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Furto aggravato e videosorveglianza: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato. La Corte ha stabilito che la semplice presenza di un sistema di videosorveglianza non è sufficiente a escludere l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, poiché tale sistema aiuta a identificare i colpevoli dopo il fatto, ma non impedisce la consumazione del reato. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Aggravato e Videosorveglianza: Le Telecamere Escludono l’Aggravante?

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione affronta una questione sempre più attuale nell’era della sorveglianza diffusa: la presenza di telecamere a circuito chiuso può influire sulla qualificazione giuridica di un reato come il furto aggravato? In particolare, un sistema di videosorveglianza è sufficiente a far venir meno l’aggravante dell’esposizione della merce alla “pubblica fede”? L’ordinanza in esame offre una risposta chiara e precisa, consolidando un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica.

I Fatti del Caso

Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte di Appello di Torino. L’imputato era stato condannato per un reato di furto, e la condanna includeva un’aggravante specifica prevista dall’articolo 625 del codice penale: l’aver commesso il fatto su cose esposte per necessità o per consuetudine alla pubblica fede. La difesa del ricorrente, con ogni probabilità, sosteneva che la presenza di un sistema di videosorveglianza nel luogo del delitto avrebbe dovuto escludere tale aggravante, in quanto la merce non poteva considerarsi completamente incustodita.

La Decisione della Corte di Cassazione sul furto aggravato

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 4 giugno 2025, ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La Corte non è entrata nel merito della vicenda, poiché ha ritenuto che le motivazioni del ricorso non fossero idonee a mettere in discussione la sentenza d’appello. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha giustificato l’inammissibilità. I giudici hanno richiamato un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità (citando la sentenza Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020). Secondo questo orientamento, l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede non viene meno per la semplice esistenza di un sistema di videosorveglianza.

La Corte chiarisce la funzione di tali sistemi: essi sono un “mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato”. In altre parole, le telecamere sono utili per le indagini dopo che il crimine è stato commesso, ma non sono, di per sé, uno strumento idoneo a garantire “l’interruzione immediata dell’azione criminosa”.

Perché l’aggravante possa essere esclusa, è necessaria una sorveglianza “specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene”. Questo significa che solo un sistema di controllo attivo e costante, in grado di intervenire tempestivamente per bloccare il furto, potrebbe far venir meno l’affidamento alla pubblica fede. Un sistema passivo, che si limita a registrare, non è sufficiente.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La pronuncia conferma un principio fondamentale: la tecnologia di sorveglianza passiva non equivale a una custodia attiva e continua. Per i commercianti e i proprietari di beni, ciò significa che l’installazione di telecamere, pur essendo un utile deterrente e un fondamentale strumento investigativo, non modifica la natura del rischio a cui i beni sono esposti. Dal punto di vista giuridico, chi commette un furto in un’area videosorvegliata continuerà a rispondere del reato di furto aggravato dall’esposizione alla pubblica fede, con le conseguenti pene più severe. La decisione rafforza la tutela dei beni lasciati in luoghi accessibili al pubblico, sottolineando che la fiducia della collettività non può essere sostituita da un occhio elettronico che si limita a registrare.

La presenza di un sistema di videosorveglianza esclude automaticamente l’aggravante del furto per esposizione alla pubblica fede?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la presenza di telecamere non esclude l’aggravante, in quanto costituisce un mero strumento di ausilio per l’identificazione successiva dei colpevoli e non è idonea a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa.

Quale tipo di sorveglianza è necessario per escludere l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede?
Per escludere l’aggravante è necessaria una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene. Ciò implica un controllo attivo e costante, capace di intervenire e bloccare il furto mentre si sta compiendo, non una semplice registrazione passiva degli eventi.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte non esamina il merito del ricorso. In ambito penale, questo determina la conferma della sentenza impugnata e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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