Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13847 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13847 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TRIVERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/02/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esamiNOME il ricorso proposto, a mezzo del difensore, da COGNOME NOME, ritenuta responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di tentato furto aggravato su cose esposte alla pubblica, fatto commesso il 17/9/2022.
Rilevato che, a motivi di ricorso, la difesa lamenta: 1. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen.; 2. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta recidiva; 3. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al trattamento sanzioNOMErio.
Ritenuto che la sentenza impugnata è sorretta da conferente apparato argomentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa.
Considerato, quanto al primo motivo di ricorso, che i rilievi difensivi sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte di merito con argomentazioni giuridiche corrette: nel rigettare la ricostruzione offerta dalla difesa, la Corte d’appello ha correttamente rilevato come solo casualmente l’addetto alla vigilanza dell’esercizio commerciale avesse fatto attenzione all’imputata, insospettito dal suo atteggiamento, non risultando che la stessa fosse stata continuamente monitorata prima dell’intervento del vigilante (cfr. in argomento Sez. 5, n. 6416 del 14/11/2014, dep. 2015, Rv. 262663:«Sussiste l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. “sub specie” di esposizione della cosa per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede – nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi della merce sottratta dai banchi di un supermercato, considerato che nei supermercati – in cui la scelta delle merci avviene con il sistema del “self service” – la vigilanza praticata dagli addetti è priva di carattere continuativo e si connota come occasionale e/o a campione, mentre l’esclusione dell’aggravante in questione richiede che sulla cosa sia esercitata una custodia continua e diretta, non essendo sufficiente, a tal fine, una vigilanza generica, saltuaria ed eventuale»).
Considerato, quanto al secondo motivo di ricorso, che la sentenza impugnata è immune dalle censure sollevate nel ricorso, avendo la Corte di merito evidenziato l’idoneità della condotta criminosa per cui si procede a rivelare l’accresciuta pericolosità sociale dell’imputata in ragione dei molteplici precedenti penali specifici dalla stessa annoverati.
Rilevato che la motivazione espressa in sentenza soddisfa i principi enunciati in questa sede (Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011 – dep. 2012, Marciano’, Rv. 251690; Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, Rv. 270419 – 01; Sez. 2, n. 10988 del 07/12/2022, dep. 2023, Rv. 284425 – 01).
Considerato che la sentenza è sorretta da motivazione adeguata in punto di trattamento sanzioNOMErio, avendo la Corte di merito ritenuto congrua la misura della pena come determinata dal giudice di primo grado, tenuto conto della entità del fatto e della negativa personalità dell’imputata.
Considerato che, ove la pena non si discosti in maniera rilevante dal minimo edittale, non è richiesta, secondo consolidato orientamento di questa Corte, una specifica e dettagliata motivazione, essendo riservata al giudice di merito, la scelta, basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen., di irrogare una pena i misura media o prossima al minimo edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez.4, n.27959 del 18/06/2013, COGNOME, Rv.2583515; Sez. 2, n.28852 del 8/05/2013, COGNOME, Rv.256464; Sez. 4, n.21294 del 20/0:3/2013, COGNOME, Rv.256197).
Considerato che, nel giudizio di cassazione, è inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione, come nel caso in esame, non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, COGNOME, Rv. 259142).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Considerato che la declaratoria d’inammissibilità preclude ogni questione riguardante l’applicabilità al caso in esame della procedibilità a querela del furto contestato, previsto dall’art. 625, comma 3, cod. pen., come introdotto dall’art. 2 lett. i) d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150, in vigore dal 30 dicembre 2022 per effetto della proroga disposta dal decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162
Si estendono, invero, al caso in esame i principi già espressi dalle Sezioni Unite ric. COGNOME nella ipotesi di reati per i quali la legge abbia introdotto regime della procedibilità a querela, in base ai quali la declaratoria d’inammissibilità del ricorso, precludendo la costituzione di un valido rapporto processuale, prevale su una serie di eventi processuali successivi, quali il venire a maturazione del termine di prescrizione e la introduzione del regime della procedibilità a querela (cfr. Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, COGNOME, Rv. 273551 – 01, la quale, in relazione ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, ha così stabilito:”In tema di condizioni d procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità l’inammissibilità del ricorso esclude che debba darsi alla persona offesa l’avviso previsto dall’art. 12, comma 2, del predetto decreto per l’eventuale esercizio del diritto di querela”).
P. Q. MI.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 20 marzo 2024
Il Consigliere estensore
sidente Il Il