Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7181 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7181 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a ROMA il 15/05/2000
avverso la sentenza del 09/02/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da NOME COGNOME ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di furto aggravato dall’essere stato il fatto commesso su cosa esposta alla pubblica fede (bicicletta parcheggiata sulla pubblica via).
Rilevato che il ricorrente lamenta: 1. Violazione di legge, erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 624 cod. pen., per avere la sentenza impugnata ritenuto consumato il furto nonostante che l’azione furtiva si sia svolta sotto il controllo degli operanti e della persona offesa; 2. Violazion di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 131 bis cod. pen.; 3 Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata esclusione dell’art. 625 n. 7 cod. pen.; 4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 62 n. 4 cod. pen.; 5. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 133 bis cod. pen. per non avere la sentenza impugnata diminuito la multa irrogata alla stregua di una motivazione fondata su presupposti errati di calcolo.
Ritenuto che, in caso di c.d. “doppia conforme” affermazione di responsabilità, in base a giurisprudenza pacifica di questa Suprema Corte, la sentenza di primo grado e quella di appello formano un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico-giuridica, alla quale occorre fare riferiment per giudicare della congruità della motivazione, integrandosi vicendevolmente (Sez. 1, 22/11/1993, dep. 4/2/1994, n. 1309, COGNOME, Riv. 197250; Sez. 3, 14/2/1994, n. 4700, COGNOME, Riv. 197497; Sez. 2, 2/3/1994, n. 5112, COGNOME, Riv. 198487; Sez. 2 del 13/11/1997, n. 11220, COGNOME, Riv. 209145; Sez. 6, 20/11/2003, n. 224079).
Considerato che le sentenze di merito sono assistite da conferente apparato argonnentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa.
Considerato che le deduzioni sviluppate nel primo motivo di ricorso sono reiterative di motivi di doglianza già valutati e disattesi dalla Corte di merito co argomentazioni del tutto corrette in fatto e diritto (cfr., ex multis, Sez. 4, 13505 del 04/03/2020, Rv. 279134 – 01:”Ai fini della consumazione del delitto di furto è sufficiente che la cosa sottratta sia passata, anche per breve tempo, sotto l’autonoma disponibilità dell’agente”);
considerato, quanto al secondo motivo di ricorso, che la causa di non punibilità di cui all’art 131-bis cod. pen. è stata validamente esclusa in sentenza alla luce del rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata e dell’intensità del dolo riscontrato, elementi apprezzati con argomentare immune da incongruenze logiche e coerente con le risultanze istruttorie, tale da portare la decisione adottata in parte qua al riparo da censure prospettabili in sede di legittimità;
considerato che il terzo motivo di ricorso risulta destituito di fondamento, avendo la Corte di merito correttamente argomentato circa la sussistenza dell’aggravante della esposizione alla pubblica fede.
Ritenuto che i rilievi riguardanti la mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto, riproduttive di profili censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corrette argomentazioni giuridiche (si veda, in particolare, quanto argomentato dalla Corte territoriale nel motivare il diniego dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p., laddove evidenz come il furto abbia avuto ad oggetto una bicicletta, il cui valore non può essere considerato di entità irrisoria come richiesto dalla costante giurisprudenza di legittimità ai fini dell’applicazione della invocata attenuante).
Considerato che l’errore rilevato nella parte della sentenza in cui si afferma che la pena pecuniaria è stata determinata nel minimo edittale non è suscettibile di disarticolare l’adeguatezza della motivazione offerta dalla corte di merito in tema di trattamento sanzionatorio, avendo il collegio ritenuto comunque congrua
la pena irrogata in primo grado, la quale non si discosta in modo rilevante dal minimo edittale (Sez. 4, Sentenza n. 54966 del 20/09/2017, Rv. 271524 – 01: «Deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione da parte del giudice di merito in ordine alla misura della riduzione della pena per effetto dell’applicazione di un’attenuante, attraverso l’adozione, in sentenza, di una formula sintetica, quale “si ritiene congruo”»; Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Rv. 237402 01:«Nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod.pen., anche ove adoperi espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo»).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
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