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Fungibilità della pena: no a riserve di impunità

Un condannato ha richiesto di detrarre una pena già scontata da una nuova condanna, dopo che i reati erano stati unificati per continuazione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo il principio che la fungibilità della pena non si applica al tempo scontato prima della commissione dell’ultimo reato. Secondo la Corte, una diversa interpretazione creerebbe una “riserva di impunità”, incentivando a commettere nuovi crimini. La decisione è stata rafforzata dal fatto che la questione era già coperta da giudicato.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fungibilità della Pena: la Cassazione Mette un Freno alle “Riserve di Impunità”

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 27133 del 2024, affronta un tema cruciale nell’ambito dell’esecuzione penale: i limiti della fungibilità della pena. Questo principio, che consente di “scontare” un periodo di detenzione già sofferto da una pena successiva, non è assoluto. La Suprema Corte ha stabilito con fermezza che la detenzione espiata prima della commissione di un nuovo reato non può essere utilizzata come un “credito” per il futuro, neanche in caso di reato continuato, per non creare pericolose “riserve di impunità”.

Il Caso: una Complessa Vicenda Esecutiva

La vicenda processuale riguarda un condannato che, durante l’espiazione di una pena, chiedeva al giudice dell’esecuzione di unificare tale condanna con altre precedenti, in virtù del riconoscimento del vincolo della continuazione tra i vari reati. L’obiettivo era ottenere che la pena già scontata per i reati più vecchi venisse detratta da quella complessiva, riducendo il periodo di detenzione residuo. A complicare il quadro, il condannato aveva anche ottenuto una riduzione di pena per le condizioni di detenzione inumane sofferte, e chiedeva che anche questo “sconto” venisse applicato.

Il percorso giudiziario è stato tortuoso: il giudice dell’esecuzione ha prima respinto l’istanza, poi l’ha accolta in un secondo momento, per poi negarla nuovamente in una terza ordinanza. Questa altalena di decisioni ha portato sia il condannato sia il Procuratore generale a ricorrere in Cassazione in momenti diversi.

I Limiti alla Fungibilità della Pena e il Principio del Giudicato

La Corte di Cassazione, nel decidere sull’ultimo ricorso del condannato, lo ha dichiarato inammissibile per una ragione fondamentale: la questione era già stata risolta da precedenti sentenze della stessa Corte, diventando così giudicato. La vicenda processuale era, di fatto, già chiusa.

Tuttavia, la Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio giuridico di fondamentale importanza, già espresso nelle precedenti decisioni.

Lo Sbarramento alla “Riserva di Impunità”

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 657, comma 4, del codice di procedura penale. Sebbene il riconoscimento della continuazione porti a una pena complessiva inferiore rispetto alla somma matematica delle singole condanne, ciò non significa che la differenza possa essere automaticamente detratta. La Corte ha specificato che la pena espiata per un reato commesso in un’epoca antecedente a quella del reato per cui si sta eseguendo la pena principale non è fungibile. Permettere il contrario significherebbe trasformare il periodo di carcerazione pregresso in una sorta di “credito di impunità”, uno stimolo a commettere nuovi reati nella convinzione di avere già “pagato” in anticipo.

Estensione del Principio ai Rimedi Risarcitori

La Corte ha applicato lo stesso ragionamento anche alla riduzione di pena ottenuta dal condannato per la detenzione inumana (ai sensi dell’art. 35-ter dell’ordinamento penitenziario). Essendo la pena principale a cui si riferiva tale riduzione considerata infungibile, anche il “credito” maturato per le condizioni degradanti non può essere utilizzato per abbreviare la detenzione per il reato successivo. Anche in questo caso, l’obiettivo è evitare di incentivare la recidiva.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su una logica di coerenza del sistema sanzionatorio penale. La funzione della pena non è solo retributiva, ma anche e soprattutto deterrente. Ammettere una fungibilità illimitata, specialmente per pene scontate prima della commissione di nuovi fatti criminosi, minerebbe alla base questa funzione deterrente. Il messaggio del legislatore e della giurisprudenza deve essere chiaro: ogni nuovo reato comporta una nuova sanzione, e il passato criminale non può trasformarsi in un vantaggio per il futuro. La struttura del reato continuato offre già un trattamento sanzionatorio di favore; estenderne gli effetti fino a creare “crediti di pena” sarebbe una distorsione inaccettabile del sistema.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza consolida un orientamento rigoroso sulla fungibilità della pena. La decisione riafferma che i meccanismi di esecuzione e di calcolo della pena devono sempre essere letti alla luce delle finalità generali del diritto penale, tra cui la prevenzione di futuri reati. Viene posto un limite invalicabile: il tempo trascorso in carcere non può mai diventare un incentivo a delinquere di nuovo. La pronuncia di inammissibilità per giudicato, inoltre, sottolinea l’importanza della certezza del diritto e della definitività delle decisioni giudiziarie, chiudendo la porta a tentativi di rimettere in discussione questioni già risolte in via definitiva.

È possibile detrarre una pena già scontata da una nuova pena se i reati vengono unificati in continuazione?
No, la sentenza stabilisce che la pena espiata per reati commessi in un’epoca antecedente a quella del reato per cui si sta eseguendo la condanna non è fungibile. Questo per evitare che il periodo di carcerazione pregresso si trasformi in una “riserva di impunità”.

La riduzione di pena ottenuta per condizioni di detenzione inumane è sempre detraibile?
No. Se la pena principale a cui si riferisce la riduzione è considerata infungibile (perché espiata prima della commissione di altri reati), anche la riduzione di pena connessa a quel periodo di detenzione non può essere detratta dalla pena per il crimine successivo.

Perché la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché la questione era già stata decisa con precedenti sentenze della stessa Corte di Cassazione, diventando quindi “giudicato”. La vicenda processuale era, di fatto, già conclusa e non poteva essere riaperta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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