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Fungibilità pena: sì al computo della custodia cautelare

La Corte di Cassazione ha affermato il principio della fungibilità della pena, stabilendo che la custodia cautelare sofferta per una condanna divenuta ineseguibile a causa dei limiti posti dall’estradizione (principio di specialità), può essere computata per scontare una diversa pena che il condannato sta attualmente espiando. La Corte ha annullato la decisione del giudice dell’esecuzione, che aveva negato tale possibilità, e ha rinviato il caso per un nuovo esame che verifichi solo l’assenza di cause ostative specifiche.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fungibilità Pena: La Cassazione Chiarisce il Computo della Custodia Cautelare

Il concetto di fungibilità pena rappresenta un principio cardine nella fase esecutiva del processo penale, consentendo di non disperdere i periodi di restrizione della libertà subiti prima di una condanna definitiva. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante interpretazione di tale istituto, specialmente in contesti complessi come quelli che coinvolgono l’estradizione e l’esecuzione di pene concorrenti. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni dei giudici supremi.

I Fatti del Caso

Una donna, condannata con una sentenza emessa dal Tribunale di Firenze, si trovava a scontare la relativa pena a seguito di un Mandato d’Arresto Europeo (M.A.E.) che ne aveva permesso l’estradizione. In precedenza, la stessa persona aveva subito un lungo periodo di custodia cautelare per un altro e distinto procedimento, conclusosi con una condanna da parte della Corte di appello di Roma.

La difesa della condannata ha quindi richiesto al Giudice dell’esecuzione di applicare il principio di fungibilità, chiedendo che il periodo di carcerazione preventiva sofferto per il procedimento romano venisse detratto dalla pena che stava attualmente scontando, quella relativa alla sentenza fiorentina.

La Decisione del Giudice dell’Esecuzione e il Ricorso

Il Tribunale di Grosseto, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta. La sua motivazione si basava su un presupposto apparentemente logico: la sentenza della Corte di appello di Roma era divenuta irrevocabile, pertanto la custodia cautelare a essa relativa poteva essere imputata solo ed esclusivamente a quella specifica pena. Secondo il giudice, non era possibile “spostare” quel periodo di detenzione su un titolo diverso.

Contro questa ordinanza, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, articolando due motivi principali:
1. Violazione di legge (art. 657 c.p.p.): Si sosteneva che la sentenza romana, sebbene definitiva, fosse di fatto ineseguibile. A causa del principio di specialità che regola l’estradizione, la donna poteva essere detenuta in Italia solo per la condanna fiorentina, oggetto del M.A.E. Di conseguenza, la custodia cautelare si riferiva a un titolo non eseguibile, rendendola “libera” e quindi applicabile, per fungibilità, all’unica pena in corso di esecuzione.
2. Vizio di motivazione: Si lamentava l’omessa considerazione di questo aspetto cruciale da parte del giudice.

Le Motivazioni della Cassazione sul Principio di Fungibilità della Pena

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo errato il ragionamento del giudice dell’esecuzione. I giudici supremi hanno chiarito che il principio di specialità, pur impedendo di eseguire pene per reati diversi da quelli per cui è stata concessa l’estradizione, non ostacola l’applicazione dell’art. 657 del codice di procedura penale.

L’articolo in questione, al suo primo comma, è molto chiaro: nel determinare la pena detentiva da eseguire, il pubblico ministero computa il periodo di custodia cautelare subita per lo stesso o per altro reato. La norma, quindi, non richiede che il “reato altro” sia oggetto di una pena attualmente eseguibile.

Nel caso specifico, la pena inflitta dalla Corte di appello di Roma era ineseguibile proprio a causa dei limiti posti dal M.A.E. Questo rende il relativo periodo di carcerazione preventiva utilizzabile a titolo di fungibilità per la pena che la condannata sta effettivamente scontando. L’unica barriera a tale operazione, come specificato dalla stessa Cassazione, è la preclusione prevista dal comma 4 dell’art. 657, ovvero che quel periodo di detenzione non sia già stato computato per un’altra condanna.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza rappresenta un’importante affermazione del favor libertatis e del principio di equità. Sarebbe infatti palesemente ingiusto non considerare un periodo di detenzione sofferto solo perché la relativa pena è, per ragioni procedurali internazionali, momentaneamente (o potenzialmente per sempre) ineseguibile. La decisione riafferma che la custodia cautelare, una volta subita, costituisce un “credito” di libertà per il condannato, spendibile sulla pena in esecuzione, a prescindere dal titolo per cui è stata originariamente disposta.

La Corte ha quindi annullato l’ordinanza e ha rinviato gli atti al Tribunale di Grosseto, che dovrà procedere a un nuovo esame. Il giudice dovrà attenersi al principio di diritto enunciato e limitarsi a verificare unicamente se la causa ostativa prevista dal quarto comma dell’art. 657 c.p.p. sussista nel caso concreto.

È possibile usare la custodia cautelare sofferta per un reato per scontare la pena di un altro reato?
Sì, secondo l’art. 657 del codice di procedura penale, il periodo di custodia cautelare sofferto può essere detratto dalla pena da eseguire non solo per lo stesso reato, ma anche per un reato diverso. Questo meccanismo è noto come fungibilità della pena.

Cosa succede se la condanna per cui ho scontato la custodia cautelare non può essere eseguita a causa dei limiti dell’estradizione?
La Corte di Cassazione ha chiarito che, anche in questo caso, il periodo di custodia cautelare può essere utilizzato per fungibilità. Se la sentenza è ineseguibile a causa del principio di specialità dell’estradizione, la detenzione preventiva ad essa relativa può essere computata per scontare un’altra pena che il condannato sta espiando.

Il principio di fungibilità della pena si applica sempre senza eccezioni?
No, esiste una specifica eccezione. L’art. 657, comma 4, del codice di procedura penale prevede che la fungibilità non si applichi se il periodo di custodia cautelare è già stato preso in considerazione per determinare la pena da espiare per un’altra condanna. Spetta al giudice dell’esecuzione verificare la sussistenza di questa causa ostativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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