Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29605 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29605 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NICOTERA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MELITO DI PORTO SALVO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SAN MARZANO SUL SARNO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SCAFATI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CASOLA DI NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/09/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, il quale ha chiesto pronunciarsi il rigetto dei ricorsi presentati nell’interesse di COGNOME, COGNOME e COGNOME e l’inammissibilità dei ricorsi presentati nell’interesse di COGNOME, COGNOME, COGNOME.
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 13 settembre 2023, la Corte d’appello di Milano ha confermato -per quanto di rilievo in questa sede- la decisione del Tribunale di Pavia, che ha dichiarato responsabili i seguenti imputati, condannandoli alle pene ritenute di giustizia, per i reati di seguito indicati:
NOME COGNOME, per il concorso (insieme a NOME COGNOME e altri imputati, non ricorrenti) nel delitto di cui all’art. 648 cod. pen., per aver acquistato o comunque ricevuto beni, analiticamente indicati nel capo C) della rubrica, provento di furti.
NOME COGNOME, per il concorso nei delitti di cui agli artt. 624, 625, primo comma, n. 2, 61, primo comma, nn.7 e 11, cod. pen., per essersi impossessato delle merci stipate in un container, per un valore di circa euro 230.000, dopo aver affidato le stesse, a seguito di vari sub-appalti a catena, a un terzo (imputato non ricorrente), il quale portava il container nel magazzino di Bornasco (Pavia) gestito dal COGNOME stesso, ove avveniva il furto (capo A); nonché di dieci imbarcazioni a vela appartenenti alla società RAGIONE_SOCIALE, affidate per il trasporto alla RAGIONE_SOCIALE, per conto della quale gli accordi erano stati conclusi dal coimputato COGNOME; dette merci erano portate al magazzino di Bornasco (Pavia) gestito dal COGNOME, ove avveniva il furto (capo B); per i furti, eseguiti con modalità consimili, di cui al capo D).
NOME COGNOME, per il concorso nei delitti di cui agli artt. 624, 625, primo comma, n. 2, 61, primo comma, nn.7 e 11, cod. pen. (per essersi impossessato, in varie occasioni, delle merci indicate nei capi B, v. supra), D, DI.), D2) quale referente della società RAGIONE_SOCIALE), e dell’art. 648 cod. pen., per aver ricevuto e/o occultato beni (analiticamente indicati nei capi E) e G) della rubrica, appartenenti alle società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, provento di diversi furti.
NOME COGNOME, per il concorso nel delitto di cui all’art. 624, aggravato ai sensi dell’art. 625, primo comma, n. 2 e 61, primo comma, nn. 7 e 11, cod. perì., per essersi impossessato, in più occasioni, di beni, analiticamente indicati nei capi D) e D2), appartenenti, tra le altre società, alla RAGIONE_SOCIALE.
NOME COGNOME, per il concorso nei delitti di cui agli artt. 624, 625, primo comma, n. 2, 61, nn. 7 e 11, cod. pen., per essersi impossessato di beni, analiticamente descritti al capo G), appartenenti alla RAGIONE_SOCIALE, e all’art. 648 cod. pen., per aver acquistato o comunque ricevuto beni, analiticamente indicati nel capo E) della rubrica, provento di furti.
NOME COGNOME, per il concorso nel delitto di cui all’art. 624, aggravato ai sensi dell’art. 625, primo comma, n. 2, 61, primo comma, n. 7 e 11, cod. pen., per essersi impossessato di beni, analiticamente descritti al capo D1).
1.1. Secondo la prospettazione accusatoria, condivisa dai giudici di merito, i numerosi furti di cui in rubrica, e le correlate condotte di ricettazione, hanno avuto luogo in Bornasco (Pv), tra l’aprile e l’agosto del 2015, presso un capannone risultato in uso all’imputato NOME COGNOME– all’interno del quale alcuni container -diretti verso vari porti di destinazione- venivano svuotati del carico di merci. Le porte dei container venivano staccate dai perni, senza che i sigilli risultassero intaccati, per poi essere rimontate successivamente allo svuotamento delle merci; i container venivano poi riempiti di bocce d’acqua in modo che, al controllo della dogana portuale, il loro peso risultasse eguale a quello originariamente indicato
dalle ditte proprietarie delle merci.
Nell’interesse degli imputati è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod proc. pen.
3. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
3.1 Con il primo motivo, si duole di violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione agli artt. 648 cod. pen, 27 Cost., per avere la Corte territoriale travisato il compendio probatorio, con particolare riferimento ai contenuti delle intercettazioni telefoniche (dalle quali, peraltro, emergeva il riferimento a merci diverse da quelle indicate nel capo d’imputazione C) e il dato della mera presenza dell’imputato nel capannone di Bornasco nel momento della perquisizione. Il nesso tra l’imQutato e il capannone oggetto di perquisizione era stato escluso finanche dal giudice di primo grado. Nel valorizzare unicamente i profili indicati, la Corte d’appello avrebbe trascurato di valutare il complesso degli elementi emersi in sede istruttoria, affermando la responsabilità dell’imputato in violazione del canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
3.2 Col secondo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 114 cod. pen., All’eccezione puntualmente dedotta con atto di appello, tesa a dimostrare l’irrilevanza dell’apporto del COGNOME all’azione delittuosa, la Corte d’appello ha replicato con un’erronea applicazione al caso di specie dei principi giurisprudenziali in tema di efficacia causale del contributo prestato dal ricorrente all’azione rispetto all’evento, altresì trascurando di valutare l’insieme degli elementi, emersi in sede istruttoria, che avrebbero potuto dimostrare l’estraneità del ricorrente alla condotta delittuosa.
3.3 Col terzo motivo, si eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli art. 133 cod. pen. e 27 Cost., per avere la Corte territoriale inflitto una pena eccessiva sia rispetto alla gravità della condotta ascritta sia con riguardo all’effettiva capacità di delinquere dell’imputato.
3.4 Col quarto motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione (con riferimento all’art. 56 bis I. 689 del 1981 e all’art. 20 bis cod. pen.), per avere la Corte negato l’applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, riferendosi, con motivazione illogica, a circostanze non decisive (quali la necessità di un progetto di rieducazione più articolato rispetto a quello sotteso al lavoro di pubblica utilità).
4. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
4.1 L’unico motivo ha a oggetto violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla qualificazione degli ascritti reati (sub capi A, B, ed F della rubrica) nei termini di furto aggravato, anziché nella fattispecie di appropriazione indebita. Osserva la difesa che, se nel reato di furto è previsto che si sottragga un oggetto da altri posseduto, nel reato previsto dall’art. 646 cod. pen., l’agente è già nel possesso del bene di cui si appropria. Tale è il caso che ricorre nella fattispecie in esame, posto che il ricorrente, nella qualità di autotrasportatore, era già in possesso della cosa altrui, avendone la completa signoria sulla base di contratti di trasporto.
La motivazione sarebbe illogica avendo la Corte territoriale identificato l’imputato quale detentore dei beni mobili oggetto dei fatti di reato, ciò che implica che egli non abbia dovuto anche impossessarsene, per poi qualificare contraddittoriamente la condotta nei termini di furto.
5. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
5.1 II primo motivo ha a oggetto violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento all’art. 85 del d. Igs. 150/2022, per non avere la Corte d’appello rilevato il difetto di procedibilità dell’azione penale in mancanza di valida querela per i reati di cui ai capi B), D1), D2) e G).
Più in particolare, per i delitti di cui ai capi B), D1 e D2), la difesa sottolinea sia il difetto di legittimazione a sporgere querela -per il delitto di cui al capo B)del COGNOME (mero vettore delle merci) sia la mancata, successiva denunciaquerela da parte degli effettivi proprietari delle merci (società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE) per il delitto di cui al capo d2). Con riferimento al delitto di cui al capo b), la difesa sottolinea altresì il difetto del contenuto formale della querela.
Medesimi rilievi vengono sollevati per il reato di cui al capo G): in tal caso, la denuncia è stata presentata da soggetto privo di legittimazione (COGNOME), anziché dalla presunta persona offesa (i proprietari delle merci Polaroid).
5.2 Col secondo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla qualificazione dell’ascritto reato nei termini di furto aggravato, anziché in quelli di appropriazione indebita. Osserva la difesa che la condotta posta in essere dal COGNOME è quella tipicamente prevista dalla fattispecie prevista dall’art. 646 cod. pen., avendo avuto il ricorrente la previa disponibilità delle cose mobili altrui, proprio in ragione delle mansioni da lui svolte.
6.2 Col secondo motivo, si lamenta violazione di legge in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, malgrado 1) l’imputato fosse incensurato; 2) l’occasionalità del fatto 3) il lasso di tempo trascorso senza commettere altri reati. Inoltre, l’utilizzo del proprio mezzo per commettere l’ipotizzato furto denoterebbe mancanza di scaltrezza e d’attitudine a delinquere, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici d’appello.
6.3 Col terzo e quarto motivo, si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione agli artt. 545 bis del codice di rito e 56 bis I. 689 del 1981, per avere la Corte mancato d’instaurare il contraddittorio e la fissazione dell’udienza prevista dall’art. 545 bis del codice di rito, pur a fronte della richiesta
di applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità. Con motivazione illogica, oltre che errata in punto di diritto, la Corte ha negato l’applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, riferendosi a circostanze non decisive (quali la necessità di un progetto di rieducazione più articolato rispetto a quello sotteso al lavoro di pubblica utilità) e ritenendo che il difensore avesse omesso ogni informazione in merito all’attuale stile di vita lavorativo e familiare- dell’imputato. Con ciò, la Corte d’appello avrebbe ignorato il portato dell’art. 56 bis I. 689 del 1981.
7. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
7.1 Con il primo motivo, si duole di violazione di legge, per avere la Corte territoriale omesso di pronunciare declaratoria di improcedibilità dell’azione penale, in riferimento al reato di cui al capo G) dell’imputazione, in mancanza di valida querela, nonché vizio di motivazione in relazione all’eccezione di difetto di querela, ritualmente sollevata all’udienza del giudizio d’appello del 10 luglio 2023. Agli atti risulta una denuncia querela presentata, in data 3 agosto 2015, da NOME COGNOME, soggetto privo di poteri rappresentativi della ditta RAGIONE_SOCIALE, come può evincersi dalla misura della C.c.i.a.a. di Cuneo; né il RAGIONE_SOCIALE ha specificato di essere il legale rappresentante della ditta RAGIONE_SOCIALE. Alcuna ulteriore denuncia-querela, nemmeno successivamente all’entrata in vigore del d. Igs. 150/2022, è mai stata sporta dalla presunta persona offesa COGNOME. Dal che discenderebbe la violazione degli artt. 337, comma 1, 333, comma 2, 337, comma 3, cod. proc. pen.
Peraltro, dalla rappresentazione dei fatti offerta dal COGNOME nell’atto di denuncia, risulta che le cose mobili siano state sottratte non già alla RAGIONE_SOCIALE, bensì alla RAGIONE_SOCIALE, di talché la condotta furtiva ascritta all’imputato non potrebbe ritenersi compiuta ai danni della presunta persona offesa RAGIONE_SOCIALE.
7.2 Col secondo motivo, si duole di violazione di legge e vizio di motivazione, per non avere la Corte d’appello qualificato l’ascritta condotta di furto sub specie di reato di truffa, erroneamente ritenendo che i raggiri e gli artifici posti in essere dal ricorrente fossero meramente propedeutici al raggiungimento dell’obiettivo finale (il furto). Sostiene la difesa che i raggiri (consistiti nel rappresentarsi alla società RAGIONE_SOCIALE tramite contatti telefonici, corrispondenza epistolare e con esibizione della necessaria documentazione a dimostrazione dell’attività svolta) avrebbero indotto in errore il soggetto passivo del reato, determinandolo ad affidare all’imputato le cose mobili, di cui egli si sarebbe poi impossessato, con conseguente ingiusto profitto e altrui danno.
7.3 Col terzo motivo, posto in subordine all’invocata riqualificazione in reato di truffa di cui al motivo precedente, si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta circostanza aggravante di cui all’art. 625, primo comma, n.2, cod. pen., posto che le condotte ascritte al capo G) dell’imputazione non hanno implicato alcuna violenza esercitata sulla res.
8. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
L’unico motivo ha a oggetto vizio di motivazione, per avere la Corte d’appello reiterato, in maniera acritica, le ragioni giustificatrici della sentenza di primo grado, operando, peraltro una sintesi dei motivi d’appello del tutto arbitraria e soggettiva, basata su ipotesi investigative prive di oggettivo riscontro.
9. Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, a) le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, il quale ha chiesto pronunciarsi il rigetto dei ricorsi presentati nell’interesse di COGNOME, COGNOME e COGNOME e l’inammissibilità dei ricorsi presentati nell’interesse di COGNOME, COGNOME, COGNOME; b) memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore di NOME COGNOME, in replica alla requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale.
Considerato in diritto
1. Ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
1.1. Il primo motivo è privo di specificità.
Invero, gli indizi valorizzati dalla Corte (in particolare, le testimonianze degli agenti di polizia di dogana relative alla perquisizione del capannone di Bornasco e le intercettazioni telefoniche disposte sull’utenza intestata alla moglie del COGNOME) sono stati composti in una ricostruzione logica, rispetto alla quale le censure difensive si dimostrano del tutto generiche. In particolare, la Corte d’appello ha evidenziato la mancata indicazione, da parte del ricorrente, 1) di ragioni alternative idonee a giustificare la sua presenza all’interno del capannone all’atto della perquisizione: mancata indicazione registratasi non soltanto al momento dell’intervento degli agenti, ma anche nel prosieguo del giudizio di primo e di secondo grado; 2) di ragioni idonee a contrastare l’interpretazione, fornita dai giudici di merito, delle intercettazioni, il cui univoco contenuto implicava la responsabilità del COGNOME per l’ascritto reato, né tantomeno di motivi utili a spiegare la ripetuta utilizzazione, da parte dell’imputato, dell’utenza telefonica intestata alla moglie.
Al riguardo, va ribadito che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
1.2. Il secondo motivo è, del pari, manifestamente infondato, non riscontrandosi, nella motivazione fornita dalla Corte territoriale, alcuno dei vizi di logicità lamentati. Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, risulta corretta, infatti, l’applicazione al caso di specie dei principi giurisprudenziali in tema di efficacia causale del contributo prestato dal ricorrente all’azione rispetto all’evento. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di concorso di persone nel reato, per l’integrazione dell’attenuante della minima partecipazione di cui all’art. 114 cod. pen., non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve, rispetto all’evento, da risultare trascurabile nell’economia generale del crimine commesso (Sez. 4, n. 26525 del 07/06/2023, COGNOME, Rv. 284771 – 01).
In base a quanto già riferito (supra, sub 1.1) circa la valutazione delle prove a carico dell’imputato, la Corte ha razionalmente dimostrato la rilevanza causale (non certo secondaria, né trascurabile) della condotta del COGNOME rispetto al contestato delitto, avendo egli ricevuto e accettato l’incarico di provvedere alla vendita della merce ricettata. Anche in tal caso, a fronte della puntuale e logica ricostruzione fornita dalla Corte territoriale, la difesa oppone notazioni asseverative, generiche e non idonee in alcun modo a contrastare il ragionamento dei giudici di merito.
1.3. Il terzo motivo non supera la soglia dell’ammissibilità, in quanto la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nei giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre.
1.4. Il quarto motivo è privo di specificità, dal momento che la Corte territoriale ha razionalmente valorizzato, nell’escludere la possibilità di applicare una pena sostitutiva della pena detentiva, gli indici di non meritevolezza fondati
sull’attitudine al delitto dimostrata dall’imputato attraverso le peculiari modalità della condotta, per il tramite di un implicito, ma univoco, riferimento ai paramenti menzionati dall’art. 58 I. n. 689 del 1981.
2. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
L’unico motivo del ricorso è infondato.
Alla stregua della consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di reati contro il patrimonio, ove l’agente abbia la detenzione della cosa, in mancanza di un autonomo potere dispositivo del bene è configurabile il reato di furto e non quello di appropriazione indebita (Sez. 4, n. 54014 del 25/10/2018, Veccari, Rv. 274749 – 01). Nel caso di specie, esattamente il giudice di merito ha colto una mera detenzione nomine alieno nell’autista incaricato della consegna dei beni (v., ad es., i principi affermati da Sez. 4, n. 10638 del 20/02/2013, Santoro, Rv. 255289 – 0), in quanto soggetto privo di un’autonoma disponibilità di questi ultimi, come confermato dal fatto che il committente aveva persino preteso la sigillatura dei portelloni del veicolo.
3. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
3.1. Il primo motivo, privo di specificità nella parte in cui denuncia genericamente l’assenza dei “requisiti essenziali per la procedibilità”, è, per il resto, manifestamente infondato, poiché trascura di considerare che da tempo la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito come il bene giuridico protetto dal delitto di furto sia individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso – inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità – che si configura anche in assenza di un titolo giuridico e persino quando esso si costituisce in modo clandestino o illecito, con la conseguenza che anche al titolare di tale posizione di fatto spetta la qualifica di persona offesa e, di conseguenza, la legittimazione a proporre querela (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 255975 – 01).
Ne consegue che legittimamente la querela è stata proposta dal soggetto che custodiva la res in relazione all’esercizio della propria attività.
3.2. Il secondo motivo è infondato per le medesime ragioni indicate supra sub 2, a proposito degli elementi distintivi del furto e dell’appropriazione indebita.
4. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
4.1. Il primo motivo è aspecifico, in quanto, a fronte dei dati tratti dalla dichiarazione testimoniale dell’agente COGNOME e dalla documentazione acquisita, valorizza prospettazioni congetturali che non trovano rispondenza nelle risultanze del processo. È appena il caso di ricordare che il dubbio ragionevole deve
rispondere non solo a criteri dotati di intrinseca razionalità, ma deve essere suscettibile di essere argomentato con ragioni verificabili alla stregua del materiale probatorio acquisito al processo: Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017 – dep. 03/04/2018, Troise, Rv. 272430; esso, infatti, non può fondarsi su un’ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile: Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, P. Rv. 281647 – 04.
4.2. Il secondo motivo ha carattere di novità. Secondo quanto chiarito da questa Corte, in tema di sospensione condizionale della pena, fermo l’obbligo del giudice d’appello di motivare circa il mancato esercizio del potere-dovere di applicazione di detto beneficio in presenza delle condizioni che ne consentono il riconoscimento, l’imputato non può dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione, qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito (Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376 – 01).
4.3. Il terzo motivo è manifestamente infondato. Come reiteratamente chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di condanna a pena sostitutiva, la sospensione del processo dopo la lettura del dispositivo, al fine di acquisire informazioni utili a decidere sulla sostituzione della pena detentiva ed a scegliere quella sostitutiva più adeguata al caso, ai sensi dell’art. 545-bis, comma 2, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 31 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, presuppone una valutazione discrezionale del giudice, il cui esercizio, se adeguatamente motivato, non è sindacabile nel giudizio di legittimità, così come previsto per i criteri dettati dall’art. 133 cod. pen. ai fini dell determinazione della pena (Sez. 6, n. 43263 del 13/09/2023, COGNOME, Rv. 285358 – 01).
Quanto al merito della decisione, la doglianza è priva di specificità, tenuto conto delle considerazioni svolte supra sub 1.4.
5. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
5.1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato per le ragioni illustrate supra sub 3.1.
5.2. Il secondo motivo è infondato.
Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di reati contro il patrimonio, la differenza tra il delitto di furto aggravato dal mezzo fraudolento e quello di truffa si individua nella fase risolutiva del processo causale, che qualifica il carattere dell’offesa, cosicché integra l’ipotesi di furto, e non di truffa, l realizzazione da parte dell’autore di attività preparatorie finalizzate ad operare il trasferimento a sé del bene col ricorso a mezzi fraudolenti nei confronti della vittima, quando tra l’atto dispositivo di questa ed il risultato dell’impossessamento si inserisca l’azione del predetto con carattere di usurpazione unilaterale (Sez. 5, n. 36864 del 23/10/2020, COGNOME, Rv. 280323 – 01).
Come COGNOME puntualmente COGNOME rilevato COGNOME dalla COGNOME Corte territoriale COGNOME l’attività COGNOME di impossessamento è stata poi realizzata mediante lo scardinamento dei portelloni dei container, estraneo agli iniziali artifici e raggiri.
5.3. Il terzo motivo è infondato, poiché, come esattamente rilevato dalla Corte territoriale, lo scardinamento dei portelloni ha appunto realizzato il mutamento di destinazione, per effetto del distacco di un componente essenziale dello strumento di protezione.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, in tema di furto, la circostanza aggravante della violenza sulle cose si realizza tutte le volte in cui il soggetto faccia uso di energia fisica provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione, il mutamento di destinazione della cosa altrui o il distacco di una componente essenziale ai fini della funzionalità, tali da rendere necessaria un’attività di ripristino per restituire alla res la propria funzionalità (v., ad es., Sez. 5, n. 13431 del 25/02/2022, Pirroncello, Rv. 282974 – 02).
Il successivo ripristino degli stessi portelloni rappresenta un post factum finalizzato a conseguire l’impunità, che non incide sull’avvenuto esercizio della violenza sulla cosa e sulla ratio dell’aggravamento di pena correlato al maggior disvalore della condotta avente ad oggetto l’uso dell’energia fisica manipolativa per realizzare la sottrazione e il conseguente impossessamento.
6. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
Il motivo di ricorso è di assoluta genericità, traducendosi in formule generali prive di qualunque correlazione con la motivazione della sentenza.
Tra i requisiti del ricorso per cassazione vi è anche quello, sancito a pena di inammissibilità, della specificità dei motivi: il ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze.
Nel caso di specie il ricorso è inammissibile perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata ampia e logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
Alla pronuncia di inammissibilità dei ricorsi di COGNOME, COGNOME e COGNOME consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00. Ai sensi dell’art. 616 del codice di rito, il COGNOME, il
COGNOME e il COGNOME, i cui ricorsi sono stati rigettati, vanno condannati al pagamento delle sole spese processuali.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 4 aprile 2024 Il Consigliere estensore
La Presidente