Furto aggravato: quando lasciare oggetti in auto è esposizione a pubblica fede?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21483/2024, è tornata a pronunciarsi sul tema del furto aggravato, offrendo chiarimenti cruciali sulla configurabilità dell’aggravante dell’esposizione a pubblica fede. Il caso analizzato riguarda la sottrazione di un portafoglio da un’autovettura lasciata momentaneamente incustodita a causa di un sinistro stradale. La decisione sottolinea come anche le necessità della vita quotidiana possano giustificare l’applicazione di tale aggravante.
I Fatti: Il Furto Durante un Sinistro Stradale
Il caso ha origine dalla condanna di un uomo per il reato di furto, aggravato ai sensi degli articoli 625, nn. 4 e 7, e 61, n. 5 del codice penale. L’imputato si era impossessato di un portafoglio, contenente documenti e una somma di 1.450,00 Euro, sottraendolo dalla borsa della persona offesa. La borsa era stata lasciata momentaneamente incustodita all’interno di un’autovettura coinvolta in un incidente stradale. La condanna, emessa dal Tribunale di Arezzo e confermata dalla Corte d’Appello di Firenze, prevedeva una pena di un anno e quattro mesi di reclusione.
I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione
L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Vizio di motivazione: Contestava la ricostruzione dei fatti e la sua individuazione come autore del reato.
2. Erronea applicazione della legge penale: Sosteneva l’insussistenza delle circostanze aggravanti contestate, in particolare quella dell’esposizione a pubblica fede e della destrezza.
3. Difetto di procedibilità: Lamentava un presunto difetto della querela, condizione necessaria per procedere.
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile nel suo complesso, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che il primo motivo si traduceva in una richiesta di rivalutazione del merito, non consentita in sede di legittimità. Anche il secondo e il terzo motivo sono stati respinti, con argomentazioni precise sulle aggravanti contestate.
L’analisi del furto aggravato: Destrezza ed Esposizione a Pubblica Fede
La Corte ha colto l’occasione per ribadire e consolidare importanti principi di diritto in materia di furto aggravato.
L’aggravante dell’esposizione a pubblica fede per necessità
Il punto centrale della decisione riguarda l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7, c.p. (cose esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede). La difesa sosteneva che la situazione non rientrasse in questa fattispecie. La Cassazione ha dissentito, affermando che la nozione di “necessità” non è un concetto assoluto, ma va valutata in relazione al caso concreto. Essa non comprende solo i beni esposti per consuetudine (come la merce fuori da un negozio), ma anche quelli che si trovano in tale condizione per “impellenti bisogni della vita quotidiana”.
Nel caso specifico, la persona offesa era stata costretta a lasciare la borsa incustodita in auto per gestire le conseguenze immediate del sinistro stradale. Questa situazione di necessità ha reso inevitabile l’esposizione del bene alla pubblica fede, legittimando pienamente l’applicazione dell’aggravante.
L’aggravante della destrezza
Per quanto riguarda l’aggravante della destrezza (art. 625, n. 4, c.p.), la Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito. Tale aggravante sussiste quando l’agente pone in essere accorgimenti e manovre che, andando oltre la semplice azione predatoria, sono idonei a sorprendere la vigilanza della persona offesa, approfittando di un momento di distrazione.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità evidenziando come i motivi del ricorso non presentassero reali vizi di legittimità, ma mirassero a ottenere una nuova valutazione delle prove, preclusa in questa sede. I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva fornito una risposta congrua e logicamente corretta a tutte le doglianze, incluse quelle relative alle aggravanti. La motivazione della sentenza impugnata è stata ritenuta immune da vizi, in quanto ha spiegato in modo esauriente perché le circostanze del furto, avvenuto approfittando della confusione di un incidente, integrassero sia l’esposizione a pubblica fede per necessità sia la destrezza. Infine, la questione sulla procedibilità è stata liquidata come manifestamente infondata, poiché la querela risultava regolarmente presentata agli atti.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale estensivo riguardo all’aggravante dell’esposizione a pubblica fede. La decisione chiarisce che la tutela penale rafforzata non si limita ai beni esposti per abitudine o destinazione commerciale, ma si estende a tutte quelle situazioni in cui le contingenze della vita, anche improvvise e temporanee come un incidente, costringono una persona ad allentare la custodia sui propri averi. Questa interpretazione ha importanti implicazioni pratiche: riconosce una maggiore protezione alle vittime di furti opportunistici, commessi approfittando di momenti di vulnerabilità e distrazione forzata.
Lasciare una borsa in auto incustodita durante un incidente configura l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la necessità di gestire le conseguenze di un sinistro stradale è un ‘impellente bisogno della vita quotidiana’ che costringe a lasciare i beni incustoditi. Tale situazione integra pienamente i requisiti dell’aggravante dell’esposizione a pubblica fede nel reato di furto.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e l’identificazione del colpevole?
No. Il ricorso per Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Corte può solo valutare se i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e se la loro motivazione sia logica e non contraddittoria. Non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del tribunale o della corte d’appello.
In cosa consiste l’aggravante della destrezza nel furto?
L’aggravante della destrezza si configura quando l’autore del furto utilizza una particolare abilità, agilità o astuzia che va oltre la semplice azione di sottrarre il bene. Consiste nel porre in essere accorgimenti idonei a eludere o sorprendere la vigilanza della persona offesa, approfittando di un suo momento di distrazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21483 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21483 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FIGLINE E INCISA VALDARNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/09/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
Con sentenza in data 13.9.2022 la Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Arezzo aveva ritenuto COGNOME NOME colpevole del reato di cui all’art. 624, 625 nn. 4 e 7 cod.pen. e 61 n. 5 cod.pen. ( per essersi impossessato del portafoglio contenente la carta di identità e la somma di denaro di Euro 1450,00 sottraendolo all’interno della borsa della p.o. lasciata momentaneamente incustodita all’interno dell’autovettura coinvolta in un sinistro stradale) condannandolo alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione.
Avverso detta sentenza l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Con il primo deduce ex art. 606 lett. e) cod.proc.pen. la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza della fattispecie contestata e/o alla corretta e certa individuazione dell’autore del reato e la mancata valutazione di una prova decisiva nonostante le censure specifiche di cui all’atto di appello.
Con il secondo motivo deduce ex art. 606 lett. b) cod.proc.pen. l’inosservanza e/o l’erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 625 nn. 4 e 7 e 61 n. 5 cod.pen. e ex art. 606 lett. e) cod.proc.pen. la carenza della motivazione in relazione alla sussistenza di ciascuna circostanza e della circostanza ex art. 61 n. 5 cod.pen. in particolare.
Con il terzo motivo deduce ex art. 606 lett. c) e d) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 120, 124 e 624 cod.pen.e 337 cod.proc.pen. e 620 lett. a) cod.proc.pen. l’annullamento della sentenza per sopravvenuto difetto della condizione di procedibilità.
La difesa dell’imputato ha depositato memoria difensiva.
Il ricorso é nel complesso manifestamente infondato.
Il primo motivo é inammissibile in quanto sotto l’egida del vizio di motivazione si traduce nella richiesta di rivisitazione del compendio probatorio, non consentito in questa sede.
Il secondo motivo é inammissibile riguardando la medesima doglianza già proposta in sede di appello cui la Corte di merito ha dato congrua risposta.
Ed invero, quanto alla ricorrenza dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod.pen., va rilevato che la nozione di “necessità” dell’esposizione alla pubblica fede non riconnprende soltanto i beni esposti per destinazione o consuetudine, ma anche quei beni che in tale condizione si trovino in ragione di impellenti bisogni della vita quotidiana ai quali l’offeso è chiamato a far fronte (Sez. 2, n. 33557 del
22/06/2016, COGNOME, Rv. 267504, in fattispecie peculiare riguardante il furto di un portafogli lasciato in un furgone con la portiera aperta, parcheggiato al fianco di una barca nella quale la persona offesa effettuava le pulizie, al fine di permettere il diretto collegamento delle apparecchiature necessarie, all’imbarcazione medesima). La nozione di necessità non è un concetto assoluto, ma da valutare volta per volta in relazione al caso concreto. La destinazione è quella che si evince o dalla destinazione naturale della res o, al limite, dall’utilizzo cui medesima viene destinata al fine di fornire all’uomo l’autentica utilità della quale è capace, circostanza che nella specie é stata correttamente valutata.
Quanto all’aggravante di cui all’art. 625 n. 4 cod.pen.’correttamente la sentenza impugnata ne ha ritenuto la ricorrenza atteso che l’agente ha posto in essere accorgimenti ulteriori rispetto a quanto essenziale al compimento dell’azione predatoria e idonei a sorprendere la vigilanza della persona offesa.
Il terzo motivo é manifestamente infondato stante la rilevata proposizione della querela che risulta agli atti.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna del jo ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna jl ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17.4.2024