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Furto aggravato: la videosorveglianza non basta

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per tentato furto aggravato a due donne, stabilendo che la semplice presenza di un sistema di videosorveglianza o di una vigilanza non continuativa in un esercizio commerciale non è sufficiente a escludere l’aggravante dell’esposizione della merce alla pubblica fede. Per escluderla, è necessaria una sorveglianza costante, continuativa e tale da impedire la sottrazione dei beni. La Corte ha inoltre rigettato la richiesta di attenuanti, ritenendo l’offerta di risarcimento insufficiente e il danno non limitato al solo valore della merce.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto aggravato: la sorveglianza in negozio è sufficiente per evitare l’aggravante?

Il tema del furto aggravato all’interno degli esercizi commerciali è una questione di grande attualità. Molti ritengono che la presenza di telecamere o di personale di vigilanza possa di per sé escludere alcune aggravanti, come quella dell’esposizione della merce alla pubblica fede. Con la sentenza n. 4833 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un’importante precisazione, chiarendo i limiti entro cui la sorveglianza può effettivamente incidere sulla qualificazione giuridica del reato.

I Fatti del Caso

Due donne venivano condannate in primo e secondo grado per tentato furto aggravato, commesso all’interno di un grande magazzino dedicato al bricolage. Le imputate avevano sottratto della merce dagli scaffali, ma erano state notate e fermate dal personale di vigilanza. In sede di ricorso per Cassazione, la difesa sosteneva, tra i vari motivi, che l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede (art. 625 n. 7 c.p.) non dovesse essere applicata. La loro tesi si basava sul fatto che un addetto alla sicurezza aveva monitorato i loro movimenti in modo costante fin dall’inizio, rendendo impossibile la consumazione del furto e, di fatto, eliminando quella condizione di affidamento alla ‘fiducia pubblica’ che caratterizza l’aggravante.

L’Analisi della Corte e i Principi sul Furto Aggravato

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in tutti i suoi punti. L’analisi dei giudici offre spunti fondamentali per comprendere la corretta applicazione delle norme in materia di furto.

L’Esposizione a Pubblica Fede e la Vigilanza

Il punto centrale della decisione riguarda l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede. La Corte ha ribadito un principio consolidato: per escludere tale aggravante, non è sufficiente una sorveglianza qualsiasi, ma è necessario un controllo continuativo, costante e specificamente efficace ad impedire la sottrazione della merce. Una vigilanza solo occasionale o l’intuizione di un addetto che decide di seguire dei sospetti, per quanto diligente, non elimina la condizione di ‘pubblica fede’. La merce sugli scaffali di un supermercato o di un grande magazzino è, per sua natura, esposta alla pubblica fede, e solo un controllo equiparabile a una custodia diretta e ininterrotta può far venir meno questa condizione. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente evidenziato che la vigilanza nel negozio non era costante e continua, ma estemporanea.

Le Attenuanti del Danno e della Riparazione

La difesa aveva richiesto anche il riconoscimento di due attenuanti:
1. Danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.): Sostenendo che, essendo il furto solo tentato e la merce restituita, non vi era stato alcun danno. La Corte ha chiarito che il danno va valutato in prospettiva (quello che si sarebbe verificato se il reato fosse stato consumato) e non deve essere limitato al solo valore economico del bene, ma deve includere anche il disagio personale e organizzativo arrecato alla vittima.
2. Integrale riparazione del danno (art. 62 n. 6 c.p.): Le imputate avevano offerto 100 euro a titolo di risarcimento. Tale offerta è stata ritenuta insufficiente, sia rispetto al valore della refurtiva sia per coprire il pregiudizio non patrimoniale subito dall’azienda.

Il Calcolo della Pena per il Tentativo

Infine, la Cassazione ha respinto la censura relativa alla mancata motivazione sulla riduzione di pena per il tentativo. I giudici hanno spiegato che la pena può essere determinata con il ‘metodo sintetico’, ovvero fissata direttamente dal giudice all’interno della cornice edittale prevista per il delitto tentato, senza la necessità di un calcolo matematico esplicito (partire dalla pena per il reato consumato e poi diminuirla). L’importante è che la pena finale sia congrua e giustificata, come avvenuto nel caso in esame.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda sulla necessità di interpretare le norme in modo coerente con la loro ratio. L’aggravante dell’esposizione a pubblica fede è posta a tutela di una condizione di fiducia diffusa che permette il commercio moderno. Indebolire questa tutela equiparando una vigilanza saltuaria a una custodia costante significherebbe vanificarne lo scopo. Allo stesso modo, la valutazione del danno non può essere meramente contabile, ma deve considerare l’offesa nella sua interezza. Infine, la flessibilità nel calcolo della pena per il tentativo garantisce al giudice la possibilità di adeguarla al caso concreto, purché la sua scelta sia logicamente motivata, anche implicitamente, e contenuta nei limiti di legge.

Le Conclusioni

Questa sentenza conferma che la presenza di sistemi di sicurezza passiva (come le telecamere) o di una vigilanza non capillare e ininterrotta non è sufficiente a trasformare un furto aggravato in un furto semplice. Per i gestori di attività commerciali, ciò significa che l’investimento in sicurezza è fondamentale, ma non elimina la protezione rafforzata che la legge accorda ai beni esposti al pubblico. Per chi è accusato di tale reato, la sentenza chiarisce che per contestare l’aggravante è necessario dimostrare un livello di controllo sulla merce talmente elevato da renderne quasi impossibile la sottrazione.

Quando la sorveglianza in un negozio esclude l’aggravante del furto per esposizione a pubblica fede?
L’aggravante è esclusa solo in presenza di una sorveglianza e un controllo continuativi, costanti e specificamente efficaci a impedire la sottrazione della merce, ostacolandone la facilità di raggiungimento. Una vigilanza occasionale, anche se diligente e che porta a cogliere i ladri in flagranza, non è sufficiente.

L’attenuante del danno di speciale tenuità può essere negata anche se la merce viene subito restituita?
Sì. Nel caso di delitto tentato, l’attenuante viene valutata sulla base del danno potenziale che si sarebbe verificato se il reato fosse stato portato a compimento. Inoltre, la valutazione del danno non si limita al solo valore economico della merce, ma considera anche il ‘disagio personale e organizzativo’ causato alla persona offesa, elementi che possono portare a escludere la speciale tenuità.

Il giudice deve sempre specificare la riduzione di pena per il reato tentato?
No. Il giudice può utilizzare un metodo ‘sintetico’, determinando la pena direttamente all’interno dei limiti previsti per il delitto tentato, senza dover esplicitare il calcolo partendo dalla pena per il reato consumato e poi applicando una diminuzione. È sufficiente che la pena inflitta sia motivata, anche implicitamente, e rientri nei limiti legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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