Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20339 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20339 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AFRAGOLA il 14/01/1959
avverso l’ordinanza del 22/12/2024 della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza in data 22 novembre 2024, la Corte d’appello di Napoli in funzione di giudice dell’esecuzione, decidendo in sede di rinvio, ha rigettato l’istanza presentata da NOME COGNOME volta ad ottenere il computo, a titolo di fungibilità, della pena di tutto il periodo da questi presofferto (dal 18 gennaio 1994 al 31 maggio 1996) in relazione al reato di cui agli artt. 575, 577 cod. pen., da cui era stato successivamente assolto, con sentenza della Corte di Assise di Napoli n. 25/96 in data 31 maggio 1996.
COGNOME era stato condannato:
con sentenza della Corte di appello di Napoli in data 2 dicembre 2019, irrevocabile il 23 giugno 2021 per il reato di partecipazione ad associazione di stampo camorristico commesso dal 2004 e fino a dicembre 2010
con sentenza della Corte di assise di appello di Napoli, in data 2 dicembre 2003, irrevocabile il 12 ottobre 2005 per il reato di cui all’art. 416 -bis cod. pen. da agosto 1991, con ‘condotta perdurante.
La sentenza sub 1) aveva riconosciuto la continuazione tra i due reati e in relazione a quello giudicato con la sentenza sub 2) aveva applicato l’aumento pari a tre anni di reclusione.
In relazione a tale reato, COGNOME era stato sottoposto a custodia cautelare dal 2.10.1996 al 26.2.2001.
Nel rigettare l’istanza di riconoscimento della fungibilità della pena, l’ordinanza richiamata ha accertato che entrambi i reati erano stati commessi in epoca successiva alla custodia patita sine titulo ; in particolare, la permanenza del reato associativo giudicato con la sentenza sub 2) non si era protratta oltre il 2.10.1996, data di esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare. Pertanto, la differenza residua di pena non poteva essere imputata alla pena ancora da eseguire, stante il limite posto da ll’art. 657, comma 4, cod. proc. pen. il quale stabilisce che vanno computate solo la custodia cautelare e la pena espiate sine titulo dopo la commissione del reato.
Avverso tale provvedimento NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione deducendo un’unica censura, con la quale denuncia l’erronea applicazione della disciplina della fungibilità.
Rileva che la Corte territoriale non si sarebbe attenuta al mandato della sentenza rescindente, secondo la quale l’istituto della fungibilità delle pene espiate senza titolo non è applicabile ai reati permanenti, quando la permanenza sia cessata dopo l’esp iazione senza titolo. Invero, l’ordinanza impugnata non avrebbe individuato con esattezza la data in cui si era esaurita la condotta di partecipazione al reato associativo, in modo da verificare se si fosse protratta oltre il 1996, anno in cui era cessata l’espiazione della custodia sine titulo . Dalla sentenza della Corte d’assise d’appello di Napoli del 2003 emergerebbe che la partecipazione all’associazione si era arrestata prima della esecuzione della custodia cautelare avvenuta nel 1996.
Inoltre, il giudice dell’esecuzione, in applicazione della regola processuale inerente alla data di cessazione della permanenza per il reato a contestazione aperta, avrebbe desunto la perduranza della condotta associativa fino alla data di esaurimento della custodia cautelare sine titulo (31 maggio 1996), senza
specificare se dal giudizio di cognizione fosse emersa la data del commesso reato e senza specificare in base a quali elementi era pervenuto alla suddetta conclusione.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito specificate.
Occorre preliminarmente ricordare che questa Corte con sentenza n. 19714 del 2024 aveva annullato con rinvio la precedente ordinanza della Corte d’appello di Napoli, sul rilievo che essa, nel fare applicazione della regola di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., non aveva tuttavia «esplicitamente enucleato il tempo del commesso reato» di cui alla sentenza sub 2), ovvero individuato «. La Corte territoriale, dando puntuale attuazione a tale mandato, ha ritenuto che, dalle sentenze di primo e secondo grado pronunciate in quel procedimento non emergessero elementi che consentivano di ritenere che la condotta associativa si fosse protratta oltre il 2 ottobre 1996, data di esecuzione della custodia cautelare.
Trattasi di valutazione che, espressamente condotta sulla scorta della lettura delle sentenze pronunciate in sede di cognizione, perviene ad una conclusione non manifestamente illogica, che, come tale, si sottrae ad ogni censura.
Ciò posto, l’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi che regolano la possibilità di computare la custodia cautelare o la pena espiata per il reato diverso stabiliti dall’art. 657, comma 4, cod. proc. pen. Tale disposizione, invero, àncora al dato cronologico tale possibilità, riservandolo alla custodia ed espiazione che siano successive alla commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire.
Con specifico riferimento ai reati permanenti, per la cui struttura ontologicamente e giuridicamente unitaria non è possibile operare una scomposizione in una pluralità di reati, in parte anteriori e in parte posteriori alla esecuzione dello stato detentivo rivelatosi senza titolo, la giurisprudenza di legittimità, inoltre, è costante nell’escludere l’istituto della fungibilità delle pene espiate senza titolo se la permanenza è cessata dopo l’espiazione senza titolo (tra le altre, Sez. 1, n. 6072 del 24/05/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272102 -01; Sez. 1, n. 40329 del 11/07/2013, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 257600).
Inoltre, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, il riconoscimento della continuazione tra più reati in sede esecutiva, con la conseguente
determinazione di una pena complessiva inferiore a quella risultante dal cumulo materiale, non comporta che la differenza formatasi possa essere automaticamente imputata alla detenzione da eseguire, operando anche in detta eventualità il disposto dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., per cui, a tal fine, vanno computate solo periodi di custodia cautelare sofferta e di pene espiate sine titulo dopo la commissione del reato, e dovendosi conseguentemente scindere il reato continuato nelle singole violazioni che lo compongono (Sez. 1, n. 17531 del 22/02/2023, COGNOME, Rv. 284435 -01; Sez. 1, n. 6072 del 24/05/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272101 – 01).
A detti principi si è attenuta l’ordinanza impugnata.
Dagli elementi in precedenza richiamati, risulta che la permanenza del reato sub 2) si è protratta fino al 2 ottobre 1996 e perciò successivamente alla cessazione della custodia cautelare (avvenuta il 31 maggio 1996) subita in relazione al reato dal quale era stato assolto con sentenza della Corte d’assise di Napoli del 31 maggio 1996. Del pari, anche il reato associativo di cui alla sentenza sub 1), commesso dal 2014 al 2010, è stato posto in essere successivamente alla custodia cautelare subita per il reato sub 2), dal 2 ottobre 1996 al 26 febbraio 2001.
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 02/04/2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME