Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23769 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23769 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/02/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Milano ha confermato la decisione del Tribunale di Milano del 13 aprile 2021, con la quale NOME era stato condannato alla pena di mesi due, giorni venti di reclusione ed euro ottanta di multa in relazione al reato di cui agli artt. 56, 624, 625, n. 7 e 99, co. 4 cod. pen.
COGNOME NOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, lamentando vizio di motivazione in ordine al riconoscimento della circostanza aggravante prevista dall’art. 625, n. 7, cod. pen.
3. Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento all’unico motivo di ricorso, va premesso che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, sussiste l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. sub specie di esposizione della cosa per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede – nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi della merce sottratta dai banchi di un supermercato, considerato che nei supermercati – in cui la scelta delle merci avviene con il sistema del self service la vigilanza praticata dagli addetti è priva di carattere continuativo e si connota come occasionale e/o a campione, mentre l’esclusione dell’aggravante in questione richiede che sulla cosa sia esercitata una custodia continua e diretta, non essendo sufficiente, a tal fine, una vigilanza generica, saltuaria ed eventuale (Sez. 5, n. 6416 del 14/11/2014, dep. 2015, Garofalo, Rv. 262663).
In altri termini, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di furto, la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato, non idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa, mentre solo una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. (Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, dep. 2021, Saja, Rv. 280157).
Con la censura in esame il ricorrente insiste nel sostenere, in termini assertivi, che la sorveglianza fosse costante, senza confrontarsi con il rilievo, logicamente svolto dalla Corte territoriale, secondo la quale, in presenza di un impianto di videosorveglianza, la vigilanza non può essere costante, ma la funzione di controllo viene esercitata solo quando il cliente si avvicina alle casse per il pagamento. Inoltre, nemmeno la presenza di dispositivi “antitaccheggio” consente un controllo costante e diretto atto ad escludere la circostanza in oggetto. L’adozione del sistema del self-
service è resa necessaria dall’ampiezza dei locali commerciali, la quale impedisce un vigilanza continua.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, no sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa del ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso in Roma il 15 maggio 2024
Il Consigliere estensore
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