Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19714 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19714 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AFRAGOLA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/04/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME COGNOME a ottenere il computo, a titolo di fungibilità, della pena di tutto periodo da questi presofferto (dal 18 gennaio 1994 al 31. maggio 1996) in relazione al reato di cui agli artt. 575, 577 cod. pen., da cui era stat successivamente assolto, con sentenza della Corte di Assise di Napoli in data 31 maggio 1996.
A ragione della decisione, il giudice dell’esecuzione preliminarmente osservava che COGNOME era stato condannato con sentenza della Corte di appello di Napoli in data 2 dicembre 2019, irrevocabile il 23 giugno 2021 per il reato di partecipazione di stampo camorristico commesso dal 2004 e fino a dicembre 2010, sentenza con la quale era stata ritenuta la continuazione tra tale reato e quello, giudicato con sentenza della Corte di assise di appello di Napoli, in data 2 dicembre 2003, irrevocabile il 12 ottobre 2005.
Quindi, fissava la permanenza del reato contestato con condotta perdurante al 26 febbraio 2001, data della sentenza di assoluzione emessa dalla Corte di Assise di apoli ovvero, al più, a quella del 2 dicembre 2003, data della sentenza di condanna emessa dalla Corte di Assise di appello di Napoli.
Per tale via, osservato che reati per i quali NOME era stato condannato erano stati commessi in epoca successiva alla custodia patita sine titulo, escludeva la richiesta fungibilità.
Avverso il predetto provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione il difensore di COGNOME, chiedendone l’annullamento per erronea applicazione dell’art. 657 c.p.p., comma 4, lamentando che il Giudice dell’esecuzione non aveva proceduto al doveroso scioglimento del reato continuato nelle singole violazioni che lo compongono, al fine «computare la pena di cui alla sentenza sub 2), avente ad oggetto un reato commesso da agosto 1991 fino alla sentenza di primo grado, la custodia cautelare patita in relazione al reato di cui agli artt. 575, 577 cod. pen., dal quale egli era stato assolto con sentenza della Corte di assise di appello di Napoli il 31 maggio 1996».
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 25 agosto 2023, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che s’indicano di seguito.
2. La giurisprudenza di legittimità in punto d’interpretazione dell’art. 657 cod. proc. pen. unanimemente prescrive che’ a fronte di un’istanza di fungibilità, il giudice a quo deve compiere due operazioni (ex multis Sez. 1, n. 36859 del 08/06/2021, COGNOME, Rv. 282033; Sez. 1, n. 38400 del 18/09/2009, COGNOME, Rv. 244837; Sez. 5, n. 1739 del 19/04/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 213339; Sez. 1, n. 523 del 27/01/ 1997, COGNOME;): i) in primo luogo deve procedere alla scissione del reato continuato, imposta dal principio di favor libertatis. Ciò accade tutte le volte in cui la considerazione come reato unico del fatto continuato comporti effetti sfavorevoli per il condannato e l’operazione è specificamente rivolta a individuare le violazioni commesse prima dell’espiazione di pena senza titolo; ii) in secondo luogo il medesimo Giudice deve determinare la quota di sanzione del relativo frammento in continuazione, per far luogo alla fungibilità individuando, poi, la parte di custodia cautelare inutilmente sofferta.
Il Giudice dell’esecuzione, pur non richiamando espressamente l’operazione di scissione del reato continuato, ha correttamente analizzato le due condanne partitamente.
Tuttavia, ha reso una motivazione inadeguata motivazione riguardo il tema, qui di rilievo, della cessazione del reato permanente. Ha, invero, affermato che entrambi i reati per i quali dev’essere determinata la pena da scontare sarebbero stati commessi dopo la custodia cautelare espiata sine titulo. Affermazione, questa, che ad avviso del Collegio, è evidente per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. con contestazione cosidetta chiusa dal 2004 al 2010, ma non altrettanto chiara quanto all’analogo reato, contestato come commesso dal 1991, con permanenza che la Corte di appello di Napoli afferma alternativamente potersi datarsi alla sentenza di primo grado di assoluzione (2001), ovvero a quella di secondo grado (2003), di condanna.
Così facendo non ha fatto buon governo del consolidato principio secondo cui «L’istituto della fungibilità delle pene espiate senza titolo non è applicabile a reati permanenti, quando la permanenza sia cessata dopo l’espiazione senza titolo» (Sez. 1, n. 6072 del 24/05/2017, dep.08/02/2018, COGNOME Perna, Rv. 272102) e che «In tema di reato permanente contestato nella forma cosiddetta “aperta”, qualora in sede esecutiva debba farsi dipendere un qualsiasi effetto giuridico dalla data di cessazione della condotta e questa non sia stata precisata nella sentenza di condanna, spetta al giudice dell’esecuzione l’accertamento mediante
l’analisi accurata degli elementi a sua disposizione» (Sez. 1, n. 21928 del 17/03/2022, COGNOME, Rv. 283121).
La Corte di appello di Napoli avrebbe, dunque, dovuto verificare – avuto riguardo alle motivazioni delle sentenze di merito – se il “meccanismo processuale” della cessazione della permanenza, assertivamente e alternativamente indicato alla data della sentenza di primo grado (peraltro di assoluzione), ovvero quella di secondo grado (di condanna) – trovasse concreto riscontro in quanto emerso iiiquel giudizio ed indicare con esattezza la data entro la quale doveva ritenersi esaurita la condotta di partecipazione al reato associativo attribuita al condannato, così da verificare se si fosse protratta oltre l’anno 1996.
In definitiva, il richiamo, trasmodato nell’asserzione generica, della regola processuale inerente alla data di cessazione della permanenza per il reato a contestazione aperta da cui il Giudice dell’esecuzione ha tratto il convincimento della perdurante condotta criminosa associativa ascritta a COGNOME fino all’esaurimento (in data 31 maggio 1996) della carcerazione patita sine titulo dal condannato (e anche oltre) – sia per non aver adeguatamente chiarito se già nel complessivo decisum di cognizione era stato esplicitamente enucleato il tempo del commesso reato, sia (ove ciò non risulti avvenuto) per non avere esposto i concreti riferimenti agli elementi probatori del giudizio di merito che lo hanno condotto alla conclusione raggiunta – determina la decisiva carenza della motivazione posta alla base dell’ordinanza in esame.
In considerazione del vizio emerso, il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio alla Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio, da effettuarsi – con piena libertà valutativa, ma – nell’alveo dei principi tes affermati.
P.Q.M.
u.r GLYPH appello di Napoli. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla corte di
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Così deciso, il 3 novembre 2023
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