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Furto aggravato: telecamere non escludono l’aggravante

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per furto aggravato. La sentenza chiarisce che la presenza di telecamere in un esercizio commerciale non è sufficiente a escludere l’aggravante dell’esposizione della merce a pubblica fede, poiché tali sistemi servono a identificare i colpevoli post-fatto e non a impedire il reato.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Aggravato: La Cassazione chiarisce il ruolo delle telecamere

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema di grande attualità nel contesto del furto aggravato: la presenza di sistemi di videosorveglianza all’interno di un esercizio commerciale è sufficiente a escludere l’aggravante dell’esposizione della merce alla pubblica fede? Con la decisione in commento, i giudici di legittimità ribadiscono un principio consolidato, offrendo importanti spunti di riflessione sulla natura della sorveglianza e sulla tutela dei beni.

I Fatti del Caso

Due soggetti venivano ritenuti responsabili del reato di furto aggravato e condannati nei primi due gradi di giudizio. La difesa decideva di ricorrere in Cassazione, sollevando diverse questioni. In particolare, veniva contestata la sussistenza della circostanza aggravante prevista dall’articolo 625, n. 7, del codice penale, ovvero l’aver commesso il fatto su cose esposte per necessità o per consuetudine alla pubblica fede. Secondo i ricorrenti, la presenza di un sistema di videosorveglianza all’interno del negozio avrebbe dovuto escludere tale aggravante, poiché la merce non era priva di sorveglianza.

I Motivi del Ricorso e le Doglianze

La difesa ha articolato il ricorso su tre punti principali:

1. Errata valutazione della responsabilità: Si lamentava una violazione di legge e un’illogicità della motivazione riguardo alla prova della partecipazione di uno degli imputati al furto.
2. Sussistenza dell’aggravante: Si contestava la mancata esclusione dell’aggravante dell’esposizione a pubblica fede, proprio in virtù della presenza delle telecamere.
3. Rideterminazione della pena: Si criticava la Corte d’Appello per non aver ridotto la pena dopo aver escluso un’altra aggravante, ritenendo violato il principio del divieto di reformatio in peius.

Analisi del furto aggravato in presenza di videosorveglianza

Il cuore della questione giuridica riguarda il valore da attribuire ai sistemi di sorveglianza elettronica. La difesa sosteneva che le telecamere costituissero una forma di controllo tale da far venire meno l’affidamento della merce alla “pubblica fede”. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha seguito un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, offrendo una distinzione cruciale tra sorveglianza preventiva e controllo a posteriori.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, respingendo tutte le censure difensive. Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno ritenuto le argomentazioni generiche e volte a una rivalutazione del merito, non consentita in sede di legittimità.

Sul punto centrale, quello relativo all’aggravante del furto aggravato, la Corte ha chiarito che un sistema di videosorveglianza rappresenta uno strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato, ma non è idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa. Solo una sorveglianza continua e specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene (ad esempio, un addetto alla sicurezza che osserva costantemente i monitor in tempo reale) potrebbe escludere l’aggravante. Nel caso di specie, le riprese avevano solo permesso di identificare i colpevoli a distanza di tempo, dimostrando l’inefficacia del sistema a prevenire il furto. Di conseguenza, la merce era effettivamente esposta alla pubblica fede.

Infine, la Corte ha respinto anche la doglianza sulla pena. L’esclusione di un’aggravante da parte del giudice d’appello non comporta automaticamente l’obbligo di ridurre la sanzione. Il giudice può, infatti, operare un nuovo bilanciamento tra le circostanze residue e confermare la pena del primo grado se la ritiene ancora equa, senza per questo violare il divieto di reformatio in peius.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma un principio di fondamentale importanza pratica: la mera installazione di telecamere non è una panacea contro i furti e non modifica la qualificazione giuridica del reato in termini di aggravanti. La videosorveglianza ha una funzione prevalentemente repressiva (identificazione post-fatto) piuttosto che preventiva (impedimento del reato). Per escludere l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede è necessaria una forma di controllo diretto e immediato sulla res, capace di interrompere l’azione delittuosa sul nascere. Questa decisione consolida la tutela dei commercianti e chiarisce i limiti giuridici delle moderne tecnologie di sicurezza.

La presenza di un sistema di videosorveglianza in un negozio esclude l’aggravante del furto per esposizione della merce alla pubblica fede?
No. Secondo la Corte, un sistema di videosorveglianza è uno strumento utile per la successiva individuazione degli autori del reato, ma non è idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa. Pertanto, la sua sola esistenza non esclude l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen.

Se il giudice d’appello esclude un’aggravante, è obbligato a ridurre la pena inflitta in primo grado?
No, non è obbligato. Il giudice d’appello può confermare la pena del primo grado se, nel bilanciamento con le altre circostanze (attenuanti e aggravanti residue), ritiene che la sanzione sia comunque congrua. Questo non viola il divieto di “reformatio in peius” (peggioramento della condizione dell’imputato) se l’appello è stato proposto solo dall’imputato.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile, tra le altre ragioni, quando i motivi sono generici, manifestamente infondati, o quando mirano a ottenere una nuova valutazione dei fatti già esaminati dai giudici di merito, compito non consentito in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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