Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46295 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46295 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il 01/07/1956 avverso l’ordinanza del 08/05/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell’esecuzione, nell’ambito dell’incidente di esecuzione proposto nell’interesse di NOME COGNOME e volto ad ottenere la revoca e/o sospensione dell’ordine di carcerazione ex art. 656 comma 1 cod. proc. pen., emesso il 22/12/2023 dalla Procura Generale presso la Corte di appello di Reggio Calabria, per quanto di rilievo in questa sede, ha respinto la richiesta di computo, tra i periodi di fungibilità, del periodo di carcerazione espiato sine titulo dal COGNOMENOME dal novembre 2003 al maggio 2004.
A ragione il G.E. ha osservato che detto periodo non potesse essere computato, in ossequio al dettato di cui all’art. 657 comma 4 cod. proc. pen., atteso che esso era antecedente alla commissione dei reati oggetto della condanna in esecuzione, risalenti agli anni 2006/2009.
Ricorre NOME COGNOME a mezzo del difensore avv. NOME COGNOME che denuncia, con un unico motivo, la violazione dell’art. 606 n. 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in ordine all’art. 657 cod. proc. pen. in relazione all’art. 656 cod. proc. pen., con riferimento agli artt. 416 c. 1, 3, 5 e 6 cod. pen. (capo B) e 81 cpv., 12 c. 3 d. Igs. 286 del 1998 (capo C).
Osserva il ricorrente che, dall’esame dell’ordine di esecuzione per la carcerazione ex art. 656 c. 1 cod. proc. pen. emesso dalla Procura Generale presso la Corte di appello di Reggio Calabria il 22/12/2023 (n. 380/23 SIEP), il reato di cui all’art. 416 c. 1, 3, 5 e 6 cod. pen. (capo B) risulta contestato come commesso a far data dal 2003, «così ricomprendendo il periodo di fungibilità richiesto dal novembre 2003 al maggio 2004, che avrebbe dovuto originariamente essere calcolato nella custodia cautelare presofferta dal COGNOME».
Risulta inoltre errato il percorso argomentativo dell’impugnato provvedimento laddove ha ritenuto di escludere il suddetto periodo di fungibilità erroneamente utilizzando le contestazioni di cui al capo C): ed infatti il capo di imputazione elevato al condannato nella sentenza in esecuzione cristallizza la consumazione del delitto ex art. 12 c. 3 d. Igs. 286 del 1998 al 2003, mentre la motivazione del provvedimento àncora i fatti agli anni 2006-2009; in considerazione del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità che sancisce la prevalenza del dispositivo sulla motivazione, il periodo di fungibilità richiesto (dal novembre 2003 al maggio 2004) avrebbe dovuto essere computato.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
La limitazione normativa dettata in tema di fungibilità dall’art.t. 657, comma 4, cod. proc. pen. non consente di valutare come espiata una pena sofferta in epoca pregressa alla data di consumazione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire.
La ratio di tale limitazione, costantemente riaffermata dalla giurisprudenza di legittimità, è quella di non consentire ad alcuno di fruire di crediti di pena che possano agevolare la commissione di fatti criminosi nella consapevolezza dell’assenza di conseguenze sanzionatorie (tra le altre, Sez. 1, n. 12937 del 12/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266181; Sez. 1, n. 9277 del 01/03/2006, COGNOME, Rv. 233589; Sez. 1, n. 5186 del 21/09/2000, Caserta, Rv. 217234).
Con specifico riferimento ai reati permanenti, per la cui struttura ontologicamente e giuridicamente unitaria non è possibile operare una scomposizione in una pluralità di reati, in parte anteriori e in parte posteriori alla esecuzione dello stato detentivo rivelatosi senza titolo, la giurisprudenza di legittimità, inoltre, è costante nell’escludere «l’istituto della fungibilità delle pene espiate senza titolo» se «la permanenza è cessata dopo l’espiazione senza titolo» (Sez. 1, Sentenza n. 6072 del 24/05/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272102 – 01).
A detti tali principi si è uniformata l’ordinanza impugnata, che ha correttamente rilevato come il periodo di carcerazione espiato sine titulo dall’istante dal novembre 2003 al maggio 2004, fosse antecedente alla commissione dei reati oggetto della condanna in esecuzione.
Deve infatti osservarsi che il reato di associazione per delinquere (capo B) è stato elevato nel caso in esame con contestazione aperta a far data dal 2003: trattandosi di reato permanente, è stata quindi indicata solo la data di inizio della partecipazione. Ne consegue che la circostanza che la detenzione senza titolo sia stata subita dal COGNOME nella fase iniziale della partecipazione all’associazione per delinquere non è elemento sufficiente per ritenere la stessa fungibile, proprio in quanto, essendo la relativa contestazione aperta, la cessazione della permanenza deve ancorarsi alla pronuncia della sentenza di primo grado, nel 2011.
Parimenti, con riferimento ai reati contestati sub capo C), evidenzia il G.E. (pag. 3), come «a fronte di una contestazione cristallizzata come consumata “dal 2003 con condotta in atto”, dal testo della sentenza di condanna si evince chiaramente come le condotte consumate siano cristallizzate tra gli anni 2006 e 2009 (cfr. pagg. 58/71
della sentenza di appello)», e quindi in epoca successiva a quella del profferto, con conseguente piena operatività del chiaro dettato di cui all’art. 657 cod. proc. pen..
Del tutto de-assiale risulta allora il riferimento operato dal ricorrente in ordine al principio della prevalenza del dispositivo sulla motivazione, atteso che, in relazione ai reati di favoreggiamento, essendo gli stessi stati contestati con indicazione della sola data di inizio della condotta, del tutto correttamente il G.E. ha determinato i periodi di commissione dei reati sulla base delle indicazioni tratte nelle sentenze di merito.
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 16 ottobre 2024
Il C Osiglie estensore
Il Presidente