Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37559 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37559 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/09/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
– che COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Catania in data 14 settembre 2023, che ha parzialmente riformato la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti per il delitto di cui agli artt. 110, 56, 6 124 e 625, comma 1, nn. 2 e 7 cod. pen., rideterminando la pena inflittale (fatto commesso in Misterbianco il 30 gennaio 2018);
– che l’impugnativa, sottoscritta dal difensore, consta di quattro motivi;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il primo motivo, che denuncia vizio di violazione di legge per difetto di condizione d procedibilità del reato, per essere stata sporta la querela da soggetto non leg ttimato, ossia da persona della quale non era stata accertata con sicurezza la qualifica di responsabile del punto vendita attinto dall’azione predatoria, è generico e manifestamente infondato, posto che la Corte d’Appello ha riconosciuto la validità della querela in quanto presentata da «soggetto titolare della detenzione qualificata della cosa sottratta» (vedasi pag. 2 della sentenza impugnata): ciò in conformità al diritto vivente, secondo cui:«Il bene giuridico protetto dal delitto di fu individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali personali o di godimento, ma anche n possesso – inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità – che configura anche in assenza di un titolo giuridico e persino quando esso si costituisce in modo clandestino o illecito, con la conseguenza che anche al titolare di tale posizione di fatto spetta qualifica di persona offesa e, di conseguenza, la legittimazione a proporre querela» (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 255975);
– che il secondo motivo, che articola doglianze avverso il diniego delle circotanze attenuanti generiche, oltre che replicare senza alcun elemento di effettiva novità i rilievi articolati c motivi di gravame, pur correttamente e congruamente disattesi dal giudice di appello, prospetta questione non consentita nel giudizio di legittimità e, comunque, manifestamente infondata, posto che, alla stregua del pluriennale insegnamento impartito da questa Core, nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549 Sez. 1, n. 3772 del 11/01/1994, Rv. 196880), come nel caso che occupa (vedasi pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata, in cui il giudice di merito ha valorizzato l’assenza di indici meritevolezza del beneficio richiesto, desumibili sia dal giudizio sulla personalità dell’imputa sia dal comportamento processuale tenuto – avendo la prevenuta ammesso l’addebito solo perché gli elementi fattuali a suo carico, già presenti in atti, erano tali da non consentirl negare la sua responsabilità -, sia dalle modalità di commissione del fatto);
– che il terzo motivo, che denuncia la violazione dell’art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., è generico e manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale fatto corretta applicazione dell’ormai pacifico principio di diritto secondo cui integra il reato di furto aggra dall’esposizione della cosa alla pubblica fede la sottrazione, all’interno di un eserciz commerciale, di prodotti dotati di placca antitaccheggio, in quanto tale dOositivo, se non disperso prima del passaggio alle casse, consente la mera rilevazione acu$tica della merce occultata al varco, ma non assicura la possibilità di controllo a distanza che esc ude l’esposizione della merce alla pubblica fede (Sez. 5, n. 17 del 21/11/2019, dep. 2020, Rv. 2 . 8383; Sez. 5, n. 21158 del 30/11/2016, dep. 2017, Rv. 269923; Sez. 5, n. 4036 del 26/11/2015, dep. 2016, Rv. 267564; Sez. 5, n. 6168 del 16/10/2015, dep. 2016, Rv. 266071; Sez. 5, n. 47570 del 23/09/2015, Rv. 265913; Sez. 5, n. 435 del 30/06/2015, dep. 2016, Rv. 265586) (vedasi pag. 3 della sentenza impugnata);
che il quarto motivo, che denuncia la violazione dell’art. 62 n. 4 cod. pen. e il viz’o di motivazione, è affetto da conclamata genericità, poiché le deduzioni, sviluppate per avversare il diniego di riconoscimento della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, risultano prive di critica realmente argomentata alle ragioni ostese dal giudice di merito a sostegno del diniego censurato, che si è attenuto al pacifico principio di diritto secondo cyi la concession dell’attenuante ex art. 62 n. 4 cod. pen. presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offe abbia subìto in conseguenza della sottrazione della “res”, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato (Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Rv. 269241) (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,100 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’11 settembre 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente