAGIONE_SOCIALE, non contestato dalla ricorrente, ad integrare l’aggravante dell’abuso di prestazione d’opera, così come, in tema di furto aggravato, l’espressione “mezzo fraudolento”, di cui al n. 2 comma primo art. 625 cod. pen., comprende ogni attività fraudolenta o insidiosa, che sorprenda o soverchi la contraria volontà del detentore della cosa, sicché in esso rientra ogni operazione straordinaria improntata ad astuzia o scaltrezza, diretta ad eludere le cautele ed a rendere vani gli accorgimenti predisposti dal soggetto passivo a difesa delle proprie cose. (Sez. 2, n. 7840 del 27/09/1990, dep. 1991, COGNOME, Rv. 187873 – 01): correttamente, pertanto, si è riconosciuta tale aggravante in considerazione dell’uso della “password” – necessaria per operare sul conto corrente della società – per finalità proprie, difformi dalla volontà degli organi della soc soggetto passivo del reato; né può ravvisarsi alcuna illogicità nel riconoscimento della rilevante entità del danno cagionato alle persone offese, in considerazione della sottrazione del complessivo rilevante importo di euro 1.817.275,67.
La graduazione delle pene, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, così come all’aumento per la continuazione, rientra
nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibil la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità dell pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, 5582 del 30/09/201, COGNOME, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre. Invero una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazi alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lung superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare con dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pena congrua”, equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, COGNOME, Rv. 245596).
Nel caso di specie, la sentenza di primo grado ha ben evidenziato di aver determinato la pena base nella misura minima prevista dall’ultimo comma dell’art. art.625 cod. pen. quanto alla COGNOME, e dall’art. 648 bis cod. pen. ultimo comma quanto al COGNOME ed all’ El Abdelloui, giustificando in maniera congrua con il numero delle condotte contestate l’aumento per la continuazione di mesi nove di reclusione ed euro 200,00 di multa, quanto alla COGNOME, con “il numero dei prelievi effettuati” ed “il restante bonifico di restituzione delle somme alla COGNOME l’aumento della pena inflitta al Derder di sei mesi di reclusione ed euro 500,00 di multa per continuazione interna ed infine, quanto all’ El Abdelloui, con la “considerazione del n indifferente valore dell’autovettura a lei intestata” l’aumento per la continuazione di mesi quat di reclusione ed euro 100,00 di multa.
Sono manifestamente infondate, infine, le censure rivolte alla confisca dell’immobile e dell’autovettura intestate all’El Abdelloui ed a quella, anche per equivalente, della somma di eur 177.380,00 disposta nei confronti del Derder. .
Costituiscono, infatti, prodotto dei reati di riciclaggio, di reimpiego e di autoriciclagg solo i beni oggetto di trasformazione per effetto della condotta illecita, che, in quanto presentano caratteristiche identificative alterate, modificate o manipolate, ma anche i beni valori che, pur non avendo subito modificazioni materiali, risultano diversamente attribuiti termini di titolarità ed ai fini delle regole di circolazione, per effetto di operazioni negozi Sez. 2, n. 18184 del 28/02/2024, B., Rv. 286323 – 02,; fattispecie in cui la Corte ha riten che, ai fini della confisca ex art. 648-quater cod. pen., fossero stati correttamente intesi c prodotto delle attività di riciclaggio e di autoriciclaggio i veicoli e i beni acquistati con l di denaro di provenienza illecita).
Analogamente, in tema di confisca per equivalente, il profitto dei reati di riciclagg reimpiego di denaro è costituito dal valore delle somme oggetto delle operazioni dirette a ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, posto che, in assenza di t operazioni, esse sarebbero destinate a essere sottratte definitivamente, essendo provento del
delitto presupposto. (Sez. 2, n. 10218 del 23/01/2024, Pmt, Rv. 286131 – 01, che, in motivazione, ha precisato che il denaro, i beni o le altre utilità trasferite ovvero manipola
modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa si prestano ad essere qualificate, comunque, come prodotto del reato, rappresentando il risultato empirico dell’attivi
illecita in cui si sostanzia la fattispecie, in quanto tale assoggettabile a vincolo ex art. 648-q comma primo e secondo, cod. pen.).
7. Per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al rigetto del ricorso della COGNOME segue condanna di questa al pagamento delle spese processuali, mentre alla dichiarazione di
inammissibilità dei ricorsi di NOME COGNOME e di NOME COGNOME consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed altresì al versamento, in favore della Cassa
delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, s determina equitativamente in tremila euro.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso di COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibili i ricorsi di NOME COGNOME e di NOME COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 8 luglio 2025
Il relatore
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Il Presid nte