LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Fungibilità della pena: limiti e reato continuato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45568/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso in materia di esecuzione penale, chiarendo i limiti della fungibilità della pena. Il caso riguardava un condannato per associazione mafiosa e, successivamente, per narcotraffico. La Corte ha ribadito che un periodo di custodia cautelare non può essere detratto dalla pena per un reato commesso in un momento successivo alla detenzione stessa. Questo divieto, sancito dall’art. 657, comma 4, c.p.p., non viene superato nemmeno dal riconoscimento del reato continuato tra le diverse condotte.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fungibilità della pena e Reato Continuato: La Cassazione Fissa i Paletti

La corretta esecuzione di una pena è un momento cruciale del processo penale, che solleva questioni complesse come quella della fungibilità della pena. Questo principio consente di ‘utilizzare’ periodi di detenzione già sofferti per estinguere, in tutto o in parte, una pena definitiva. Con la recente sentenza n. 45568 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui limiti di tale istituto, in particolare quando si intreccia con la figura del reato continuato, commesso in un arco temporale esteso e giudicato in processi diversi.

I Fatti del Caso: Il Ricorso Contro il Provvedimento di Esecuzione

Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte nasce dal ricorso di un individuo condannato con due distinte sentenze. La prima riguardava il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), commesso fino al 2003. La seconda, invece, lo condannava per reati legati al narcotraffico (artt. 73 e 74 D.P.R. 309/90), commessi tra il 2012 e il 2013. Sebbene i reati fossero stati ritenuti in continuazione tra loro, con una rideterminazione della pena complessiva, il problema è sorto in fase esecutiva.

Il ricorrente aveva trascorso un lungo periodo di detenzione, dal 2004 al 2010, dopo la commissione del primo reato ma prima di commettere i reati di droga. Il Pubblico Ministero aveva correttamente scomputato una prima parte di presofferto dalla pena per il 416-bis, ma si era rifiutato di applicare il restante periodo di detenzione alla pena per i reati successivi, invocando un preciso divieto di legge.

La Questione Giuridica e i Limiti della Fungibilità della pena

Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dell’articolo 657, comma 4, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce una regola ferrea: la custodia cautelare subita può essere computata per espiare una pena, ma solo se si riferisce a un reato commesso prima dell’inizio di quella stessa custodia. In altre parole, non è possibile creare un ‘credito di pena’ da utilizzare per crimini futuri. L’esecuzione di una sanzione, per sua stessa natura, non può precedere il fatto illecito che la giustifica.

La difesa del ricorrente ha tentato di aggirare questo ostacolo sostenendo che i reati di narcotraffico fossero una mera ‘attualizzazione’ della precedente condotta associativa, configurando così un unico reato permanente. Secondo questa tesi, il divieto non avrebbe dovuto trovare applicazione. Inoltre, sono stati sollevati dubbi di costituzionalità della norma, per presunta violazione dei principi di eguaglianza e della finalità rieducativa della pena.

L’Applicazione dell’Art. 657 c.p.p. e la Fungibilità della pena

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che, anche in presenza di un reato continuato, le singole violazioni che lo compongono mantengono la loro autonomia temporale ai fini dell’esecuzione della pena.

Il riconoscimento della continuazione è una fictio iuris, una finzione giuridica che opera a favore del reo per mitigare il trattamento sanzionatorio attraverso il cumulo giuridico, ma non trasforma fatti distinti e successivi in un unico evento. Pertanto, il divieto imposto dall’art. 657, comma 4, c.p.p. rimane pienamente operativo.

le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale, supportato anche dalla Corte Costituzionale (sent. n. 53/2018). Il principio è logico e inderogabile: la pena ha una funzione retributiva e rieducativa legata a un fatto commesso. Ammettere la fungibilità della pena per reati futuri significherebbe snaturare questa funzione, trasformando il presofferto in una sorta di ‘licenza’ a delinquere fino a esaurimento del ‘credito’ di detenzione accumulato. La successione casuale delle carcerazioni non può influenzare l’applicazione di un principio così fondamentale dell’ordinamento penale.

le conclusioni della Suprema Corte sono nette: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La sentenza riafferma con forza un principio cardine dell’esecuzione penale: il reato continuato e il cumulo giuridico delle pene sono istituti di favore che riguardano la determinazione della sanzione, ma non possono derogare alle regole che governano la sua espiazione. La barriera temporale posta dall’art. 657 c.p.p. è insuperabile, garantendo che l’esecuzione della pena segua sempre, e mai preceda, la commissione del fatto illecito.

È possibile utilizzare un periodo di custodia cautelare per scontare una pena relativa a un reato commesso successivamente a tale periodo di detenzione?
No. La Corte di Cassazione, in linea con l’art. 657, comma 4, c.p.p., ha confermato che la detenzione sofferta (presofferto) non può essere imputata a una pena per un reato che è stato commesso dopo la fine di quel periodo di detenzione. L’esecuzione della pena non può mai precedere il fatto illecito.

Il riconoscimento del reato continuato tra crimini giudicati in processi diversi supera il divieto di fungibilità previsto dall’art. 657, comma 4, c.p.p.?
No. Anche se più reati vengono unificati sotto il vincolo della continuazione ai fini del calcolo della pena (cumulo giuridico), ciò non altera la loro distinta collocazione temporale. Ai fini della fungibilità, ogni reato resta ancorato al momento in cui è stato commesso, e il divieto di imputare il presofferto a reati successivi rimane valido.

Come viene trattato un reato permanente ai fini della fungibilità della pena quando viene giudicato in più processi per periodi di tempo diversi?
La sentenza chiarisce che, anche in caso di reato permanente giudicato in processi diversi per periodi di consumazione successivi, si applica l’istituto della continuazione. Tuttavia, ai fini della fungibilità, il reato continuato deve essere scisso nelle singole violazioni. Di conseguenza, la custodia cautelare sofferta dopo la commissione della prima parte del reato non può essere usata per scontare la pena relativa alla parte successiva del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati