Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26856 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26856 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
DI NOME nato a SANT’AGATA DECOGNOME il 12/12/1985 DI NOME nato a SANT’AGATA DECOGNOME il 11/11/1960
avverso la sentenza del 28/05/2024 della Corte d’appello di Napoli Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 28 maggio 2024, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione del Tribunale di Benevento che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva ritenuto COGNOME NOME e COGNOME NOME responsabili del reato di furto pluriaggravato, condannandoli alla pena di giustizia.
Dagli atti di indagine era emerso che gli imputati, padre e figlio, avevano effettuato il taglio di circa 60 alberi ubicati sul suolo demaniale,
impossessandosene; inoltre, presso l’abitazione dei medesimi erano stati rinvenuti ulteriori 50 quintali di legna dello stesso tipo. In particolare, COGNOME NOME era stato fermato mentre trasportava sulla propria vettura tronchi di legno del peso di circa 4 quintali; poco dopo gli operanti rintracciavano il padre COGNOME NOME, con in mano una ronca e un bastone, il quale mostrava agli operanti il luogo ove erano stati tagliati gli alberi.
Avverso tale sentenza entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione.
Il ricorso proposto da COGNOME Antonio articola quattro motivi di censura.
Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto la Corte territoriale avrebbe omesso di motivare in ordine alla sussistenza del dolo, limitandosi a ritenerlo in re ipsa .
Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente alle contestate aggravanti.
Il terzo motivo denuncia vizio di violazione di legge in relazione all’art. 85, d.lgs. n. 150 del 2022, per effetto del quale. A seguito dell’entrata in vigore del citato decreto, il reato di furto aggravato sarebbe divenuto procedibile a querela. Nel caso di specie, la persona offesa dal reato, da identificarsi nel Comune di Sant’Agata -Frasso non aveva presentato querela, sicché difetterebbe la condizione di procedibilità.
Con il quarto motivo si deduce l’intervenuta prescrizione del reato.
Il ricorso proposto COGNOME Angelo articola tre motivi di censura.
Il primo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente alle contestate aggravanti.
Il secondo motivo denuncia vizio di violazione di legge in relazione all’art. 85, d.lgs. n. 150 del 2022, per effetto del quale. A seguito dell’entrata in vigore del citato decreto, il reato di furto aggravato sarebbe divenuto procedibile a querela. Nel caso di specie, la persona offesa dal reato, da identificarsi nel Comune di Sant’Agata -Frasso non aveva presentato querela, sicché difetterebbe la condizione di procedibilità.
Con il terzo motivo si deduce l’intervenuta prescrizione del reato.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per difetto della condizione di procedibilità.
Considerato in diritto
I ricorsi sono infondati per le ragioni di seguito indicate.
Deve essere esaminato innanzitutto il secondo motivo del ricorso proposto da COGNOME Angelo e il terzo motivo del ricorso proposto da COGNOME NOME, con cui si deduce il difetto della condizione di procedibilità, non avendo il Comune di S. Agata-Frasasso, persona offesa dal reato, proposto querela. Si sostiene infatti che, a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022, il reato di furto anche aggravato sarebbe divenuto procedibile ad istanza di parte.
La censura è priva di fondamento.
2.1. Invero, pur dopo le modifiche introdotte dalla cd. Riforma Cartabia, il reato di furto continua ad essere procedibile d’ufficio laddove ricorrano le circostanze di cui al n. 7 dell’art. 625 cod. pen., salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede. Pertanto, il furto risult a tuttora procedibile d’ufficio quando il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o pignoramento ovvero destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o referenza.
Nella specie, agli imputati è contestata l’aggravante della destinazione dei beni alla pubblica utilità, sia attraverso l’indicazione espressa dell’art. 625, n. 7, cod. pen., sia attraverso la specificazione in fatto dell’essere il furto commesso su piante ubicate sul suolo demaniale.
2.2. Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di affermare che la sottrazione di piante costituenti la dotazione di un bosco demaniale integra l’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., in quanto ciò determina un pregiudizio alla pubblica utilità che la flora demaniale è destinata a svolgere, tanto a tutela dell’ambiente e dell’equilibro idro-geologico, che per la fruibilità collettiva dei relativi siti (Sez. 5, n. 694 del 26/10/2021, dep. 2022, Pentecoste, Rv. 282418 -01).
La circostanza in parola è stata riconosciuta anche in relazione alla sottrazione degli alberi appartenenti ad un Comune, e adibiti a una funzione ornamentale, in quanto debbono considerarsi destinati a pubblica utilità (Sez. 5, n. 5000 del 17/01/2007, Del Percio, Rv. 236067 -01; Sez. 2, n. 949 del 21/03/1966, COGNOME, Rv. 101806 – 01).
Analogamente, si è ritenuto che la sottrazione o asportazione della sabbia o della ghiaia dal lido del mare o dal letto dei fiumi determini la configurabilità dell’aggravante della destinazione della cosa a pubblica utilità, giacché il prelievo di tale materiale lede, attraverso il danno idrogeologico all’arenile, la pubblica utilità dei fiumi o la fruibilità dei lidi marini (Sez. 4, n. 26678 del 26/05/2009, Petino, Rv. 244801 – 01).
In tutte le ipotesi considerate dalle pronunce sopra richiamate ciò che è stato considerato determinante per ritenere sussistente l’aggravante di cui al n. 7 dell’art. 625 cod. pen. è l’indubitabile funzione di pubblica utilità , cioè di vantaggio per una comunità indistinta di persone (Sez. 4, n. 16894 del 22/01/2004, Rv. 228570 -01, in motivazione), che detti beni sono destinati a svolgere, tanto a tutela dell’ambiente e dell’equilibro idro-geologico, quanto per la fruibilità collettiva dei relativi siti.
Tale interpretazione risulta pienamente aderente al valore costituzionale riconosciuto all’ambiente, alla biodiversità e agli ecosistemi dall’art. 9, comma 3, Cost. il quale ne affida alla Repubblica, nelle sue diverse articolazioni, la tutela «anche nell’interesse delle future generazioni».
2.3. Venendo ad applicare tali principi al caso di specie, è fuori dubbio che gli alberi collocati sul suolo demaniale sono beni idonei a svolgere una funzione di pubblica utilità sia in ragione della loro fruizione collettiva, sia in ragione dei benefici ecologici, idrografici e climatici che essi arrecano all ‘intera comunità, di tal che la sottrazione dei medesimi integra l’aggravante in parola e la conseguente procedibilità d’ufficio del reato di furto contestato agli imputati.
Il primo motivo del ricorso proposto da COGNOME Antonio, con il quale si contesta l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, è infondato.
Con valutazione sintetica ma adeguata, entrambi i giudici di merito hanno ravvisato la sussistenza del dolo nella condotta dell’imputato, il quale è stato fermato dalla polizia giudiziaria mentre si trovava in prossimità del luogo ove era avvenuto il taglio degli alberi con in mano una ronca e un bastone, strumenti per l’abbattimento delle piante, nonché nelle dichiarazioni sostanzialmente ammissive dallo stesso rese.
Il primo motivo del ricorso proposto da COGNOME Angelo e il secondo motivo del ricorso proposto dal COGNOME Antonio, con cui si censura il giudizio di comparazione fra opposte circostanze, sono inammissibili. Essi, infatti, non sono consentiti in sede di legittimità e sono manifestamente infondati, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di
legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931). Nella specie, le conclusioni della Corte territoriale, adeguatamente ragionate e argomentate sono, pertanto, incensurabili. In ogni caso, alla valutazione di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche osta il divieto di cui all’art. 69, ultimo comma, cod. pen., essendo contestata e riconosciuta ad entrambi gli imputati la recidiva reiterata specifica (art. 99, quarto comma, cod. pen.).
Infondato è infine il motivo comune ad entrambi i ricorsi con cui si deduce l’intervenuta prescrizione del reato.
È stato contestato ad entrambi gli imputati il delitto di furto pluriaggravato ai sensi dell’art. 625, nn. 2 e 7 cod. pen., per il quale è stabilita la pena della reclusione pari nel massimo a dieci anni. Inoltre, per COGNOME NOME NOME è stata riconosciuta la recidiva reiterata specifica e per COGNOME NOME NOME la recidiva reiterata specifica infraquinquennale. Ne consegue che, venendo in rilievo aggravanti ad effetto speciale, ai sensi dell’art. 157, comma 2, dell’aumento di pena ad esse conseguente si tiene conto ai fini del computo del termine di prescrizione, mentre non trovano applicazione le disposizioni in tema di bilanciamento delle circostanze (art. 157, comma 3, cod. pen.). Pertanto, poiché il reato è stato commesso in data 16 gennaio 2015, il termine di prescrizione, pari a sedici anni e otto mesi, non è ancora decorso.
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 21/05/2025
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME