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Fungibilità della pena: no al credito per reati futuri

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9272/2024, ha ribadito un principio cruciale in tema di fungibilità della pena. Un soggetto chiedeva di detrarre un periodo di ingiusta detenzione, sofferto in passato, dalla pena per un nuovo reato commesso successivamente. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che l’art. 657, comma 4, c.p.p. permette di computare solo la detenzione subita *dopo* la commissione del reato. Ammettere il contrario creerebbe un intollerabile “credito di pena”, con un effetto criminogeno che annullerebbe la funzione preventiva e rieducativa della sanzione.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fungibilità della pena: la Cassazione nega lo scomputo per reati futuri

Il concetto di fungibilità della pena rappresenta un importante principio di civiltà giuridica, volto a garantire che nessun individuo sconti un giorno di detenzione in più del dovuto. Tuttavia, la sua applicazione non è illimitata. Con la recente sentenza n. 9272 del 2024, la Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta, stabilendo che la detenzione ingiustamente sofferta non può trasformarsi in un ‘credito’ da utilizzare per compensare pene relative a reati commessi in futuro. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla richiesta di un condannato di applicare il principio di fungibilità della pena. Nello specifico, l’uomo aveva subito in passato un periodo di detenzione cautelare sine titulo (ovvero, senza un valido fondamento giuridico) per un reato dal quale era poi stato prosciolto. Successivamente, veniva condannato in via definitiva per un altro reato, commesso anni dopo quel periodo di ingiusta detenzione.

Egli chiedeva, quindi, che il tempo trascorso ingiustamente in carcere venisse detratto dalla nuova pena da espiare. La Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la sua istanza. Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo che la norma di riferimento (art. 657, comma 4, c.p.p.) dovesse essere interpretata in modo costituzionalmente orientato, superando la presunta rigidità del testo.

La Decisione della Corte sulla fungibilità della pena

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno confermato l’interpretazione letterale e logica dell’articolo 657, comma 4, del codice di procedura penale, secondo cui “sono computate soltanto la custodia cautelare subìta o le pene espiate dopo la commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire.”

La Corte ha smontato la tesi difensiva, che auspicava una presunzione solo relativa, superabile dalla prova che nel caso concreto non vi fosse un effetto criminogeno. Secondo gli Ermellini, il limite temporale imposto dalla norma è assoluto e risponde a precise e inderogabili esigenze di politica criminale e di coerenza del sistema sanzionatorio.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri fondamentali, già evidenziati in passato anche dalla Corte Costituzionale (sent. n. 198/2014).

1. Evitare l’effetto criminogeno: Ammettere la fungibilità della pena per reati futuri creerebbe una sorta di “riserva di impunità”. Un individuo, consapevole di avere un “credito di pena” derivante da una precedente ingiusta detenzione, potrebbe essere incentivato a delinquere, sapendo di poter compensare, in tutto o in parte, la futura sanzione. Questo trasformerebbe un istituto di garanzia in uno stimolo a commettere reati, un risultato palesemente contrario ai principi dell’ordinamento.

2. Preservare la funzione della pena: La sanzione penale deve seguire, e non precedere, la commissione del reato. Questa sequenza logica e temporale è indispensabile affinché la pena possa svolgere le sue funzioni proprie: quella retributiva (risposta al reato commesso), quella di prevenzione speciale (dissuadere l’autore dal commettere nuovi reati) e quella rieducativa (favorire il reinserimento sociale del condannato). Una pena già “scontata” in anticipo sarebbe del tutto scollegata dal reato commesso e non potrebbe esplicare alcuna di queste funzioni essenziali.

La Corte ha concluso che lo sbarramento temporale previsto dalla legge non è una presunzione arbitraria, ma una condizione indispensabile per la coerenza e l’efficacia del sistema penale, pienamente conforme ai principi costituzionali.

Le Conclusioni

La sentenza in esame riafferma con chiarezza un principio cardine: l’ingiusta detenzione subita dà diritto a una riparazione, come l’indennizzo pecuniario, ma non genera un “jolly” da spendere per neutralizzare le conseguenze di future condotte criminali. La fungibilità della pena opera solo quando la detenzione da scomputare è successiva al fatto per cui si è stati condannati. Qualsiasi altra interpretazione minerebbe le fondamenta stesse della funzione della pena, con conseguenze pericolose per la collettività.

È possibile sottrarre un periodo di ingiusta detenzione da una pena per un reato commesso successivamente?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai sensi dell’art. 657, comma 4, c.p.p., sono computabili solo la custodia cautelare subita o le pene espiate dopo la commissione del reato per il quale si deve eseguire la pena.

Perché esiste questo limite temporale nella fungibilità della pena?
Il limite esiste per evitare un “effetto criminogeno”. Consentire di scontare una pena per un reato futuro con una detenzione passata creerebbe una “riserva di impunità”, incentivando a commettere nuovi reati e vanificando la funzione preventiva e rieducativa della sanzione penale.

Questo principio è conforme alla Costituzione?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando anche una precedente sentenza della Corte Costituzionale, ha confermato che questo limite temporale non viola i principi di uguaglianza e ragionevolezza, ma è imposto dalla fondamentale esigenza logico-giuridica che la pena segua, e non preceda, il reato per poter esplicare le sue funzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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