Furto aggravato: quando si considera consumato?
Un’ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla distinzione tra furto tentato e consumato, specialmente in contesti sorvegliati. La pronuncia analizza il concetto di furto aggravato e il valore probatorio della videosorveglianza, delineando i confini applicativi delle circostanze aggravanti e della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
I Fatti del Caso
Due individui venivano condannati in primo grado e in appello per il reato di concorso in furto pluriaggravato. La condanna era stata confermata dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria. Avverso tale sentenza, gli imputati proponevano ricorso per Cassazione, articolando quattro motivi di doglianza comuni e sovrapponibili.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
I ricorrenti basavano la loro difesa su quattro punti principali:
1. Errata qualificazione del reato: Sostenevano che il reato dovesse essere qualificato come tentato furto e non consumato, a causa di un presunto monitoraggio dell’azione delittuosa.
2. Insussistenza delle aggravanti: Contestavano l’applicazione delle circostanze aggravanti della violenza sulle cose e dell’esposizione dei beni alla pubblica fede (art. 625 n. 2 e 7 c.p.), argomentando che la presenza di un sistema di videosorveglianza escludesse quest’ultima.
3. Mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p.: Lamentavano la mancata concessione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
4. Vizio nel bilanciamento delle circostanze: Criticavano il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti, ritenendolo illogico.
La Decisione della Corte sul Furto Aggravato
La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni per ciascun motivo.
Consumazione del Reato vs. Tentativo
La Corte ha respinto la tesi del furto tentato. Ha chiarito che, per configurare il tentativo, sarebbe stato necessario un monitoraggio “completo e costante” dell’azione criminale. Nel caso di specie, il monitoraggio era avvenuto in modo “del tutto accidentale, occasionale ed estemporaneo”. Questo non ha impedito agli agenti di acquisire il possesso esclusivo dei beni rubati, anche se per un breve periodo. Pertanto, il reato si è pienamente consumato nel momento in cui i beni sono stati trasferiti nel loro possesso esclusivo.
Le Circostanze Aggravanti e la Videosorveglianza
Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la presenza di un sistema di videosorveglianza non esclude l’aggravante dell’esposizione delle cose alla pubblica fede. Tali sistemi, infatti, non sono generalmente idonei a impedire immediatamente l’azione criminosa, ma servono piuttosto come ausilio per una successiva identificazione dei responsabili. Inoltre, la Corte ha precisato che l’aggravante contestata era quella della violenza sulle cose (art. 625 n. 2 c.p.) e non, come erroneamente sostenuto dai ricorrenti, quella dell’uso di mezzi fraudolenti.
L’Applicazione dell’Art. 131 bis c.p. e il Bilanciamento delle Circostanze
La Cassazione ha ritenuto il terzo motivo inammissibile in quanto i ricorrenti non si erano confrontati adeguatamente con la motivazione della sentenza d’appello. Il giudice di merito aveva correttamente escluso la particolare tenuità del fatto sulla base delle circostanze aggravanti riconosciute, del valore non irrisorio della refurtiva e della valutazione complessiva della condotta. Infine, anche il quarto motivo sul bilanciamento delle circostanze è stato dichiarato infondato, poiché tale valutazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è sorretta da una motivazione sufficiente e non illogica.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di distinguere tra un controllo preventivo costante, che può degradare il reato a tentativo, e una sorveglianza postuma o occasionale, che non impedisce la consumazione del furto. Il momento consumativo si realizza con l’impossessamento della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, anche se tale possesso dura per un tempo brevissimo. Per quanto riguarda le aggravanti, la Corte sottolinea la loro natura oggettiva: la videosorveglianza non elimina la condizione di affidamento dei beni alla pubblica fede. La decisione di rigettare la richiesta di applicazione dell’art. 131 bis c.p. è stata giustificata dalla presenza di condizioni ostative, come le aggravanti e il valore della refurtiva, che impedivano di considerare il fatto di “particolare tenuità”.
Le Conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione riafferma principi chiave in materia di furto aggravato. La semplice presenza di telecamere non è una garanzia sufficiente a escludere né la consumazione del reato né l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede. La decisione evidenzia l’importanza di una difesa tecnica che si confronti puntualmente con le motivazioni della sentenza impugnata, pena l’inammissibilità del ricorso. Infine, viene confermato che la valutazione sulla gravità del fatto e sul bilanciamento delle circostanze è prerogativa del giudice di merito, sindacabile solo in caso di manifesta illogicità.
Quando un furto si considera consumato e non solo tentato, anche in presenza di videosorveglianza?
Un furto si considera consumato quando gli autori del reato acquisiscono il possesso esclusivo dei beni sottratti, anche per un breve lasso di tempo. La mera presenza di un sistema di videosorveglianza non è sufficiente a qualificare il reato come tentato, a meno che il monitoraggio non sia così completo e costante da impedire l’acquisizione del possesso da parte dei ladri. Un controllo occasionale o accidentale non impedisce la consumazione.
La presenza di un sistema di videosorveglianza esclude l’aggravante dell’esposizione della merce alla pubblica fede nel reato di furto aggravato?
No, secondo la Corte la presenza di un sistema di videosorveglianza non esclude l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede (art. 625, n. 7 c.p.). Questo perché tali sistemi non sono idonei a impedire immediatamente l’azione criminosa, ma fungono principalmente da ausilio per la successiva identificazione degli autori del reato.
Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile la richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
La Corte ha ritenuto inammissibile la richiesta perché i ricorrenti non hanno adeguatamente contestato le motivazioni della sentenza d’appello. Il giudice di merito aveva escluso l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. sulla base di elementi ostativi quali le circostanze aggravanti riconosciute, il valore non irrisorio della refurtiva e la complessiva valutazione negativa della condotta degli imputati.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6011 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6011 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato il 19/09/1989 NOME nato il 04/05/1975
avverso la sentenza del 21/05/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono con distinti atti avverso la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria che ha confermato la condanna degli imputati per il reato di concorso in furto pluriaggravato di cui agli artt. 110, 624 e 625, comma 1, n. 2 e 7 cod. pen.
Considerato che i ricorsi, seppur distinti, si articolano in quattro motivi di doglianza comuni e dal contenuto perfettamente sovrapponibile, manifestamente infondati.
Ritenuto che, nello specifico, con riferimento al primo motivo comune con il quale i ricorrenti lamentano violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione del reato di furto come consumato e non tentato, la Corte territoriale ha ampiamente motivato, anche tramite molteplici richiami alla giurisprudenza di questa Corte, le ragioni sulle quali si fonda la sua decisione (pagg. 6/ 8), argomentando come, nel caso di specie, sia da escludersi un monitoraggio completo e costante dell’azione delittuosa che permetterebbe il configurarsi del tentativo. Il monitoraggio si realizzava, infatti, in modo del tutto accidentale, occasionale ed estemporaneo e dunque tale da far ritenere perfettamente integrato il momento consumativo del reato costituito dal trasferimento dei bene rubati nel possesso esclusivo degli agenti, essendo del tutto irrilevante sia la durata di tale possesso sia il trasferimento spaziale dei beni in un luogo differente.
Considerato che anche il secondo motivo comune, che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle circostanze aggravanti di cui all’art. 625 n. 2 e 7 cod. pen, trova adeguata motivazione nella sentenza impugnata (cfr. pagg. 10 e 11). In merito alla circostanza aggravante dell’esposizione delle cose alla pubblica fede, il giudice di merito specifica che quest’ultima, così come sostenuto anche dalla giurisprudenza di questa Corte, non è esclusa dalla presenza sul luogo di un sistema di videosorveglianza, in quanto non idoneo ad impedire immediatamente l’azione criminosa, ma solo di ausilio per una successiva identificazione degli agenti. Con riferimento all’art. 625 n. 2 cod. pen., invece, si sottolinea che ad essere contestata agli imputati è l’aggravante dell’aver agito con violenza sulle cose e non quella di aver utilizzato mezzi fraudolenti come erroneamente sostenuto dai ricorrenti.
Considerato che il terzo motivo comune, che denunzia violazione di legge e vizio di motivazione circa la mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., non si confronta con le motivazioni della sentenza impugnata laddove il giudice territoriale ha specificato che le riconosciute circostanze aggravanti di cui all’art. 625 n. 2 e 7 cod. pen. non consentono la concessione dell’invocata condizione di non punibilità. Condizioni ostative sono inoltre il valore non irrisorio della refurtiva e la complessiva valutazione della condotta degli imputati.
Considerato che il quarto motivo comune di ricorso, che contesta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al giudizio di comparazione fra opposte circostanze, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
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Così deciso il 15 gennaio 2025
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