Furto Aggravato: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti del ricorso nel caso di condanna per furto aggravato. Questa decisione sottolinea la distinzione fondamentale tra il giudizio di merito, dove si valutano i fatti e le prove, e il giudizio di legittimità, di competenza esclusiva della Suprema Corte. Analizziamo insieme i punti salienti di questa pronuncia per comprendere meglio le dinamiche processuali.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dal ricorso presentato da una cittadina avverso una sentenza della Corte d’Appello che confermava la sua responsabilità penale per un reato di furto. Nello specifico, la contestazione riguardava il furto di gas destinato a un pubblico servizio, una condotta che integra un’ipotesi di furto aggravato ai sensi del codice penale.
La ricorrente, nel tentativo di ribaltare la condanna, ha sollevato censure che miravano a una nuova valutazione dei fatti e del materiale probatorio raccolto, aspetti già ampiamente vagliati nei due precedenti gradi di giudizio.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Furto Aggravato
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non una terza istanza di merito. Ciò significa che la Corte non può riconsiderare la ricostruzione dei fatti o l’apprezzamento delle prove, compiti che spettano esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero fornito una motivazione congrua, logica e basata su massime di esperienza condivisibili, rendendo le doglianze della ricorrente non ammissibili in quella sede.
Le Motivazioni dell’Inammissibilità
Le ragioni della decisione sono molteplici e toccano aspetti sia procedurali che sostanziali.
In primo luogo, la Corte ha ribadito che le censure relative alla valutazione del fatto sono precluse nel giudizio di legittimità, specialmente in presenza di una cosiddetta “doppia conforme”, ovvero quando la sentenza d’appello conferma integralmente la decisione di primo grado. La motivazione dei giudici di merito è stata giudicata adeguata e priva di vizi logici manifesti.
In secondo luogo, è stato affrontato un punto tecnico di procedura penale. La difesa aveva contestato l’utilizzabilità delle dichiarazioni spontanee rese dall’imputata durante le indagini. La Corte ha specificato che, nel contesto di un giudizio celebrato con rito abbreviato, non esiste alcun divieto di utilizzare tali dichiarazioni (art. 350, comma 7, c.p.p.), come confermato da consolidata giurisprudenza.
Infine, un aspetto cruciale ha riguardato la procedibilità del reato. Il furto aggravato contestato, avendo ad oggetto gas destinato a pubblico servizio (art. 625, n. 7, c.p.), è procedibile d’ufficio. La presenza di questa aggravante ha reso irrilevanti eventuali questioni sulla querela, mantenendo il reato perseguibile indipendentemente dalla volontà della persona offesa.
Le Conclusioni
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale. La ricorrente è stata quindi condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: il ricorso per Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità (violazione di legge o vizi di motivazione evidenti) e non può essere utilizzato come un tentativo di ottenere una terza valutazione sul merito della vicenda.
È possibile contestare la ricostruzione dei fatti in un ricorso in Cassazione?
No, il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità e non di merito. La Corte valuta solo la corretta applicazione della legge e non può riesaminare i fatti o la valutazione delle prove, specialmente in presenza di una motivazione adeguata e logica da parte dei giudici di merito.
Le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato sono utilizzabili in un processo con rito abbreviato?
Sì, l’ordinanza conferma che non sussiste alcun divieto di inutilizzabilità delle dichiarazioni spontanee rese dalla persona sottoposta alle indagini ai sensi dell’art. 350, comma 7, c.p.p., quando il processo si svolge con il rito abbreviato.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, come previsto dall’art. 616 c.p.p.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23061 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23061 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CATANZARO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/10/2022 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso sentenza recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato ascritto è inammissibile, perc contenente censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di meri che ha fornito, nella c.d. “doppia conforme”, una congrua e adeguata motivazione, immune da censure di manifesta illogicità perché basata su corretti criteri d inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
In particolare, trattandosi di giudizio espletato con rito abbreviato, no sussiste alcun divieto di inutilizzabilità delle dichiarazioni spontanee rese da persona sottoposta alle indagini ai sensi dell’art. 350, comma 7, cod. proc. pen. (cfr. Sez. 1, n. 15197 del 08/11/2019 – dep. 2020, Rv. 279125 – 01), come avvenuto nel caso di specie. Il reato, inoltre, rimane procedibile d’ufficio, risulta contestata l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen., con specifico riferim a furto di gas destiNOME a pubblico servizio.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 maggio 2024
GLYPH