Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14364 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14364 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/10/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La pronunzia impugnata è stata deliberata il 16 ottobre 2023 dalla Corte di appello di Messina, che, adita sia dal Procuratore generale che dall’imputato, ha riformato parzialmente la condanna in abbreviato di NOME COGNOME per il reato di furto aggravato dalla violenza sulle cose e dall’esposizione alla pubblica fede; la riforma, in accoglimento del ricorso del Procuratore generale, è consistita nel riconoscimento della recidiva di cui all’art. 99, commi 1, nn. 1 e 3 e comma 4 cod. pen., con conseguente inasprimento del trattamento sanzionatorio.
L’addebito concerne il furto, avvenuto di notte in un esercizio commerciale chiuso, di denaro ed altri oggetti, contenuti nella cassa e nelle zone circostanti; l’imputato era entrato all’interno del locale commerciale sfondando una vetrina.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia, che ha formulato tre motivi.
2.1. Il primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge quanto alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede.
Il ricorrente contesta, in particolare, l’assenza dei requisiti della necessità e della consuetudine, oltre che l’assenza di sorveglianza e controllo continuativi, che la giurisprudenza di legittimità ha individuato come parametri per ritenere che un bene sia esposto alla pubblica fede, giacché il furto è avvenuto di notte, quando l’esercizio commerciale era chiuso.
2.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche – punto della decisione affetto, in tesi, da violazione di legge e vizio di motivazione – perché la motivazione offerta dalla Corte di merito sarebbe meramente apparente e non attenta alla collaborazione prestata fin dall’inizio dal prevenuto, che aveva ammesso i fatti.
2.3. Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione di legge e vizio di motivazione quanto al riconoscimento, in appello, della recidiva, fondato solo sulla constatazione dei precedenti penali, ma privo della necessaria indicazione dell’eloquenza del nuovo reato rispetto alla capacità a delinquere del prevenuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato, nei limiti di seguito precisati.
E’ fondato, in particolare, il primo motivo di ricorso, che contesta il riconoscimento della circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede. Presupposto essenziale per la sussistenza di detta aggravante, infatti, è l’affidamento che la persona offesa nutre nei confronti della generalità laddove un bene, per necessità o consuetudine, non sia regolarmente custodito, ma abbia una collocazione che ne facilita l’apprensione da parte di terzi. Riprova che questo sia il senso dell’aggravante è la circostanza che la giurisprudenza di questa Corte esclude che essa ricorra laddove vi sia un sistema di vigilanza continuativo o altri ostacoli, che neutralizzino la facilitazione che deriva dalla collocazione del bene. Il precedente citato dalla Corte di merito (Sez. 5, n. 21911 del 17/5/2018), attiene ad una situazione diversa da quella sub iudice, vale a dire allo spogliatoio di un campo di calcio ove erano stati riposti oggetti degli atleti in quel momento impegnati in un incontro sportivo e, peraltro, il principio declinato, seguendo l’iter motivazionale della pronunzia, pare riferirsi non già alla
circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede – non investita dal ricorso – ma a quella della minorata difesa (solo per un lapsus calami non menzionata nell’enunciazione del principio stesso).
Il caso di specie è diverso, giacché i beni trafugati si trovavano in un esercizio commerciale regolarmente chiuso, per accedere al quale l’imputato ha dovuto rompere la vetrata, così neutralizzando il presidio – di natura analoga ad una porta o ad una saracinesca che garantiva la chiusura del locale e inibiva l’accesso di terzi.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, in parte qua, annullata senza rinvio, con conseguente eliminazione alla circostanza aggravante in discorso.
Il ricorso è, invece, aspecifico quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, perché continua ad addurre, come circostanza positiva pretermessa dal Giudice di merito, la confessione resa, senza tuttavia avvedersi che la Corte distrettuale ha esaminato il tema ed ha escluso che l’ammissione degli addebiti fosse meritevole di una mitigazione della pena, giacché si trattava di confessione necessitata dall’evidenza della responsabilità.
In ordine al riconoscimento della recidiva – avvenuto su impugnativa del Procuratore generale – il ricorso è infondato, dal momento che la motivazione della Corte di appello GLYPH è sufficiente a garantire lo standard motivazionale richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni Unite; i Giudici di appello, infatti, hanno evidenziato come il fatto commesso fosse sintomatico di una maggiore capacità a delinquere e di un’accresciuta pericolosità sociale del prevenuto, a fronte di un curriculum criminale che annoverava numerosi precedenti penali, anche specifici e anche più gravi di quello sub iudice, siccome commessi con violenza o minaccia alla persona.
L’accoglimento del ricorso per quanto concerne il riconoscimento della circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede impone una rivisitazione del trattamento sanzionatorio, che dovrà essere affidata alla Corte di appello, non cogliendosi, nelle sentenze di merito, elementi utili per procedervi direttamente in questa sede.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 625 n. 7 cp che elimina; annulla la medesima
sentenza quanto al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Messina. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 20/02/2024.