Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11900 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11900 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/10/2022 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Catania del 15 febbraio 2018, previa riqualificazione del reato originariamente contestato in quello previsto dagli artt, 624 e 625, nn. 5 e 7, cod. pen., ha rideterminato in mesi nove ed euro duecento di multa ciascuno la pena inflitta nei confronti di COGNOME NOME e di COGNOME COGNOME NOME.
Gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, ricorrono per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello.
2.1. DI SCANNO COGNOME (un motivo di impugnazione)
2.1.1. Vizio di motivazione per assoluta genericità dell’apparato argomentativo.
2.2. DI SCANNO COGNOME NOME (un motivo di impugnazione)
2.2.1. Vizio di motivazione in relazione al riconoscimento della circostanza aggravante prevista dall’art. 625, n. 7, cod. pen..
Il ricorso proposto da COGNOME NOME è generico.
In relazione all’unico motivo di ricorso, va osservato che COGNOME NOME si lamenta esclusivamente della carenza motivazionale della sentenza impugnata, senza articolare la doglianza in termini sufficientemente dettagliati e senza collegarla alla fattispecie concreta. Peraltro, il presunto difetto di motivazione non emerge dal contenuto del provvedimento impugnato, stante anche l’assenza delle ragioni di diritto e dei dati di fatto a sostegno della richiesta.
Al riguardo, va rilevato che è inammissibile il ricorso per Cassazione i cui motivi si limitino genericamente a lamentare l’omessa valutazione di urta tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicità della motivazione di questa, idonee ad incidere negativamente sulla capacità dimostrativa del compendio probatorio posto a fondamento della decisione di merito (Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015, COGNOME, Rv. 264441). Il ricorso per Cassazione, infatti, deve contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica (Sez. 2, 13951 del 05/02/2014, COGNOME, Rv. 259704).
Il ricorso proposto da COGNOME NOME è manifestamente infondato.
Con riferimento all’unico motivo del ricorso proposto da COGNOME NOME, va premesso che, come da tempo rilevato dalla giurisprudenza di questa Corte, sussiste l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. – sub specie di esposizione della cosa per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede – nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi della merce sottratta dai
banchi di un supermercato, considerato che nei supermercati – in cui la scelta delle merci avviene con il sistema del self service – la vigilanza praticata dagli addetti è priva di carattere continuativo e si connota come occasionale e/o a campione, mentre l’esclusione dell’aggravante in questione richiede che sulla cosa sia esercitata una custodia continua e diretta, non essendo sufficiente, a tal fine, una vigilanza generica, saltuaria ed eventuale (Sez. 5, n. 6416 del 14/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262663).
In altri termini, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di furto, la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato, non idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa, mentre solo una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. (Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, dep. 2021, Saja, Rv. 280157).
La Corte territoriale ha esaurientemente spiegato che la presenza di tale tipologia di impianto, non può essere costante e consente solo un generic:o controllo del movimento di persone all’interno dei locali di un supermercato; ha poi sottolineato la mancanza di ulteriori presidi di sicurezza, il compimento dell’azione in orario notturno e la completa accessibilità alle aree comuni.
La difesa non si confronta con tale completo apparato argomentativo ed insiste nel sostenere, in termini assertivi, che l’esercizio commerciale era dotato di un circuito di videosorveglianza e che il fatto era avvenuto in orario di chiusura del locale al pubblico.
Per le ragioni che precedono, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno alla Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 14 marzo 2024.