Furto aggravato: La Videosorveglianza non Esclude l’Aggravante
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati contro il patrimonio, chiarendo la relazione tra furto aggravato videosorveglianza. La semplice presenza di telecamere di sicurezza nel luogo in cui avviene un furto non è sufficiente a escludere la circostanza aggravante delle cose esposte alla pubblica fede. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato, condannato in primo e secondo grado per due episodi di furto aggravato. La difesa contestava, in particolare, la sussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 625, n. 7, del codice penale, ovvero l’aver commesso il fatto su cose esposte per necessità o consuetudine alla pubblica fede. Secondo la tesi difensiva, la presenza di un sistema di videosorveglianza nel luogo del delitto avrebbe dovuto eliminare tale aggravante, poiché i beni non sarebbero stati, di fatto, privi di sorveglianza.
La Questione del furto aggravato e videosorveglianza
Il nodo centrale della questione giuridica sottoposta alla Corte era se un sistema di videocamere potesse essere considerato una forma di custodia talmente efficace da far venir meno l’affidamento alla “pubblica fede”. In altre parole, una telecamera equivale a un custode in carne e ossa? La difesa sosteneva che la sorveglianza elettronica, pur non essendo umana, costituisse comunque una forma di controllo che impediva di considerare i beni come semplicemente “abbandonati” all’onestà pubblica.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo “aspecifico”. L’imputato, infatti, non aveva adeguatamente criticato la motivazione della sentenza d’appello, la quale si era già conformata a un orientamento giurisprudenziale pacifico e consolidato.
I giudici hanno chiarito che il rapporto tra furto aggravato videosorveglianza è stato da tempo risolto dalla giurisprudenza. L’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede non viene esclusa dalla mera presenza di un sistema di videosorveglianza. La ragione è logica e pragmatica: una telecamera, nella maggior parte dei casi, si limita a registrare l’evento criminoso, ma non garantisce l’interruzione immediata dell’azione. Non rappresenta, quindi, una difesa attiva del bene.
L’aggravante può essere esclusa solo in presenza di una “sorveglianza specificamente efficace” che sia in grado di impedire la sottrazione del bene. Questo si verifica, ad esempio, quando vi è un operatore che monitora costantemente le immagini in tempo reale e può intervenire immediatamente o allertare le forze dell’ordine, bloccando di fatto il furto. Una sorveglianza passiva, che si limita a registrare, non offre questa garanzia.
Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un principio di estrema rilevanza pratica: installare un sistema di videosorveglianza è una misura di sicurezza utile, ma non è una panacea legale che modifica la natura del reato di furto. Per la legge, un bene esposto in un negozio o per strada rimane affidato alla pubblica fede anche se una telecamera lo riprende. Affinché la sorveglianza possa escludere l’aggravante, essa deve essere attiva, continua e capace di un intervento istantaneo, trasformandosi da mero “occhio elettronico” a vero e proprio presidio di difesa. Questa decisione serve da monito per chi crede che la tecnologia possa sostituire completamente le forme tradizionali di custodia dei beni.
La presenza di telecamere di videosorveglianza esclude automaticamente l’aggravante del furto su cose esposte alla pubblica fede?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la semplice esistenza di un sistema di videosorveglianza non esclude l’aggravante, perché tale sistema non garantisce, di per sé, l’interruzione immediata dell’azione criminale.
In quali casi la sorveglianza può escludere questa aggravante?
L’aggravante può essere esclusa solo in presenza di una sorveglianza ‘specificamente efficace’ nell’impedire la sottrazione del bene, come un controllo costante e diretto in grado di attivare un intervento immediato per bloccare il furto.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché aspecifico. L’imputato non ha contestato in modo adeguato le motivazioni della sentenza di appello, che si era già allineata a un principio giurisprudenziale consolidato e pacifico in materia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3655 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3655 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SASSARI il 17/11/1992
avverso la sentenza del 02/07/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, che ha confermato la sentenza del 10 novembre 2023 del Tribunale di Sassari che aveva affermato la penale responsabilità del, ricorrente per due episodi di furto aggravato e, concesse le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza rispetto all’aggravante e alla recidiva contestate, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia;
Rilevato che il primo e unico motivo di ricorso – con il quale il ricorrente denuncia violazione della legge penale e vizio della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante dell’aver commesso il fatto su cose esposte per necessità e consuetudine alla pubblica fede – è aspecifico in quanto il ricorrente ha mancato di confrontarsi con la motivazione della decisione avversata sul punto, che ha evidenziato l’irrilevanza della presenza del sistema di videosorveglianza, in ossequio ad un principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, che non garantisce l’interruzione immediata dell’azione criminosa, mentre soltanto una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280157; Sez. 2, n. 2724 del 26/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265808; Sez. 5, n. 35473 del 20/05/2010, Canonica, Rv. 248168; Sez. 5, n. 6682 del 08/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239095).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27 novembre 2024
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