Furto aggravato: la procedibilità d’ufficio per beni pubblici resiste alla riforma
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in tema di furto aggravato e procedibilità, chiarendo come alcune circostanze specifiche mantengano la procedibilità d’ufficio anche a seguito delle recenti riforme. La sentenza analizza il caso di un ricorso giudicato inammissibile, offrendo spunti importanti sulla corretta formulazione dei motivi di impugnazione e sulla persistente tutela dei beni destinati a pubblico servizio.
I Fatti del Caso
Un individuo, già condannato nei primi due gradi di giudizio per furto aggravato, presentava ricorso alla Corte di Cassazione. Le aggravanti contestate erano di notevole rilievo: l’aver commesso il fatto con violenza sulle cose, su beni esposti per necessità alla pubblica fede e, soprattutto, su cose destinate a un pubblico servizio. Il ricorrente sollevava diversi motivi di doglianza, tra cui la presunta carenza di motivazione della sentenza d’appello e questioni relative alla procedibilità dell’azione penale.
L’Analisi della Corte e la questione del furto aggravato e la sua procedibilità
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, dichiarandolo inammissibile sulla base di argomentazioni precise e consolidate.
Genericità dei Primi Motivi di Ricorso
I primi due motivi, con cui si lamentava un vizio di motivazione, sono stati liquidati come generici. I giudici hanno osservato che l’imputato si era limitato a riproporre le stesse questioni già sollevate in appello, senza però muovere una critica specifica e argomentata alla risposta fornita dalla Corte territoriale. Questo comportamento processuale, che si traduce in una pedissequa reiterazione di argomenti già vagliati e respinti, non assolve alla funzione tipica del ricorso per cassazione, che è quella di contestare puntualmente i vizi logico-giuridici della decisione impugnata.
Il Nodo Cruciale del Furto Aggravato e della Procedibilità d’Ufficio
Il punto centrale della decisione riguarda il terzo motivo di ricorso, relativo alla procedibilità. Il ricorrente sosteneva, implicitamente, che a seguito della riforma introdotta dal d.lgs. n. 150/2022 (la cosiddetta “Riforma Cartabia”), il reato dovesse essere procedibile a querela. La Corte ha respinto con fermezza questa tesi, definendola manifestamente infondata.
I giudici hanno chiarito che la contestazione e la sussistenza dell’aggravante del furto commesso su cose “destinate al pubblico servizio” (art. 625, n. 7, cod. pen.) sono decisive. Questa specifica circostanza, data la sua natura di offesa a un interesse che trascende quello del singolo per toccare la collettività, conserva la procedibilità di ufficio del reato. Pertanto, la modifica normativa non ha avuto alcun impatto sulla perseguibilità del delitto in questo specifico caso.
Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche l’ultimo motivo, relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche (art. 62 bis c.p.), è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha ricordato il suo orientamento consolidato secondo cui, per negare tale beneficio, è sufficiente che il giudice di merito faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi (come la gravità del fatto o la personalità dell’imputato), come correttamente avvenuto nella sentenza d’appello.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso perché i motivi erano, nel complesso, generici, manifestamente infondati e ripetitivi. La decisione si fonda su principi giurisprudenziali consolidati: un ricorso non può essere una semplice riproposizione delle difese già svolte, ma deve contenere una critica mirata e pertinente alla sentenza che si contesta. Sul piano sostanziale, la motivazione centrale risiede nell’aver riaffermato che l’aggravante legata alla destinazione pubblica dei beni rubati è sufficiente a mantenere la procedibilità d’ufficio, garantendo così una tutela penale rafforzata per i servizi essenziali alla collettività.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni. La prima, di carattere processuale, è un monito sulla necessità di formulare ricorsi specifici, evitando la mera riproposizione di argomenti già respinti. La seconda, di diritto sostanziale, conferma la solidità dell’impianto normativo a tutela dei beni pubblici. Anche in un contesto di riforme volte a deflazionare il carico giudiziario estendendo la procedibilità a querela, la gravità intrinseca di reati come il furto di beni destinati a pubblico servizio giustifica il mantenimento della procedibilità d’ufficio, a salvaguardia dell’interesse collettivo.
Quando un furto aggravato rimane procedibile d’ufficio nonostante le recenti riforme?
Un furto aggravato rimane procedibile d’ufficio quando sussiste l’aggravante del fatto commesso su cose “destinate al pubblico servizio”, come previsto dall’art. 625, n. 7, del codice penale. Secondo la Corte, questa circostanza è sufficiente a mantenere la procedibilità ex officio anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 150/2022.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se ripropone le stesse argomentazioni dell’appello?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile in questi casi perché non svolge la sua funzione tipica, che è quella di muovere una critica argomentata e specifica alla sentenza impugnata. La semplice e pedissequa reiterazione di motivi già dedotti e puntualmente disattesi dalla corte di merito rende il ricorso generico e, quindi, inammissibile.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei necessari requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20453 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20453 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a RIESI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/09/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Rilevato che l'imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Caltanissetta ne ha confermato la condanna per il delitto di furto aggravato dall'aver commesso il fatto con violenza sulle cose (art. 625, comma primo, n. 2 cod. pen.), su cose esposte per necessità alla pubblica fede (art. 625, comma primo, n. 7, terza ipotesi, cod. pen.) su cose destinate a pubblico servizio (art. 625, comma primo, n. 7, quarta ipotesi, cod. pen.);
Considerato che i primi due motivi di ricorso che deducono vizio di motivazione sono generici, versati in fatto e si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito con una congrua motivazione (pagg. 1 e 2 della sentenza impugnata), omettendo di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
Considerato che il terzo motivo di ricorso, relativo alla procedibilità a querela, è manifestamente infondato, perché risulta espressamente contestata e ritenuta l'aggravante ex art. 625, n. 7, cod. pen. del fatto commesso su cose "destinate al pubblico servizio" che conserva la procedibilità di ufficio anche dopo l'entrata in vigore del d. Igs. n. 150 del 2022;
Considerato che l'ultimo motivo di ricorso, che attiene all'applicabilità degli artt. 133 e 62 bis, cod. pen., è generico e manifestamente infondato, perché, secondo l'indirizzo consolidato della giurisprudenza, nel motivare il diniego del beneficio richiesto, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, come avvenuto nella specie (si veda pag. 2 della sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/05/2024