Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23193 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23193 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a TRANI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/06/2024 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del PG, in persona del Sostituto, COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Bari ha confermato la decisione del Tribunale di quella stessa città, che ha dichiarato NOME COGNOME colpevole di furto pluriaggravato di una bicicletta, sottratta all’interno di un istituto scolastico, dove era stata parcheggiata assicurata con una catena.
Il ricorso per cassazione, per il tramite del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME, è affidato a tre motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo, è denunciata violazione del principio di correlazione tra sentenza e imputazione di cui agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello ritenuto contestate le circostanze aggravanti della violenza sulle cose e della esposizione alla pubblica fede, dal momento che l’editto accusatorio richiama genericamente le previsioni di cui ai nn. 2 e 7 dell’art. 625 cod. pen., senza specificare in fatto a quale delle ipotesi aggravate rispettivamente previste nelle citate disposizioni di legge debba farsi riferimento, non contenendo l’imputazione il richiamo né all’utilizzo della violenza sulle cose né alla esposizione della pubblica fede, tanto più che il furto si verificò all’interno del cortile recintato dell’istituto scolastico, sott telecamere e la vigilanza diretta della p.o.
2.2. Con il secondo motivo, è denunciata erronea applicazione delle norme processuali in tema di inutilizzabilità della testimonianza indiretta ad atti acquisiti con il consenso delle parti al fascicolo del dibattimento ai sensi dell’art. 493 co. 3 cod. proc. pen., e mancanza di motivazione in riferimento alle specifiche doglianze difensive relative alla ritenuta aggravante della violenza sulle cose.
Si sostiene, in particolare, che la prova della predetta circostanza sia stata tratta dalla dichiarazione, acquisita su concorde richiesta delle parti, resa durante le indagini, dalla madre della p.o., la quale riferì di avere appreso dal figlio della esistenza della catena. Erroneamente, la Corte di appello avrebbe ritenuto tali dichiarazioni utilizzabili, rilevando che era stato richiesto, dall parte, l’esame del teste diretto, ai sensi dell’art. 195 cod. proc. pen.., regola inapplicabile, nell’ottica difensiva, alle dichiarazioni pre-dibattimentali acquisite su consenso delle parti. La Corte di appello non si è confrontata con la tesi difensiva circa la compatibilità di chiavi adulterine con il gesto d abbassarsi prima di salire sulla bicicletta, invece, ricondotto dalla sentenza impugnata all’azione di effrazione della catena, e, quindi, all’aggravante della violenza sulle cose.
2.3. Il terzo motivo aggredisce la sentenza impugnata con riguardo alla recidiva, denunciando erronea applicazione della legge e vizi della motivazione, per essere stata ravvisata la predetta circostanza soggettiva sulla base della mera presenza di precedenti penali, senza porli in correlazione con il fatto in esame.
Il difensore del ricorrente ha depositato conclusioni scritte in replica a quelle del P.G., con cui insiste nei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
1.Non ha pregio il primo motivo, le cui censure, denunciando la violazione del principio di correlazione tra sentenza e imputazione di cui agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., si incentrano sulla assenza, nella imputazione, di una chiara contestazione delle circostanze aggravanti della violenza sulle cose e della esposizione alla pubblica fede. In tesi difensiva, l’editto accusatorio conterrebbe un mero richiamo generico alle previsioni di cui ai nn. 2 e 7 dell’art. 625 cod. pen.., in assenza di elementi descrittivi che consentano il riferimento specifico a quelle, ritenute dai giudici di merito, della violenza sulle cose e della esposizione alla pubblica fede.
In realtà le cose non stanno così.
1.1. Quanto alla prima circostanza, la violenza sulle cose risulta contestata nell’imputazione, dal momento che in essa è presente il riferimento, nella rubrica della imputazione, all’art. 625 n. 2, e, nella descrizione del fatto, alla circostanza che la bicicletta fosse assicurata da una catena, ciò che rendeva intuibile il senso della circostanza alla quale specificamente, tra quelle enucleate nella norma astratta, l’Accusa alludeva. A tanto si aggiunga che il fatto, così come circostanziato, è emerso, come si legge nella sentenza di primo grado, tanto nella denuncia che durante il dibattimento a seguito della deposizione del teste COGNOME, ciò che esclude la denunciata violazione del diritto di difesa.
1.2. Anche l’altra circostanza aggravante, della esposizione alla pubblica fede, è sufficientemente contestata: nell’imputazione, si legge che il fatto è stato commesso “all’esterno dell’ITC RAGIONE_SOCIALE“, ovvero, come è emerso nel processo, in un cortile aperto. Scrive, infatti, il primo giudice, che “il cancello d’ingresso veniva lasciato aperto” e che detta circostanza era “evincibile anche dalla visione delle immagini del video acquisito in atti”.
1.3. La riscontata violazione delle norme di cui agli artt. 521 – 522 cod. proc. pen. non è quindi riscontrabile.
1.4. Ove, poi, si fosse voluta denunciare la indeterminatezz dell’imputazione, che può dar luogo alla nullità della richiesta di rinvio a g
e del decreto di citazione a giudizio, deve osservarsi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, si tratta di nullità di natura relativa che, i quanto tale, non è rilevabile d’ufficio e deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine previsto dall’art. 491 cod. proc. pen. (Sez. 3 n. 19649 del 27/02/2019, Rv. 275749).
Non coglie nel segno il secondo motivo, che denuncia la inutilizzabilità della testimonianza indiretta della madre della vittima del furto, in merito alla circostanza che la bicicletta era stata assicurata, dal ragazzo, con una catena.
1.5 Deve aggiungersi, che la configurabilità della circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dalla presenza, nel luogo in cui si consuma il furto, di un sistema di videoregistrazione, che, secondo l’orientamento decisamente prevalente di questa Corte, non può considerarsi equivalente alla presenza di una diretta e continua custodia da parte del proprietario o di altra persona addetta alla vigilanza ( cfr. ex multis, Sez. 5, n. 45172 del 15/05/2015 – dep. 11/11/2015, COGNOME e NOME, Rv. 26568101), poiché soltanto una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 2724 del 26/11/2015 – dep. 21/01/2016, COGNOME, Rv. 26580801). Il sistema di videosorveglianza non è idoneo, ex se, ad escludere la esposizione alla pubblica fede del bene perché, non assicurando un controllo costante e diretto, non fa venir meno la situazione di affidamento alla pubblica fede, che rimane, pertanto, in una siffatta evenienza, comunque, consegNOME all’altrui senso di rispetto; e ciò perché, in NOME termini, solo un controllo costante e diretto è incompatibile con la situazione di affidamento alla pubblica fede di avventori e clienti. Come è stato pure affermato, il sistema di videosorveglianza rappresenta, rectius, si risolve, piuttosto, in un mero ausilio a posteriori per l’individuazione degli autori dell’impossessamento del bene altrui (Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020 (dep. 2021) Rv. 280157). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Secondo la Difesa non sarebbe applicabile la previsione di cui all’art. 195 alla testimonianza indiretta acquista con il consenso delle parti, così come affermato dalla Corte di appello che ha ritenuto utilizzabile la dichiarazione, pur senza acquisire la fonte diretta, in assenza della specifica istanza di parte, ai sensi dell’art. 195 co. 2. .
2.1. Contrariamente a tale deduzione, deve, invece, affermarsi che, anche con riguardo alle dichiarazioni della fonte de relato acquisite con il consenso delle parti, deve ritenersene la utilizzabilità, qualora l’imputato non si sia avvalso del diritto di chiedere che sia chiamato a deporre il test
riferimento: l’ordinamento consente che la formazione della prova avvenga senza contraddittorio, quando vi è il consenso dell’imputato, disciplina che come è stato affermato – neppure si pone in contrasto con l’art. 111 cost.(Sez. 3, n. 38623 del 02/07/2003 Rv. 226544 ).
2.2. Come è noto, le dichiarazioni “de relato” sono utilizzabili ove nessuna delle parti si sia avvalsa del diritto di chiedere che sia chiamato a deporre il teste di riferimento, essendo l’ipotesi di inutilizzabilità circoscritt per legge, solo al caso in cui il giudice abbia omesso la citazione dei testimoni diretti, nonostante l’espressa richiesta di parte. (Sez. 6, n. 28029 del 03/06/2009, Rv. 244415).
2.3. L’art. 431 GLYPH cod. proc. pen. prevede, al secondo comma, che “le parti possono concordare l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all’attività di investigazione difensiva”.
2.4. Come è stato affermato, la scelta operata dalla difesa (prestando il consenso alla acquisizione della prova, con rinuncia al contraddittorio) all’esclusivo fine di snellire l’attività processuale ( e non, quindi, per accedere al rito abbreviato) non fa venire meno eventuali nullità dell’atto e non preclude il diritto di eccepirne l’inutilizzabilità ( Cass. Sez. 4^ Penale, sentenza 16.01.2020, n. 4896): l’effetto dell’accordo, infatti, non è quello di eliminare il vaglio giurisdizionale sulla richiesta di acquisizione della prova, ma quello di rendere prova ciò che, fisiologicamente, non lo sarebbe stato. Questo comporta che lo scrutinio di utilizzabilità della prova de relato entrata nel processo mercè il consenso delle parti deve essere condotto secondo il regime probatorio decliNOME dalla norma di cui all’art. 195 cod. proc. pen., che impone al giudice, che non abbia ritenuto di procedere ex officio, di acquisire la testimonianza diretta solo su richiesta della parte. Il meccanismo ideato dal legislatore con l’acquisizione concordata concerne la modalità di ammissione e acquisizione di un elemento probatorio che, formato unilateralmente, non sarebbe stato utilizzabile per la decisione (art. 111, comma 4, Cost.), ma che diventa prova nel momento in cui le parti si accordano per la sua acquisizione (art. 111, comma 5 Cost.).
2.5. Introdotto nel fascicolo del dibattimento, l’atto acquisito con il consenso delle parti, diventa parte del materiale sulla cui base il giudice emetterà la sentenza, procedendo, nel giudizio, secondo la regula juris di cui all’art. 195 cod. proc. pen..
2.6. E, allora, nel caso di specie, una volta acquisite consensualmente le dichiarazioni predibattimentali del teste de relato, il regime di utilizzabilità è quello di cui all’art. 195 cod. proc. pen. che imponeva alla parte interessata di
richiedere al giudice l’escussione della fonte diretta, ciò che pacificame non è avvenuto nel caso di specie. Correttamente la Corte di appello ha
fondato la propria decisione in merito alla circostanza aggravante del violenza sulle cose anche utilizzando le dichiarazioni de relato della mad
della vittima.
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato, omettendo di confrontarsi con la specifica motivazione dei giudici di merito di entrambi i gradi, che han
valorizzato i plurimi precedenti, molti dei quali anche specifici, grava sull’imputato, per porre in rilievo la personalità pericolosa dell’imput
Invero, lo specifico onere motivazionale richiesto al giudice per l’applicazi della recidiva facoltativa contestata che, tuttavia, può essere adempiu
anche implicitamente, ove si dia conto della ricorrenza dei requisiti riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore. (
Sez.
2, n.
39743
del
17/09/2015, Rv. 264533)
4. Al rigetto del ricorso segue, ex lege,
pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Così deciso in Roma, 29 aprile 2025 Il Consigliere estenNre la condanna del ricorrente al