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Furto aggravato: ricorso inammissibile e condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato in concorso. Il ricorso è stato respinto perché considerato una mera riproposizione di argomenti già valutati in appello, in particolare riguardo all’aggravante della destrezza (art. 625 n.5 c.p.). La Corte ha confermato la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, ritenendo irrilevante l’assoluzione di un altro coimputato ai fini della sussistenza dell’aggravante.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto aggravato: quando il ricorso in Cassazione è inutile

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso per furto aggravato possa essere dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione quando si limita a riproporre questioni di fatto già ampiamente discusse e decise nei precedenti gradi di giudizio. In questo caso, la Suprema Corte ha confermato la condanna di un imputato, ribadendo principi consolidati in materia di ammissibilità del ricorso e di valutazione delle circostanze aggravanti.

I Fatti di Causa

Un individuo, condannato in primo e secondo grado per il reato di furto commesso in concorso con altre persone, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Il reato contestato era aggravato ai sensi degli articoli 110, 624-bis e 625, numeri 2 e 5, del codice penale. L’imputato, attraverso il suo difensore, ha basato il ricorso su un unico motivo: la contestazione della sussistenza dell’aggravante prevista dall’articolo 625, n. 5 c.p. (l’aver commesso il fatto con destrezza). La difesa sosteneva che le argomentazioni a supporto della condanna fossero state già presentate in appello e che la Corte territoriale non le avesse valutate correttamente.

La decisione della Corte di Cassazione sul furto aggravato

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La motivazione principale si fonda sul fatto che le censure presentate non erano altro che una richiesta di “rivisitazione in fatto del materiale probatorio”, un’attività preclusa al giudice di legittimità. La Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare le prove, ma ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero già valutato adeguatamente le prove, in particolare le dichiarazioni degli operanti che avevano visto “inequivocabilmente tre persone armeggiare intorno al compendio del furto consumato”. Secondo i giudici, questo elemento era sufficiente a identificare gli autori del reato e a ritenere integrata l’aggravante.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che la decisione dei giudici d’appello era congrua e ben motivata. Era stato dato atto che le risultanze istruttorie confermavano la dinamica del fatto e il coinvolgimento di più persone. Un punto cruciale della decisione riguarda l’assoluzione di uno dei tre imputati originari. Secondo la Cassazione, questa circostanza è “non rilevante” ai fini dell’integrazione dell’aggravante per il ricorrente. La presenza di più persone che agiscono insieme per commettere il reato è di per sé sufficiente a configurare l’aggravante, a prescindere dall’esito processuale per ciascun singolo partecipante.

Di conseguenza, in applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, l’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria, non essendo emerse ragioni per un esonero.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove. Se i motivi di ricorso si limitano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza evidenziare vizi di legittimità (come violazioni di legge o manifesta illogicità della motivazione), il ricorso sarà dichiarato inammissibile. Per i casi di furto aggravato, e in generale per tutti i reati, la decisione sottolinea che l’esistenza di un’aggravante può essere provata anche se non tutti i coimputati vengono condannati, purché emerga chiaramente dalle prove la partecipazione coordinata di più soggetti all’azione criminosa.

Un ricorso in Cassazione può essere utilizzato per chiedere una nuova valutazione delle prove?
No, la Corte di Cassazione non è un giudice di merito e non può rivalutare le prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso che chiede una mera “rivisitazione in fatto” del materiale probatorio è considerato inammissibile.

Se uno dei complici di un furto aggravato viene assolto, l’aggravante del concorso di persone decade anche per gli altri?
No, secondo la Corte, l’assoluzione di uno dei coimputati non è rilevante per escludere l’aggravante per gli altri. Ciò che conta è che sia provato che più persone abbiano partecipato all’azione criminosa, integrando così la circostanza aggravante.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria, salvo che non vi siano specifiche ragioni di esonero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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