Furto Aggravato e Placca Antitaccheggio: Quando il Reato è Consumato?
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema molto comune nella cronaca giudiziaria: il furto aggravato nei negozi. La decisione chiarisce due aspetti fondamentali: il momento esatto in cui il furto si considera consumato e l’irrilevanza delle placche antitaccheggio ai fini dell’esclusione dell’aggravante dell’esposizione della merce alla pubblica fede. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di furto pluriaggravato. L’imputato aveva sottratto della merce all’interno di un esercizio commerciale, superando le casse senza pagare. La merce era dotata di un dispositivo antitaccheggio. L’uomo veniva fermato dal personale di vigilanza solo dopo essersi allontanato dall’area commerciale, quando ormai aveva acquisito il possesso dei beni rubati.
Ritenendo ingiusta la condanna, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, basandolo su quattro motivi principali, tra cui la presunta erronea qualificazione del fatto come reato consumato (invece che tentato) e l’insussistenza dell’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede proprio a causa della presenza dei sistemi di sicurezza.
La Decisione della Cassazione sul Furto Aggravato
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno smontato uno per uno i motivi di ricorso, fornendo chiarimenti cruciali sulla configurazione del furto aggravato in contesti commerciali.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha basato la sua decisione su principi giuridici consolidati, ribadendoli con fermezza.
Furto Consumato vs. Furto Tentato
Il secondo motivo di ricorso, incentrato sulla richiesta di derubricare il reato a tentato furto, è stato giudicato inammissibile. I giudici hanno spiegato che non possono esserci dubbi sulla consumazione del reato. L’imputato era infatti riuscito a sottrarre effettivamente la merce e ad allontanarsi, facendo entrare i beni nella sua esclusiva sfera di dominio. Il fatto che sia stato bloccato in un secondo momento dalla vigilanza non cambia la natura del reato, che si era già perfezionato.
L’Aggravante dell’Esposizione alla Pubblica Fede e i Tag Antitaccheggio
Il punto centrale della pronuncia riguarda il terzo motivo di ricorso. L’imputato sosteneva che la presenza della placca antitaccheggio escludesse l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede. La Cassazione ha definito questa tesi ‘manifestamente infondata’.
Richiamando la propria giurisprudenza costante (in particolare la sentenza ‘Bevilacqua’, n. 17 del 2019), la Corte ha ribadito un principio chiave: integra il reato di furto aggravato dall’esposizione della cosa alla pubblica fede la sottrazione di prodotti dotati di placca antitaccheggio. Questo perché tale dispositivo consente solo una ‘mera rilevazione acustica’ al passaggio alle casse, ma non assicura un controllo a distanza continuo sul bene. Di conseguenza, il proprietario del negozio si affida ancora alla correttezza generale dei clienti, e la sottrazione viola questa ‘pubblica fede’.
Inammissibilità degli Altri Motivi
Gli altri due motivi sono stati rapidamente liquidati. Il primo, relativo alla responsabilità penale, è stato considerato troppo generico e volto a una non consentita rilettura dei fatti. Il quarto, sul trattamento sanzionatorio, è stato giudicato inammissibile perché relativo a una valutazione (il bilanciamento delle circostanze) che è di competenza esclusiva dei giudici di merito.
Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida due importanti principi in materia di furti nei negozi:
1. Consumazione del reato: Il furto è consumato non appena il ladro si impossessa della merce e la porta al di fuori della sfera di sorveglianza diretta del proprietario (ad esempio, superando le casse), anche se viene fermato poco dopo.
2. Validità dell’aggravante: La presenza di sistemi di allarme come i tag antitaccheggio non è sufficiente a escludere l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede. Questi sistemi non rappresentano una sorveglianza costante e quindi non eliminano l’affidamento che il commerciante ripone nell’onestà dei clienti.
Quando un furto in un negozio si considera consumato e non solo tentato?
Secondo la Corte, il furto si considera consumato quando la merce viene effettivamente sottratta e l’imputato riesce ad allontanarsi, facendo entrare i beni nella propria sfera di dominio, anche se viene bloccato in un secondo momento dal personale di vigilanza.
La presenza di una placca antitaccheggio su un prodotto esclude l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede?
No. La Cassazione ha ribadito che la placca antitaccheggio non esclude l’aggravante, perché consente solo una rilevazione acustica al varco e non assicura un controllo a distanza costante sul bene che possa eliminare l’affidamento del commerciante nell’onestà pubblica.
Perché alcuni motivi del ricorso sono stati dichiarati inammissibili?
Sono stati dichiarati inammissibili perché ritenuti troppo generici, volti a ottenere una nuova valutazione dei fatti (compito non spettante alla Cassazione) o perché reiteravano censure già esaminate e respinte dalla corte territoriale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25014 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25014 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 13/01/1994
avverso la sentenza del 28/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli che ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Santa Maria C. Vetere ha affermato la penale responsabilità dell’imputato in ordine al delitto di furto pluriaggravato;
Considerato che il primo motivo di ricorso – con il quale il ricorrente si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in relazione alla ritenuta penale responsabilità – è inammissibile in quanto, oltre a essere costituito da doglianze particolarmente generiche, è volto a prefigurare un’alternativa rilettura del compendio istruttorio, estranea al sindacato di legittimità, a fronte di una motivazione adeguata e completa nella quale i giudici di merito hanno evidenziato tutti gli estremi, oggettivi e soggettivi, del delitto di furto;
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso – con il quale il ricorrente si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della fattispecie tentata – è inammissibile in quanto reiterativo di censure già ampiamente vagliate dalla corte territoriale, la quale ha evidenziato come non residuino dubbi circa l’avvenuta consumazione del fatto di reato, in quanto la merce era risultava effettivamente sottratta e l’imputato era riuscito ad allontanarsi dagli esercizi commerciali, venendo bloccato dagli addetti alla vigilanza solo in un secondo momento, sicché i beni sottratti erano entrati nella sfera di dominio dello stesso;
Considerato che il terzo motivo di ricorso – con il quale il ricorrente si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante dell’esposizione del bene alla pubblica fede – è manifestamente infondato in quanto prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con la costante giurisprudenza di legittimità secondo la quale integra il reato di furto aggravato dall’esposizione della cosa alla pubblica fede la sottrazione, all’interno di un esercizio commerciale, di prodotti dotati di placca antitaccheggio, in quanto tale dispositivo, se non disperso prima del passaggio alle casse, consente la mera rilevazione acustica della merce occultata al varco, ma non assicura la possibilità di controllo a distanza che esclude l’aggravante (Sez. 5, n. 17 del 21/11/2019, COGNOME, Rv. 278383);
Ritenuto che il quarto motivo di ricorso – con il quale il ricorrente si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in relazione al giudizio di equivalenza delle circostanze attenuanti generiche – è inammissibile in quanto inerente al trattamento punitivo, in merito al quale la corte di appello ha escluso il
giudizio di prevalenza delle invocate attenuanti attesa la pluralità delle aggr contestate;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento del
somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de
ammende.
Così deciso il 4 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente