Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25354 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 25354 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LOCRI il 06/12/1966
avverso la sentenza del 06/03/2025 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria con la quale il difensore del ricorrente ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria, parzialmente riformando (quanto alla sola qualificazione della recidiva ed al consequenziale trattamento sanzionatorio) la sentenza del Tribunale di Locri, emessa il 6 ottobre 2023, ha confermato la responsabilità del ricorrente in ordine al reato di furto aggravato dall’uso di mezzo fraudolento di cui agli artt. 624 e 625, primo comma, n. 2) cod.pen., siccome qualificata dal Tribunale l’originaria
imputazione di truffa, per essersi appropriato di un ciclomotore della persona offesa, inizialmente indotta a ritenere con artifici e raggiri che l’imputato fosse interessato all’acquisto.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo:
violazione di legge e nullità della sentenza impugnata dovuta alla mancata notifica all’imputato del decreto di citazione a giudizio, avendo egli, con l’atto di impugnazione avverso la sentenza di primo grado, eletto domicilio presso lo studio del suo difensore di fiducia e non avendo colà ricevuto alcunché, rimanendo assente durante l’intero processo;
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto come furto aggravato anziché come truffa.
La Corte di appello non avrebbe adeguatamente valorizzato la circostanza, emersa dalle dichiarazioni della persona offesa, che costei aveva spontaneamente consegnato il motociclo di sua proprietà al ricorrente, sicché non vi sarebbe stata alcuna sottrazione ed alcun illecito impossessamento del bene da parte dell’imputato, essendosi sul punto confuso i concetti di sottrazione ed impossessamento e la loro cronologia.
Al più, sarebbe sussistente una ipotesi di truffa;
vizio della motivazione per non avere la Corte rilevato che il verbale in forma integrale della deposizione della persona offesa (al contrario di quello redatto in forma riassuntiva), non conteneva l’individuazione fotografica del ricorrente come autore del fatto, circostanza sottolineata dall’imputato al Tribunale e con apposita memoria richiamata in ricorso.
Ne conseguirebbe, in assenza di altri elementi, la mancanza di prova della identificazione del ricorrente come autore del fatto, evenienza che il Tribunale e la Corte avrebbero dovuto rilevare d’ufficio indipendentemente dalla memoria difensiva che la Corte ha ritenuto tardiva, violando principi costituzionali inerenti all’effetto devolutivo dell’appello che le imponevano di valutare a tutto campo la prova della responsabilità penale del ricorrente;
vizio della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, che il ricorrente assume essere stato solo genericamente giustificato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi manifestamente infondati.
Quanto al primo motivo, dalla lettura degli atti, resa necessaria dalla natura processuale della questione, risulta che il decreto di citazione per il giudizio di appello – atto al quale si riferisce il ricorso nonostante l’errata indicazione nell rubrica del motivo della sentenza di primo grado – era stato notificato al
ricorrente a mani proprie presso la sua residenza, circostanza idonea a superare ogni presunto vizio relativo al luogo della notificazione in presenza di elezione di domicilio.
2. In ordine al terzo motivo – che ha priorità logica rispetto al secondo, inerendo alla individuazione del ricorrente come autore del fatto – se ne deve rilevare la manifesta infondatezza.
Al di là della questione relativa alla mancata indicazione nel verbale in forma integrale dell’individuazione dell’imputato da parte della persona offesa effettuata in udienza e contenuta solo nel verbale in forma riassuntiva, il ricorso sorvola del tutto sulla circostanza decisiva, sottolineata dalla sentenza impugnata e risultante anche dal verbale di udienza del 14 ottobre 2022 redatto in forma riassuntiva, che era stato acquisito agli atti del fascicolo del dibattimento, sull’accordo delle parti, il fascicolo fotografico esibito alla vittima unitamente al verbale di individuazione fotografica dell’imputato dalla stessa effettuato in sede di indagini, pienamente utilizzabile dai giudici di merito per la prova della corretta identificazione dell’imputato quale autore del reato.
3. Quanto al secondo motivo, che inerisce alla qualificazione giuridica del fatto, la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che, in tema di reati contro il patrimonio, la differenza tra il delitto di furto aggravato dal mezzo fraudolento e quello di truffa si individua nella fase risolutiva del processo causale, che qualifica il carattere dell’offesa, cosicché integra l’ipotesi di furto, e non di truf la realizzazione da parte dell’autore di attività preparatorie finalizzate ad operare il trasferimento a sè del bene col ricorso a mezzi fraudolenti nei confronti della vittima, GLYPH quando GLYPH tra GLYPH l’atto GLYPH dispositivo GLYPH di GLYPH questa GLYPH ed GLYPH il GLYPH risultato dell’impossessamento si inserisca l’azione del predetto con carattere di usurpazione unilaterale (Sez. 5, n. 36864 del 23/10/2020, COGNOME, Rv. 280323 01; Sez. 2, n. 29567 del 27/03/2019, Rv. 276113-02, COGNOME).
Nella seconda sentenza appena citata, la Corte di cassazione aveva affrontato un caso per molti versi analogo a quello all’odierno esame, avendo ritenuto, in conformità ad ancora più risalente decisione, che correttamente i giudici di merito avessero qualificato come furto, anziché come truffa, la condotta dell’imputato il quale, dopo aver consegnato al proprietario di una motocicletta, quando questi ancora ne conservava il controllo, un assegno falso a titolo di pagamento del prezzo del concordato acquisto, nella fase finale della condotta, gli aveva sottratto il mezzo con destrezza, scappando alla guida dello stesso. (Sez. 2, n. 1109 del 1966, Rv. 103018-01).
Nel caso in esame, il ricorrente, nella fase finale della condotta, aveva sottratto la motocicletta alla vittima con destrezza, scappando alla guida del mezzo. Gli artifici erano intervenuti prima della definitiva sottrazione del bene, nella fase
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antecedente alla fuga, nella quale, tuttavia, l’imputato non aveva ancora conseguito il possesso del bene, per essere lo stesso sotto il controllo del
proprietario di esso, che si trovava presente.
Ne consegue la manifesta infondatezza del motivo in punto di diritto.
4. Il quarto motivo è generico in quanto non tiene conto che la Corte di appello, dopo aver giustificato l’applicazione della recidiva reiterata attraverso il richiamo
al numero e alla gravità dei precedenti penali del ricorrente, ha ulteriormente valutato le complessive modalità del fatto ed il danno cagionato alla vittima per
giungere ad una pena ritenuta congrua.
La motivazione è conforme ai parametri richiesti dalla giurisprudenza di legittimità.
La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità
del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è
inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero
arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, COGNOME; Sez. 3 n. 1182 del 17/10/2007 dep. 2008, Cilia, rv. 238851).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso, il 27/05/2025.