Furto aggravato e rimozione dell’antitaccheggio: l’analisi della Cassazione
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di tentato furto aggravato, dichiarando inammissibile il ricorso dell’imputato. La decisione offre importanti chiarimenti su questioni procedurali e sostanziali, come la legittimazione a sporgere querela e la configurabilità dell’aggravante della violenza sulle cose in caso di rimozione del dispositivo antitaccheggio. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.
I Fatti del Caso: un Tentativo di Furto in un Esercizio Commerciale
Il caso trae origine da una condanna per tentato furto aggravato emessa dalla Corte d’Appello. L’imputato, non accettando la decisione, ha presentato ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su tre motivi principali: la presunta carenza di legittimazione della persona che aveva sporto la querela, l’errata applicazione delle norme sull’aggravante e sulla non punibilità per particolare tenuità del fatto, e infine la mancata esclusione della recidiva.
I Motivi del Ricorso e la Difesa dell’Imputato
La difesa dell’imputato si articolava su tre punti chiave, ciascuno volto a smontare l’impianto accusatorio confermato in appello.
Primo Motivo: la Legittimazione alla Querela
L’imputato sosteneva che la querela fosse stata presentata da un soggetto non legittimato, ovvero un dirigente della società proprietaria del punto vendita, anziché dalla responsabile diretta del negozio.
Secondo Motivo: il Furto Aggravato e la Tenuità del Fatto
Il ricorrente contestava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Inoltre, negava la sussistenza dell’aggravante della violenza sulle cose (art. 625 n. 2 c.p.), sostenendo che la semplice rimozione del dispositivo antitaccheggio non integrasse tale fattispecie.
Terzo Motivo: la Recidiva
Infine, la difesa chiedeva l’esclusione della recidiva, ritenendo che non fosse stata adeguatamente motivata la sua applicazione nel caso di specie.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e genericità dei motivi.
La Corte ha chiarito che il dirigente della società proprietaria del punto vendita era pienamente legittimato a presentare la querela, in quanto soggetto sovraordinato alla responsabile del negozio. La scelta di quest’ultima di non agire è irrilevante, una volta che la condizione di procedibilità è stata soddisfatta da un altro soggetto avente diritto.
Per quanto riguarda l’aggravante, i giudici hanno ribadito il loro orientamento consolidato: la rimozione del dispositivo antitaccheggio costituisce a tutti gli effetti una trasformazione oggettiva della merce, che viene privata di una sua componente essenziale di protezione. Tale condotta integra pienamente l’aggravante della violenza sulle cose. Di conseguenza, data la presenza di tale aggravante e le modalità della consumazione, è stata correttamente esclusa l’applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto.
Anche il motivo sulla recidiva è stato giudicato generico. La Corte ha evidenziato come la sentenza d’appello avesse correttamente giustificato la statuizione valorizzando il fatto che il reato era stato commesso mentre l’imputato era già sottoposto a una misura cautelare, violandola.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte si fondano su principi giuridici consolidati. In primo luogo, la legittimazione a sporgere querela non è esclusiva del responsabile diretto del luogo dove avviene il reato, ma si estende a figure gerarchicamente superiori all’interno della struttura societaria proprietaria. In secondo luogo, viene riaffermato con forza il principio secondo cui la manomissione di un sistema di protezione applicato alla merce, come un’etichetta antitaccheggio, non è un’azione banale, ma una vera e propria violenza sulla cosa, idonea a configurare il reato di furto aggravato. Infine, la Corte sottolinea che i motivi di ricorso devono confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, non potendo limitarsi a una generica riproposizione delle proprie tesi.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma la linea rigorosa della giurisprudenza in materia di furto aggravato. La decisione ribadisce che la violenza sulle cose non si limita alla distruzione o al danneggiamento visibile, ma include anche la manomissione di sistemi di sicurezza che privano il bene della sua protezione. Questa pronuncia serve da monito, chiarendo che anche un tentativo di furto apparentemente minore può avere conseguenze penali significative, specialmente quando vengono impiegate modalità che dimostrano una maggiore capacità a delinquere, come la rimozione di un antitaccheggio. Inoltre, il rigetto del ricorso per la sua genericità evidenzia l’importanza di formulare censure specifiche e pertinenti in sede di legittimità.
Chi è legittimato a sporgere querela per un furto avvenuto in un negozio?
La legittimazione a sporgere querela non spetta solo al responsabile diretto del punto vendita, ma anche a figure gerarchicamente superiori all’interno della società proprietaria del negozio, come un dirigente. La presentazione della querela da parte di uno di questi soggetti è sufficiente a soddisfare la condizione di procedibilità.
La rimozione dell’etichetta antitaccheggio è considerata un’aggravante di furto?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che la rimozione di un dispositivo antitaccheggio integra l’aggravante della violenza sulle cose (art. 625 n. 2 c.p.). Questa azione viene considerata una trasformazione oggettiva della merce, che viene privata di uno strumento di protezione essenziale.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti generici e manifestamente infondati. La Corte ha stabilito che le argomentazioni della difesa non si confrontavano in modo adeguato con le motivazioni della sentenza d’appello, limitandosi a riproporre censure già respinte senza elementi di novità o critiche pertinenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19310 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19310 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PERICOLO NOME NOME a LUCERA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/06/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Ancona ne ha confermato la condanna per il reato di tentato furto aggravato.
Rilevato che il primo motivo è manifestamente infondato, atteso che la Corte ha determiNOME la legittimazione alla presentazione della querela in capo al COGNOME in quanto dirigente della società proprietaria del punto vendita teatro del tentato furto e dunque soggetto sovraordiNOME alla responsabile dello stesso punto vendita, che pure era legittimata a proporla, rimanendo irrilevante che quest’ultima abbia deciso di non provvedervi una volta che la condizione di procedibilità è stata assolta da altro soggetto per l’appunto legittimato.
Rilevato che risultano generiche le doglianze proposte con il secondo motivo in merito al denegato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., posto che non viene contestata la principale ratio della decisione della Corte, ossia la ritenuta non tenue offensività del fatto in ragione delle modalità della sua consumazione. Quanto invece alla contestata configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 2 c.p., l’orientamento questa Corte è ampiamente consolidato nel senso per cui, nel caso in cui sia rimosso l’apparato antitaccheggio applicato alla merce in vendita all’interno di un esercizio commerciale ricorre la suddetta aggravante, in quanto tale condotta determina una trasformazione oggettiva della “res” che perde una componente essenziale e, sotto il profilo funzionale, è privata dello strumento di protezione (ex multis Sez. 7, n. 2067 del 02/11/2022, dep. 2023, Bellini, Rv. 283971) essendo rimasto isolato il precedente di segno diverso citato dal ricorrente. Deve dunque ritenersi che i giudici territoriali abbia correttamente ritenuto sussistere la suddetta aggravante e rimanendo irrilevante che non abbia espressamente confutato le doglianze formulate in proposito con il gravame di merito, trattandosi di censure che non tenevano conto del principio illustrato.
Rilevato che sono altrettanto generiche le doglianze articolate con il terzo motivo e relative alla mancata esclusione della recidiva, atteso che le stesse non si confrontano compiutamente con la motivazione della sentenza, la quale ha giustificato la statuizione valorizzando soprattutto il fatto che il reato sia stato commesso mentre l’imputato era sottoposto a misura cautelare e con violazione della medesima.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
estensore
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Il Presiderne (-
Così deciso il 27 marzo 2024