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Fungibilità della pena: no al doppio sconto sulla pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva di applicare il principio di fungibilità della pena in modo estensivo. Il ricorrente voleva che il periodo di detenzione scontato per un reato di narcotraffico fosse valido anche per una precedente condanna per rapina. La Corte ha chiarito che un singolo periodo di detenzione non può essere imputato a due diverse condanne definitive, poiché ciò creerebbe un ingiustificato privilegio. La decisione ribadisce i limiti dell’art. 657 c.p.p., che non consente di ‘scontare’ due pene contemporaneamente.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fungibilità della pena: un periodo di detenzione non può valere per due condanne

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di esecuzione penale: un medesimo periodo di detenzione non può essere utilizzato per estinguere due diverse pene definitive. Questa pronuncia chiarisce i confini applicativi del principio di fungibilità della pena, respingendo un’interpretazione che avrebbe creato un ingiustificato privilegio per il condannato. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

I fatti del caso

Un soggetto, condannato in via definitiva per un reato di rapina commesso nel 2016, proponeva ricorso avverso un’ordinanza del giudice dell’esecuzione. Successivamente alla prima condanna, egli aveva scontato un periodo di detenzione, tra il 2023 e il 2024, per un altro reato in materia di stupefacenti. La sua richiesta era semplice ma giuridicamente complessa: chiedeva che quel periodo di detenzione, già scontato per il reato di narcotraffico, fosse considerato valido anche come espiazione parziale della pena relativa alla precedente rapina. A sostegno della sua tesi, invocava il principio di fungibilità della pena, sostenendo che la commissione del primo reato in epoca antecedente giustificasse tale computo.

La decisione della Corte di Cassazione e i limiti alla fungibilità della pena

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato come il ricorrente avesse travisato la portata dell’art. 657 del codice di procedura penale, norma che disciplina appunto la fungibilità. La Corte ha stabilito che un periodo di privazione della libertà personale non può essere imputato a due distinti titoli, ovvero a due diverse condanne definitive. Ammettere il contrario significherebbe concedere un “inammissibile ed ingiustificato privilegio”, permettendo di fatto al condannato di “scontare” due pene contemporaneamente con un unico periodo di detenzione.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che l’articolo 657 c.p.p. prevede ipotesi tassative in cui un periodo di detenzione può essere computato. Nello specifico, si può detrarre dalla pena da eseguire:
1. Il periodo di custodia cautelare subita per lo stesso reato o per un altro.
2. Il periodo di pena detentiva già espiata per un reato diverso, ma solo a precise condizioni: se la relativa condanna è stata revocata, se per il reato è stata concessa un’amnistia o se è stato concesso un indulto.

La norma, quindi, non contempla la possibilità che un periodo di detenzione, scontato in esecuzione di una pena definitiva, possa valere anche per un’altra pena, altrettanto definitiva e autonoma. Ogni condanna passata in giudicato costituisce un titolo esecutivo a sé stante, che deve essere eseguito. La pretesa del ricorrente si traduceva, in sostanza, nella richiesta di considerare già espiata una parte della pena per rapina, semplicemente perché, mentre questa era in attesa di esecuzione, ne aveva scontata un’altra per un diverso crimine. La Corte ha rigettato questa interpretazione, confermando che il calcolo della pena complessiva da espiare, pari a sei anni e otto mesi di reclusione nel caso di specie, era corretto e non contestabile su tali basi.

Le conclusioni

L’ordinanza riafferma con forza il principio secondo cui ogni condanna definitiva deve essere eseguita autonomamente. Il principio di fungibilità della pena è uno strumento di giustizia ed equità, pensato per evitare che un soggetto sconti più del dovuto (ad esempio, tenendo conto del carcere preventivo), ma non può essere distorto per annullare o ridurre l’effettività delle sanzioni penali. La decisione della Cassazione serve da monito: non è possibile beneficiare di un “doppio sconto” sulla pena. Di conseguenza, il ricorrente non solo ha visto respinta la sua richiesta, ma è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a causa della manifesta infondatezza del suo ricorso.

È possibile utilizzare un periodo di detenzione scontato per un reato per ridurre anche la pena di un altro reato commesso in precedenza?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un medesimo periodo di privazione della libertà personale non può essere imputato a due diverse condanne definitive, in quanto ciò costituirebbe un privilegio inammissibile e ingiustificato.

In quali casi si applica il principio di fungibilità della pena secondo l’art. 657 c.p.p.?
L’art. 657 c.p.p. prevede che dalla pena da eseguire si computi il periodo di custodia cautelare subita per lo stesso o altro reato, oppure la pena detentiva espiata per un reato diverso solo se la relativa condanna è stata revocata, o se sono state concesse amnistia o indulto. Non si applica a due pene definitive autonome.

Qual è stata la conseguenza per il ricorrente che ha presentato un ricorso ritenuto inammissibile?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della manifesta infondatezza del ricorso e della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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