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Fungibilità della pena: limiti per il reato permanente

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva di detrarre dalla pena residua un periodo di liberazione anticipata. Il rigetto si fonda sui limiti della fungibilità della pena, specificando che il tempo scontato per un reato non può essere utilizzato per un altro reato se quest’ultimo è un reato permanente (come l’associazione mafiosa) la cui consumazione è cessata in un momento successivo al periodo di detenzione già sofferto. La Corte ha ribadito che, ai sensi dell’art. 657, comma 4, c.p.p., sono computabili solo i periodi di detenzione sofferti ‘sine titulo’ dopo la commissione del reato.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fungibilità della pena e reato permanente: la Cassazione fissa i paletti

La corretta determinazione della pena da scontare è un momento cruciale nell’esecuzione penale. Un recente intervento della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui limiti della fungibilità della pena, specialmente quando si ha a che fare con un reato permanente come quello di associazione di tipo mafioso. La sentenza analizza il caso di un condannato la cui richiesta di detrarre un periodo di detenzione e liberazione anticipata è stata respinta, delineando un principio fondamentale: il tempo scontato non può essere ‘speso’ per un reato la cui condotta si è protratta oltre quel periodo di detenzione.

I Fatti del Caso

Il ricorrente, a seguito di un provvedimento di cumulo pene emesso dalla Procura Generale, si rivolgeva al giudice dell’esecuzione per ottenere la detrazione di ulteriori giorni di liberazione anticipata e risarcimento danni, maturati durante un periodo di detenzione sofferto per una precedente condanna. Tale periodo, tuttavia, era temporalmente antecedente alla data in cui era cessata la permanenza di un altro grave reato per cui era stato condannato, ovvero la partecipazione a un’associazione mafiosa (art. 416 bis c.p.). La Corte di Appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, respingeva l’istanza, sostenendo che l’ulteriore carcerazione subita non poteva essere attribuita in fungibilità, poiché il reato associativo era cessato solo nel 2016, quindi dopo il periodo di detenzione in questione (relativo agli anni 2013-2015).

La questione della fungibilità della pena nel caso specifico

Il nucleo della questione legale ruotava attorno all’interpretazione dell’articolo 657, comma 4, del codice di procedura penale. Questa norma disciplina la cosiddetta fungibilità della pena, consentendo di detrarre da una pena da eseguire i periodi di custodia cautelare o di pena già espiati ‘sine titulo’ (cioè senza un titolo specifico) per un altro reato. Tuttavia, la norma pone un limite invalicabile: tale detrazione è possibile solo se il periodo di detenzione è stato sofferto dopo la commissione del reato per il quale si deve ora scontare la pena. Nel caso di specie, il ricorrente chiedeva di utilizzare un ‘credito’ di pena maturato prima della cessazione del reato permanente, una richiesta che si scontrava direttamente con questo principio.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. I giudici supremi hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione tra più reati in fase esecutiva non implica automaticamente che la detenzione sofferta per uno di essi possa essere imputata a un altro. La regola fondamentale dell’art. 657, comma 4, c.p.p. resta ferma: si possono computare solo i periodi di custodia cautelare e le pene espiate ‘sine titulo’ dopo la commissione del reato. Per i reati permanenti, il momento della commissione si protrae fino alla cessazione della condotta. Nel caso esaminato, la condotta associativa si era protratta fino al 2016. Di conseguenza, il periodo di pena espiata tra il 2013 e la fine del 2015, così come la relativa liberazione anticipata, non poteva essere riconosciuto in fungibilità, poiché antecedente alla cessazione della permanenza del reato associativo. La Corte ha chiarito che applicare la fungibilità in questo modo violerebbe il divieto normativo, poiché si tratterebbe di detrarre un periodo di pena espiato prima che il reato per cui si chiede la detrazione fosse giunto a consumazione finale.

Conclusioni

Questa sentenza consolida un principio interpretativo di notevole importanza pratica. La fungibilità della pena non è un meccanismo automatico di compensazione. Esiste un preciso limite temporale: la detenzione sofferta può essere utilizzata come ‘credito’ solo se successiva alla commissione del reato per cui si deve ancora espiare una pena. In presenza di un reato permanente, questo limite è ancorato al momento in cui cessa la condotta illecita. La decisione della Cassazione serve quindi da monito sulla necessità di una rigorosa analisi cronologica dei fatti e delle condanne, impedendo che periodi di detenzione già scontati possano annullare, di fatto, le pene per reati la cui attività criminale si è protratta nel tempo.

Quando la detenzione scontata per un reato non è detraibile dalla pena per un altro reato?
Non è detraibile quando il periodo di detenzione è stato sofferto in una data antecedente alla commissione del reato per il quale si chiede la detrazione. La legge (art. 657, comma 4, c.p.p.) richiede che la detenzione ‘sine titulo’ sia successiva al reato.

Come si applica il principio di fungibilità della pena ai reati permanenti?
Per un reato permanente, come l’associazione di tipo mafioso, la commissione del reato si considera protratta fino a quando non cessa la condotta illecita. Di conseguenza, un periodo di detenzione scontato prima della cessazione di tale condotta non può essere detratto dalla pena inflitta per quel reato permanente.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, se non vi sono elementi che escludano la colpa, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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