LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Furto aggravato: l’antitaccheggio non esclude reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per tentato furto aggravato in un supermercato. La Corte ha stabilito che né la vigilanza occasionale del personale né la presenza di un dispositivo antitaccheggio sulla merce sono sufficienti a escludere l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, poiché non costituiscono una custodia continua e diretta del bene.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto aggravato al supermercato: vigilanza e antitaccheggio non bastano

Il furto aggravato nei supermercati è un tema di grande attualità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti su quando si configura l’aggravante dell’esposizione della merce alla pubblica fede. La Corte ha stabilito che né la vigilanza occasionale del personale né la presenza di placche antitaccheggio sono sufficienti a escludere tale circostanza, confermando un orientamento rigoroso.

I fatti del caso

Il caso esaminato riguarda una persona accusata di tentato furto all’interno di un esercizio commerciale. L’imputata era stata notata da un addetto alle vendite, insospettito dal suo comportamento, mentre tentava di sottrarre della merce. La difesa aveva contestato l’applicazione dell’aggravante prevista dall’art. 625, n. 7 del codice penale, sostenendo che la sorveglianza, seppur casuale, e la presenza di dispositivi antitaccheggio sulla merce escludessero l’esposizione alla “pubblica fede”. Tuttavia, sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano confermato la responsabilità penale dell’imputata, ritenendo sussistente il furto aggravato.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente le decisioni dei giudici di merito. I giudici di legittimità hanno ribadito che l’aggravante in questione non viene meno per la semplice presenza di misure di sicurezza generiche o non continuative.

Le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su due principi fondamentali, consolidati nella giurisprudenza.

La natura della vigilanza nel furto aggravato

Il primo punto riguarda la sorveglianza. Per escludere l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, è necessaria una “custodia continua e diretta” sulla merce. Nel caso di specie, l’intervento dell’addetto alle vendite è stato puramente “casuale”. La Corte ha sottolineato che nei supermercati, dove vige il sistema del “self-service”, la vigilanza è intrinsecamente occasionale e a campione. Questo tipo di controllo generico, saltuario ed eventuale non è sufficiente a garantire quella protezione costante che farebbe venir meno l’affidamento alla pubblica onestà. Di conseguenza, la merce esposta sugli scaffali resta soggetta alla tutela rafforzata prevista per il furto aggravato.

L’inefficacia della placca antitaccheggio

Il secondo argomento riguarda il dispositivo antitaccheggio. Secondo la Corte, la placca antitaccheggio non assicura un controllo a distanza sulla merce. Il suo unico scopo è quello di generare un allarme acustico al passaggio dalle casse, ma non impedisce la sottrazione del bene né consente un monitoraggio in tempo reale. Pertanto, anche la presenza di tale dispositivo non elimina la condizione di esposizione alla pubblica fede, e l’aggravante rimane pienamente configurabile.

Prevalenza dell’inammissibilità sulle nuove norme

Infine, la Corte ha affrontato un’importante questione procedurale. La difesa sperava di beneficiare di una recente riforma che ha introdotto la procedibilità a querela per questo tipo di reato. Tuttavia, i giudici hanno chiarito che la declaratoria di inammissibilità del ricorso impedisce l’applicazione di normative sopravvenute più favorevoli. L’inammissibilità, infatti, cristallizza il rapporto processuale e preclude l’esame di ogni altra questione, inclusa la modifica del regime di procedibilità.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio giuridico di notevole importanza pratica. Stabilisce chiaramente che le comuni misure di sicurezza adottate nei supermercati, come la sorveglianza non continuativa e l’uso di placche antitaccheggio, non sono idonee a escludere l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede nel reato di furto. La decisione ribadisce che solo un controllo diretto e ininterrotto sulla merce può far venir meno tale circostanza, confermando un orientamento severo a tutela dei beni esposti in esercizi commerciali con modalità self-service.

La sorveglianza occasionale di un addetto alle vendite esclude l’aggravante del furto?
No. Secondo la Corte di Cassazione, per escludere l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, la vigilanza sulla merce deve essere continua e diretta. Un controllo casuale, saltuario o a campione, come quello tipico dei supermercati, non è sufficiente.

La presenza di una placca antitaccheggio su un prodotto impedisce di configurare il furto aggravato?
No. La Corte ha stabilito che il dispositivo antitaccheggio non costituisce una forma di controllo a distanza che esclude l’esposizione della merce alla pubblica fede. La sua funzione è limitata a rilevare acusticamente la merce al passaggio dalle casse, ma non impedisce l’impossessamento.

Se una nuova legge rende un reato procedibile a querela, si applica a un processo già in Cassazione?
Non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte ha affermato che la declaratoria di inammissibilità del ricorso prevale sulle modifiche normative successive. Di conseguenza, l’inammissibilità ha impedito di applicare la nuova, e più favorevole, disciplina sulla procedibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati