Furto Aggravato: La Manomissione del Tag Antitaccheggio Secondo la Cassazione
Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione torna a consolidare importanti principi in materia di furto aggravato, in particolare quando la condotta criminosa coinvolge la manomissione di placche antitaccheggio. Questa pronuncia offre spunti chiari per comprendere quando un semplice tentativo di furto si trasforma in un reato con conseguenze penali più severe. Analizziamo insieme la decisione per capire la logica giuridica applicata dai giudici di legittimità.
Il Caso: Tentato Furto in un Grande Magazzino
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per tentato furto aggravato. L’imputato era stato sorpreso mentre cercava di sottrarre della merce da un esercizio commerciale dopo aver manomesso il dispositivo antitaccheggio applicato sui prodotti. La difesa ha contestato la decisione, sollevando diverse questioni sia di merito che procedurali davanti alla Suprema Corte.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il ricorrente ha basato la sua difesa su tre argomentazioni principali:
1. Errata applicazione delle aggravanti: Secondo la difesa, non sussistevano né l’aggravante della violenza sulle cose (art. 625 n. 2 c.p.), in quanto la violenza non era stata esercitata direttamente sulla merce, né quella dell’esposizione alla pubblica fede (art. 625 n. 7 c.p.), data la presenza di sistemi di sorveglianza.
2. Improcedibilità per incompletezza della querela: Si contestava la validità della querela sporta dalla direttrice del negozio, ritenuta priva dei poteri necessari.
3. Mancato riconoscimento di attenuanti: Il ricorrente lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e il mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti.
L’Analisi della Corte sul Furto Aggravato
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo motivazioni dettagliate che rafforzano orientamenti giurisprudenziali già consolidati in materia di furto aggravato.
La Violenza sulla Cosa: il Tag Antitaccheggio
Il primo punto cruciale riguarda l’aggravante della violenza sulle cose. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la violenza non deve necessariamente essere esercitata direttamente sulla res (la merce), ma può riguardare anche gli strumenti posti a sua difesa. La manomissione o la rottura di una placca antitaccheggio, inserita proprio per garantire una più efficace tutela del bene, integra pienamente questa circostanza aggravante. L’azione è infatti diretta a neutralizzare un sistema di protezione, manifestando una maggiore intensità del dolo.
L’Esposizione alla Pubblica Fede
Anche riguardo alla seconda aggravante, quella dell’esposizione a pubblica fede, la Corte non ha avuto dubbi. La presenza di placche antitaccheggio all’interno di un esercizio commerciale non esclude questa condizione. Tali dispositivi, infatti, si limitano a generare un allarme acustico ai varchi d’uscita e non consentono un controllo a distanza costante e capillare sulla merce esposta. Pertanto, i beni sugli scaffali rimangono affidati al senso di onestà generale dei clienti, integrando così i presupposti dell’aggravante.
Questioni Procedurali: Legittimità della Querela e Motivi d’Appello
La Corte ha respinto anche le doglianze di natura procedurale. È stato chiarito che il titolare di una posizione di fatto sui beni, come il direttore di un negozio che ha il possesso della merce, è qualificato come persona offesa dal reato di furto e, di conseguenza, pienamente legittimato a sporgere querela, senza necessità di una procura speciale.
Inoltre, è stato dichiarato inammissibile il motivo relativo alla particolare tenuità del fatto, poiché non era stato sollevato nel precedente grado di giudizio. I ricorsi in Cassazione non possono introdurre questioni nuove, salvo quelle rilevabili d’ufficio.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione logica e coerente delle norme penali, allineata a un orientamento giurisprudenziale ormai granitico. La decisione di inammissibilità si basa sulla manifesta infondatezza dei motivi, che si scontrano con principi di diritto pacifici. I giudici hanno sottolineato come la manomissione di un sistema di difesa del bene (il tag) costituisca una forma di violenza che aggrava il reato. Allo stesso modo, hanno confermato che la vigilanza passiva (come quella offerta dai tag) non elimina l’esposizione della merce alla pubblica fede. Infine, la Corte ha ritenuto corretto e logico il giudizio di equivalenza tra attenuanti e aggravanti operato dalla Corte d’Appello, che aveva tenuto conto della personalità e dei precedenti dell’imputato.
Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma di alcuni capisaldi del diritto penale in materia di reati contro il patrimonio. Le conclusioni che possiamo trarre sono chiare:
1. Forzare o rimuovere un tag antitaccheggio è violenza sulle cose e configura l’aggravante del furto.
2. La merce nei negozi è considerata esposta alla pubblica fede anche in presenza di sistemi antitaccheggio, configurando un’altra aggravante.
3. Il responsabile di un punto vendita ha il diritto di sporgere querela per i furti subiti.
4. I motivi di ricorso devono essere specifici e proposti nei gradi di giudizio corretti; non è possibile introdurre nuove questioni per la prima volta in Cassazione.
La manomissione di una placca antitaccheggio costituisce l’aggravante della violenza sulle cose?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la violenza esercitata sullo strumento materiale posto a difesa della cosa (come la placca antitaccheggio) è sufficiente per configurare la circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 2 del codice penale.
La merce esposta in un negozio con tag antitaccheggio è considerata esposta alla pubblica fede?
Sì. La Corte ha ribadito che tali dispositivi, comportando solo una rilevazione acustica al passaggio alle casse, non consentono un controllo a distanza tale da escludere l’esposizione della merce alla pubblica fede, integrando quindi l’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 del codice penale.
Chi è legittimato a sporgere querela per un furto in un esercizio commerciale?
È legittimato a proporre querela il titolare della posizione di fatto che deriva dal possesso dei beni, come ad esempio la direttrice dell’esercizio commerciale. Questa figura è riconosciuta come persona offesa dal delitto di furto, anche se non è il proprietario legale della merce.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11858 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11858 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOMECUI CODICE_FISCALE nato il 26/02/1979
avverso la sentenza del 09/05/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 39140/24 -Udienza del 26 febbraio 2025 -Consigliere COGNOME
Considerato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze che confermava la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto l’imputato colpevole del reato di tentato furto aggravato
Rilevato che il primo motivo di ricorso – con cui si lamenta erronea applicazione delle aggravanti di cui all’art 625 n. 2) e n.7) cod.pen. ed il difetto di procedibilità per i semplice per incompletezza della querela – è inammissibile innanzitutto in quanto, secondo l’orientamento consolidato della Suprema Corte, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art 625 n.2) cod.pen. pur in presenza di placche antitaccheggio, non è necessario che la violenza sia stata esercitata direttamente sulla “res” oggetto dell’impossessamento, potendosi, anzi, configurare l’aggravante anche nel caso in cui la stessa venga posta in essere nei confronti dello strumento materiale apposto sulla cosa per garantirne una più efficace difesa della stessa: ciò che si verifica in caso di manomissione della placca magnetica antitaccheggio inserita sulla merce offerta in vendita nei grandi magazzini, destinata ad attivare i segnalatori acustici ai varchi d’uscita (Sez. 5, Sentenza n. 33898 del 12/06/2017 Rv. 270478 – 01; cfr anche rv 283971).
Parimenti inammissibile risulta la doglianza in merito alla circostanza di cui all’ad 625 n.7) cod.pen., in quanto è pacifico che, secondo la Corte di Cassazione, l’impossessamento e la sottrazione della cosa esposta alla pubblica fede si configurano anche laddove la condotta sia realizzata all’interno di un esercizio commerciale e riguardi prodotti muniti di placc antitaccheggio, dal momento che questo dispositivo, comportando la sola rilevazione acustica della merce nascosta al passaggio alle casse, non consente il controllo a distanza della stessa tale da poter escludere l’esposizione della merce alla pubblica fede( Sez. 5, Sentenza n. 21158 del 30/11/2016 dep. 03/05/2017 Rv. 269923 – 01, Sez. 5 -, Sentenza n. 17 del 21/11/2019 dep. 02/01/2020 Rv. 278383 – 01)
Ritenuto altresì che anche la doglianza in merito alla incompletezza della querela – e dunque all’improcedibilità per il reato di furto – è da valutare inammissibile considerato, oltr che le corrette osservazioni della Corte di appello, anche il fatto che la procura speciale ne caso di specie non era neanche necessaria, essendo stata sporta querela dalla direttrice dell’esercizio commerciale. Sul punto infatti è pacifico che anche il titolare della posizione fatto che deriva dal possesso, quale relazione di fatto che non richiede diretta disponibilit materiale della cosa, è riconosciuto titolare della qualifica di persona offesa nel delitto di fu e, di conseguenza, gli è riconosciuta la legittimazione a proporre querela (Sez. U, Sentenza n. 40354 del 18/07/2013 Rv. 255975 – 01).
Considerato che il secondo motivo di ricorso – con cui si lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto – è inammissibil perché mancava il corrispondente motivo di appello, né il proscioglimento era stato invocato
nelle conclusioni scritte rassegnate nel giudizio cartolare. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso perché non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio i stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (cfr. l’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. quanto alla violazione di legge; si vedano, con specifico riferimento al vizio di motivazione, Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745 – 01; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, COGNOME).
Rilevato che il terzo motivo di ricorso – che lamenta la mancata applicazione delle attenuanti generiche in regime di prevalenza sulle aggravanti – è inammissibile in quanto il giudizio di equivalenza operato dalla Corte di appello appare corretto e logico. La stessa, infatti, ha giustificato l’immodificabilità del giudizio di equivalenza tenuto conto d personalità dell’imputato e dei precedenti di cui è gravato (cfr pag.4 della sentenza impugnata).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 febbraio 2025
Il Presidente
Il consiglier COGNOME snsore