Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30134 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30134 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il 24/06/1964
avverso l’ordinanza del 20/01/2025 del TRIBUNALE di COGNOME
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
considerato che il giudice dell’esecuzione ha correttamente escluso che la pena patita da NOME COGNOME tra il 12 aprile 2023 ed il 24 settembre 2024 per avere egli commesso reato in materia di narcotraffico possa essere imputata anche a parziale espiazione di quella inflittagli perché autore, nel 2016, del delitto di rapina;
che, invero, il medesimo periodo di privazione della libertà personale non può essere imputato a due distinti titoli, cioè a due diverse condanne definitive a pena detentiva;
che, nel caso di specie, il condannato, con l’unico motivo di ricorso, sostiene, invece, che il lasso temporale sopra indicato dovrebbe essere ascritto, a titolo di fungibilità, anche alla pena irrogatagli per il reato di rapina, in tal senso militando la commissione di tale reato nel 2016, ovvero in epoca precedente all’esecuzione della pena relativa al reato successivamente commesso;
che, così facendo, il ricorrente travisa la portata dell’art. 657 cod. proc. pen. che, ai commi 1 e 2, prevede che, nella pena detentiva da eseguire, siano computati il periodo di custodia cautelare subita per lo stesso o per altro reato, anche se la custodia è ancora in corso, nonché il periodo di pena detentiva espiata per un reato diverso, quando la relativa condanna è stata revocata, quando per il reato è stata concessa amnistia o quando è stato concesso indulto, nei limiti dello stesso, ma non anche che un determinato periodo sia conteggiato quale valida espiazione di due o più pene autonomamente inflitte, ciò che si tradurrebbe in un inammissibile ed ingiustificato privilegio;
che il ricorrente, sin dalla proposizione dell’istanza, non ha contestato il calcolo della pena complessiva da espiare, pari a sei anni ed otto mesi di reclusione, né l’originaria fissazione del fine pena;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de
ammende.
Così deciso il 08/05/2025.