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Fungibilità pena: no se la detenzione precede il reato

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva di applicare la fungibilità pena, ovvero di sottrarre un periodo di custodia cautelare sofferta per un altro reato dalla pena attuale. La Corte ha ribadito che la detenzione può essere computata solo se successiva alla commissione del reato per cui si sconta la pena, escludendo così la possibilità di creare un “credito di pena” per futuri illeciti, anche in caso di reato permanente.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fungibilità pena: la Cassazione nega il ‘credito’ per reati futuri

L’istituto della fungibilità pena, disciplinato dall’articolo 657 del codice di procedura penale, rappresenta un principio di equità fondamentale nel nostro ordinamento. Esso permette di non ‘sprecare’ un periodo di detenzione ingiustamente sofferto, consentendone la detrazione da una pena inflitta per un altro reato. Tuttavia, la sua applicazione è soggetta a limiti precisi, come ribadito dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza. La Suprema Corte ha chiarito che la detenzione non può mai costituire un ‘credito di pena’ da spendere per crimini commessi in un momento successivo.

I fatti di causa

Il caso esaminato ha origine dalla richiesta di un condannato al giudice dell’esecuzione. L’uomo chiedeva di sottrarre dalla pena che stava scontando un periodo di custodia cautelare sofferta sine titulo (cioè senza un valido provvedimento) tra il 2004 e il 2005. Questa detenzione era relativa a un procedimento dal quale era stato poi assolto. La richiesta era di applicare questo ‘sconto’ alla condanna per un grave reato associativo, commesso in un arco temporale che si estendeva fino a date recenti. La Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto l’istanza, sostenendo che la custodia cautelare era stata sofferta prima della commissione dei reati per i quali era in corso l’attuale esecuzione della pena.

Il ricorso in Cassazione e la questione del reato permanente

Contro la decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione. La difesa ha basato la sua argomentazione sulla natura di reato permanente del delitto associativo per cui era stato condannato. Secondo il ricorrente, poiché il reato si era protratto nel tempo, la detenzione sofferta nel 2004-2005 doveva considerarsi valida ai fini della fungibilità, anche se la condanna definitiva era molto più recente. L’argomento non ha però convinto i giudici di legittimità.

Le motivazioni della Corte sulla fungibilità pena

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo una chiara interpretazione dell’art. 657, comma 4, c.p.p. I giudici hanno riaffermato un principio consolidato: la possibilità di computare la custodia cautelare subita per un reato diverso è strettamente legata a un dato cronologico. La detenzione da ‘scontare’ deve essere successiva alla commissione del reato per il quale si deve espiare la pena.

La ratio di questa norma è evidente: impedire che un soggetto possa commettere un reato nella consapevolezza di avere un ‘credito di pena’ da utilizzare, che annullerebbe o ridurrebbe le conseguenze sanzionatorie. Nel caso di specie, la Corte ha osservato che la custodia cautelare in questione (2004-2005) era stata certamente patita prima della cessazione della permanenza del reato associativo. Per un reato permanente, la commissione si protrae fino alla sua cessazione. Di conseguenza, la detenzione è avvenuta durante la commissione del reato e non dopo, come richiesto dalla legge. Pertanto, la condizione temporale per l’applicazione della fungibilità non era soddisfatta.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Suprema Corte consolida l’orientamento che interpreta in modo rigoroso il requisito temporale per l’applicazione della fungibilità pena. La decisione sottolinea che l’istituto non può essere utilizzato per neutralizzare le conseguenze di condotte criminali future o ancora in corso. Anche nel contesto di un reato permanente, la detenzione sofferta durante il periodo di consumazione del crimine non può essere detratta dalla pena finale. Questo pronunciamento rafforza il principio secondo cui la sanzione penale deve mantenere la sua efficacia deterrente, evitando che periodi di detenzione pregressa possano incentivare la commissione di nuovi illeciti.

Qual è la regola principale per applicare la fungibilità della pena?
La regola fondamentale, stabilita dall’art. 657, comma 4, del codice di procedura penale, è che la custodia cautelare o la pena espiata per un reato diverso possono essere detratte solo se sono successive alla data di commissione del reato per cui si deve eseguire la pena.

Come si applica la fungibilità della pena in caso di reato permanente?
Anche per i reati permanenti, la regola non cambia. La detenzione può essere computata solo se subita dopo la cessazione della condotta criminosa. Una detenzione sofferta mentre il reato permanente è ancora in corso non soddisfa il requisito cronologico e non può essere detratta dalla pena finale.

Perché la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso nel caso specifico?
La Corte ha respinto il ricorso perché il periodo di custodia cautelare che il ricorrente voleva detrarre (dal 2004 al 2005) era stato sofferto mentre il reato associativo (di natura permanente) per cui era stato condannato era ancora in corso di commissione. Mancava quindi il presupposto essenziale della posteriorità della detenzione rispetto al fatto illecito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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