Furto Aggravato: Quando la Motivazione del Giudice Rende il Ricorso Inammissibile
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti del ricorso per furto aggravato, specialmente riguardo la valutazione delle circostanze e la motivazione della sentenza. Questo caso dimostra come una motivazione logica e coerente da parte del giudice di merito possa rendere un ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
I Fatti del Caso
Una donna veniva condannata in primo e secondo grado per il reato di furto aggravato. Le aggravanti contestate erano la recidiva e l’aver commesso il fatto su cose esposte per necessità o consuetudine alla pubblica fede, come previsto dall’articolo 625 n. 7 del codice penale. L’imputata decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di contestazione.
In primo luogo, contestava la sussistenza stessa dell’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello. In secondo luogo, criticava il trattamento sanzionatorio, in particolare la decisione dei giudici di merito di considerare equivalenti le attenuanti generiche concesse e le aggravanti contestate, anziché far prevalere le prime.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi manifestamente infondati. Con questa decisione, la Cassazione ha non solo confermato la condanna, ma ha anche condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Analisi del Furto Aggravato e Vizio di Motivazione
Il primo motivo di ricorso è stato respinto perché, secondo la Corte, la motivazione della sentenza impugnata non presentava alcun vizio logico. I giudici di legittimità hanno ribadito che il vizio di motivazione censurabile in Cassazione è solo quello che emerge da un palese contrasto tra lo sviluppo argomentativo della sentenza e le massime di esperienza o altre affermazioni contenute nel provvedimento stesso. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva esplicitato in modo chiaro e logico le ragioni per cui riteneva sussistente l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, allineandosi alla giurisprudenza consolidata.
Il Bilanciamento delle Circostanze: i Limiti del Sindacato di Legittimità
Anche il secondo motivo, relativo al bilanciamento delle circostanze, è stato giudicato infondato. La Cassazione ha ricordato che il giudizio di comparazione tra circostanze di segno opposto (attenuanti contro aggravanti) costituisce una valutazione discrezionale tipica del giudice di merito. Tale valutazione non può essere messa in discussione in sede di legittimità, a meno che non sia il risultato di un ragionamento palesemente illogico o arbitrario. Nel caso concreto, la scelta di dichiarare l’equivalenza tra le circostanze era stata supportata da una motivazione sufficiente, in quanto ritenuta la soluzione più idonea a garantire l’adeguatezza della pena. A supporto, viene citata una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 10713/2010).
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri del diritto processuale penale. Il primo è la distinzione tra il giudizio di fatto, riservato ai tribunali di merito, e il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione. La Suprema Corte non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Se la motivazione del giudice di merito è esente da vizi logici e giuridici, come in questo caso, il ricorso non può trovare accoglimento.
Il secondo pilastro è la natura della valutazione discrezionale del giudice nel determinare la pena. Il bilanciamento delle circostanze è uno degli strumenti più importanti per adeguare la sanzione al caso concreto. La Cassazione interviene solo in casi eccezionali di manifesta irragionevolezza, rispettando l’autonomia valutativa del giudice che ha esaminato direttamente il caso.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: un ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Per contestare la ricostruzione dei fatti o le valutazioni discrezionali del giudice, è necessario dimostrare un vizio logico grave e manifesto nella motivazione della sentenza. In assenza di ciò, e in particolare quando si contesta un furto aggravato la cui esistenza è stata argomentata in modo coerente, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con le conseguenti sanzioni economiche per il ricorrente.
Cosa si intende per furto aggravato da esposizione alla pubblica fede?
Si tratta di un furto commesso su oggetti che si trovano in luoghi pubblici o aperti al pubblico e non sono sotto la custodia diretta di una persona, ma sono affidati alla fiducia e al rispetto collettivo. La sentenza conferma che se il giudice motiva logicamente la sussistenza di questa condizione, la valutazione è corretta.
La Corte di Cassazione può modificare la pena decisa dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può ricalcolare la pena. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. La valutazione su quali circostanze (attenuanti o aggravanti) debbano prevalere, o se debbano essere considerate equivalenti, è una decisione discrezionale del giudice di merito, sindacabile solo se palesemente illogica o arbitraria.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, come stabilito in questa ordinanza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6004 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6004 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il 03/07/1983
avverso la sentenza del 08/05/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro che ha confermato la condanna dell’imputata per il reato di furto aggravato di cui agli artt. 99, 624 e 625 n.7 cod. pen.
Considerato che il primo motivo con cui la ricorrente denunzia violazione di legge e contestuale vizio di motivazione in relazione alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 625 n.7 cod. pen., è manifestamente infondato poiché il vizio censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quello che emerge dal contrasto dello sviluppo argomentativo della sentenza con le massime di esperienza o con le altre affermazioni contenute nel provvedimento.
La motivazione della sentenza impugnata non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 2, lett. e) cod. proc. pen., dal momento che, con motivazione in fatto esente dai descritti vizi logici, il giudice di merito ha esplicitato le ragioni del suo convincimento circa il corretto riconoscimento dell’aggravante dell’esposizione delle cose alla pubblica fede (cfr. pag. 1 con espresso richiamo alla giurisprudenza di questa Corte).
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio e alla mancata prevalenza della già concesse attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sulla contestata aggravante e sulla recidiva è manifestamente infondato dal momento che il giudizio di comparazione fra opposte circostanze implica una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.