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Fungibilità della pena: limiti e condizioni

Un condannato, in espiazione di una pena cumulata per reati commessi in momenti diversi, ha richiesto di detrarre un periodo di carcerazione preventiva. La Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo i limiti della fungibilità della pena. La detrazione è stata negata perché la pena per il reato più vecchio era già stata interamente scontata con altri periodi di presofferto, e la legge vieta di applicare la detrazione a pene per reati commessi successivamente al periodo di carcerazione.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fungibilità della Pena: I Limiti Spiegati dalla Cassazione

Il principio di fungibilità della pena rappresenta un cardine del nostro sistema processuale, consentendo di detrarre il periodo di carcerazione preventiva (il cosiddetto ‘presofferto’) dalla pena definitiva da scontare. Tuttavia, questa operazione non è automatica e segue regole precise. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 9279/2024) ha fatto luce su alcuni importanti limiti applicativi, in particolare nei casi di pene cumulate per reati commessi in momenti diversi.

I Fatti del Caso: Una Complessa Richiesta di Scomputo Pena

Il caso esaminato riguardava un condannato che stava scontando una pena complessiva di 10 anni di reclusione. Tale pena derivava dal cumulo di due diverse condanne:
1. Una della Corte d’Appello di Trieste per un reato commesso nel 2010.
2. Una della Corte d’Appello di Napoli per reati commessi tra il 2014 e il 2015.

Il condannato aveva presentato un’istanza al giudice dell’esecuzione chiedendo che un ulteriore periodo di detenzione, sofferto tra il maggio 2012 e il marzo 2014, venisse riconosciuto come presofferto e detratto dalla sua pena residua.

La Decisione dei Giudici e i Limiti della Fungibilità della Pena

La Corte d’Appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta. La motivazione era duplice e logicamente ineccepibile.

In primo luogo, per quanto riguarda la condanna di Trieste (reato del 2010), la frazione di pena ad essa relativa (quantificata in un anno di reclusione nel calcolo del cumulo) era già stata interamente ‘saldata’ attraverso la detrazione di altri periodi di presofferto. In pratica, non c’era più nulla da cui detrarre.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, il periodo di detenzione del 2012-2014 non poteva essere scomputato dalla pena per i reati giudicati a Napoli, perché questi ultimi erano stati commessi successivamente (nel 2014-2015). A ciò osta chiaramente l’articolo 657, comma 4, del codice di procedura penale, che vieta di utilizzare la custodia cautelare per estinguere una pena relativa a un reato commesso dopo la fine della carcerazione preventiva stessa.

L’Analisi della Corte di Cassazione sul Principio di Fungibilità

Di fronte al ricorso del condannato, la Corte di Cassazione lo ha dichiarato inammissibile, definendolo manifestamente infondato. I giudici supremi hanno sottolineato come il ricorrente avesse proposto una censura illogica. Egli sosteneva che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto ‘scomporre’ la pena per applicare correttamente il principio di fungibilità della pena, ma, in realtà, è esattamente ciò che il giudice aveva fatto.

La Corte d’Appello aveva correttamente isolato la porzione di pena relativa alla condanna di Trieste, aveva verificato che fosse già stata interamente espiata tramite presofferto e, di conseguenza, aveva concluso che non vi era più spazio per ulteriori detrazioni su quella parte della condanna. Il ricorso, quindi, non faceva altro che criticare una decisione proponendo lo stesso percorso logico che quella decisione aveva già seguito.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso perché manifestamente infondato. La motivazione si basa su due pilastri fondamentali del diritto dell’esecuzione penale. Primo: un periodo di presofferto non può essere detratto da una frazione di pena che è già stata considerata interamente espiata per effetto del computo di altri periodi di detenzione. Una volta che una pena è ‘pagata’, non può essere oggetto di ulteriori sconti. Secondo: l’articolo 657, comma 4, c.p.p. pone un limite temporale invalicabile. La custodia cautelare subita non è ‘fungibile’ con la pena per un reato commesso in un momento successivo alla sua cessazione. Il ragionamento del giudice dell’esecuzione, che aveva correttamente scomposto la pena cumulata e applicato questi principi, è stato ritenuto impeccabile.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce con forza i confini applicativi del principio di fungibilità della pena. Non è un meccanismo automatico di ‘credito’ penitenziario spendibile senza limiti. La sua applicazione richiede una rigorosa verifica delle condizioni di legge, tra cui l’anteriorità del reato rispetto al periodo di detenzione che si vuole scomputare e l’effettiva esistenza di una pena ancora da espiare per quel reato. La decisione consolida un’interpretazione rigorosa della normativa, volta a garantire certezza e logica nell’esecuzione delle pene.

È possibile detrarre un periodo di custodia cautelare (presofferto) dalla pena per un reato commesso dopo tale periodo di detenzione?
No, la sentenza chiarisce che l’art. 657, comma 4, del codice di procedura penale lo vieta espressamente. La detenzione non può essere computata per espiare una pena relativa a un reato commesso dopo la fine della detenzione stessa.

Cosa succede se la pena per il reato a cui si potrebbe applicare il presofferto è già stata interamente scontata con altri periodi di detrazione?
In questo caso, non è più possibile detrarre ulteriore presofferto. La sentenza conferma che, una volta che la pena per un determinato reato è considerata espiata, non può essere oggetto di ulteriori scomputi.

In caso di pene concorrenti per più reati, come si applica il principio di fungibilità della pena?
Il giudice dell’esecuzione deve ‘scomporre’ la pena totale, isolando le frazioni di pena relative a ciascun reato. Successivamente, valuta per ogni singola frazione se e quale periodo di presofferto possa essere applicato, rispettando i limiti di legge, come quello dell’anteriorità del reato rispetto alla detenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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