Furto aggravato: ricorso inammissibile in Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14182/2024, ha affrontato un caso di furto aggravato di energia elettrica, confermando la condanna emessa nei gradi di merito e dichiarando inammissibile il ricorso dell’imputato. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione sulle circostanze attenuanti e sui limiti del giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso: Il Furto Prolungato di Energia Elettrica
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un soggetto per il reato di furto aggravato. Nello specifico, l’imputato aveva prelevato energia elettrica per un lungo periodo di tempo senza aver mai stipulato un contratto di fornitura. La Corte d’Appello di Palermo aveva confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Termini Imerese, riconoscendo la responsabilità penale e, pur concedendo le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, aveva emesso una condanna alla pena di giustizia. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali.
L’Analisi della Cassazione e la nozione di furto aggravato
La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, rigettandoli tutti e dichiarando l’appello inammissibile. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni.
Il Primo Motivo: L’Attenuante del Danno di Speciale Tenuità
Il ricorrente lamentava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità. La Cassazione ha ritenuto questo motivo inammissibile, in quanto mera riproposizione di censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. I giudici di merito avevano infatti sottolineato che il prelievo di energia si era protratto per molti anni, generando consumi rilevanti e un danno economico tutt’altro che esiguo. Non si poteva, quindi, parlare di un danno di “speciale tenuità”.
Il Secondo Motivo: Le Attenuanti Generiche e la Recidiva
Il secondo motivo, relativo alla presunta violazione di legge per non aver concesso le attenuanti generiche in regime di prevalenza sulle aggravanti, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha richiamato il divieto esplicito contenuto nell’articolo 69, ultimo comma, del codice penale. Questa norma impedisce che le attenuanti generiche possano prevalere sulle aggravanti riconosciute quando l’imputato è un recidivo reiterato, come nel caso di specie. L’argomentazione del ricorrente si poneva, quindi, in palese contrasto con un dato normativo inequivocabile.
Il Terzo Motivo: La Determinazione della Pena
Anche il terzo motivo, con cui si contestava la determinazione della pena, è stato dichiarato inammissibile. I giudici di legittimità hanno osservato che la motivazione dei giudici di merito era adeguata e non illogica. La Corte d’Appello aveva infatti giustificato la sanzione inflitta sulla base dell’intensità del dolo e dell’ammontare del danno, escludendo la possibilità di un’ulteriore mitigazione del carico sanzionatorio.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda su principi consolidati del diritto processuale e penale. In primo luogo, il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità. Pertanto, non possono essere riproposte questioni di fatto già adeguatamente valutate dai giudici dei gradi precedenti, a meno che non si dimostri un vizio logico manifesto nella motivazione. In secondo luogo, la Corte ha ribadito l’inderogabilità delle norme che disciplinano il bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti, in particolare per i soggetti recidivi. Infine, la determinazione della pena è una valutazione discrezionale del giudice di merito, che non può essere sindacata in Cassazione se supportata da una motivazione congrua e logica.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame ribadisce che la commissione di un reato protratta nel tempo, come il furto aggravato di energia elettrica, difficilmente può beneficiare dell’attenuante del danno di speciale tenuità, a causa dell’accumularsi del pregiudizio economico. Inoltre, evidenzia come lo status di recidivo reiterato ponga limiti stringenti alla possibilità di ottenere un trattamento sanzionatorio più mite. La decisione finale, con la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, sancisce la definitività della condanna e l’infondatezza delle pretese del ricorrente.
Quando il danno economico in un furto può essere considerato di ‘speciale tenuità’?
Secondo la Corte, non può essere considerato tale quando il reato si protrae per un lungo periodo, come nel caso di un prelievo di energia elettrica durato anni, poiché i consumi diventano rilevanti e il danno economico tutt’altro che esiguo.
Un soggetto recidivo può ottenere che le attenuanti generiche prevalgano sulle aggravanti?
No, la Corte ha chiarito che per un soggetto recidivo reiterato, l’art. 69, ultimo comma, del codice penale vieta espressamente che le circostanze attenuanti generiche possano essere considerate prevalenti sulle aggravanti riconosciute.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile, come in questo caso, se si limita a riproporre censure già correttamente respinte nei gradi di merito, se prospetta argomentazioni in palese contrasto con la legge (manifesta infondatezza) o se contesta la valutazione sulla pena che è già sorretta da una motivazione adeguata e logica.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14182 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14182 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Termini Imerese del 1 luglio 2021 che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di furto aggravato e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e alla contestata recidiva, l’aveva condannato alla pena di giustizia;
che il primo motivo di ricorso dell’imputato, con il quale il ricorrente denunzia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, non è consentito dalla legge in sede di legittimità, perché riproduttivo di profili di censur già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni poste a base della sentenza impugnata (si veda, in particolare, pag. 4 del provvedimento impugnato in cui la Corte territoriale afferma che il COGNOME ha prelevato energia elettrica per molti anni senza alcun contratto di fornitura e, pertanto, i consumi sono assai rilevanti e il danno economico è tutt’altro che esiguo);
che il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denunzia la violazione di legge in relazione alla ritenuta impossibilità di concedere le circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza sulle riconosciute aggravanti pur in presenza di un soggetto recidivo reiterato, è manifestamente infondato, poiché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo, ostandovi il divieto di cui all’art. 69, ultimo comma, cod. pen.;
che il terzo motivo di ricorso, con cui il ricorrente si duole del vizio motivazione in relazione alla determinazione della pena, è inammissibile in quanto inerente al trattamento sanzionatorio benché sorretto da adeguata e non illogica motivazione da parte dei giudici di merito, i quali affermano che non ricorrono gli estremi per mitigare ulteriormente il carico sanzionatorio stante l’intensità del dolo e l’ammontare del danno (si veda pagina 5 del provvedimento impugnato);
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 31/01/2024.