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Fungibilità della pena: i limiti per reati permanenti

Un uomo, precedentemente assolto dopo aver scontato un periodo di custodia cautelare, ha chiesto di applicare tale periodo, tramite il principio di fungibilità della pena, a condanne per reati associativi commessi successivamente. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la detenzione sofferta ‘sine titulo’ può essere detratta solo per reati commessi prima dell’inizio di tale detenzione, escludendo quindi i reati, anche permanenti, la cui condotta si è protratta o è iniziata dopo la fine della detenzione ingiusta.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fungibilità della pena: Quando la detenzione ingiusta non si può ‘scontare’ da pene future

Il principio della fungibilità della pena, regolato dall’art. 657 del codice di procedura penale, rappresenta un importante strumento di equità, consentendo di non ‘perdere’ il tempo trascorso in custodia cautelare per un reato dal quale si è stati poi assolti. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e presenta limiti precisi, specialmente in relazione a reati commessi successivamente. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questi confini, in particolare per i reati permanenti come l’associazione di stampo mafioso.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo che aveva subito un lungo periodo di custodia cautelare, dal gennaio 1994 al maggio 1996, per un’accusa di omicidio, dalla quale era stato successivamente e definitivamente assolto. Anni dopo, lo stesso soggetto veniva condannato per due distinti reati di partecipazione ad associazione di stampo camorristico, commessi in periodi successivi alla sua scarcerazione: il primo con condotta perdurante fino all’ottobre 1996 e il secondo dal 2004 al 2010.

L’interessato ha quindi richiesto al giudice dell’esecuzione di applicare il principio di fungibilità, ovvero di ‘scalare’ dalle pene per i reati associativi il periodo di quasi due anni e mezzo di detenzione sofferto ingiustamente. La Corte d’appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta, spingendo l’uomo a ricorrere in Cassazione.

La Questione della Fungibilità della Pena e i Reati Permanenti

Il nucleo della questione legale risiede nell’interpretazione del comma 4 dell’art. 657 c.p.p. Questa norma stabilisce che la custodia cautelare sofferta ‘sine titulo’ può essere computata solo per un reato commesso prima dell’inizio della detenzione ingiusta.

Il ricorrente sosteneva che la Corte territoriale non avesse correttamente individuato il momento esatto di cessazione della condotta del primo reato associativo, il quale, a suo dire, si sarebbe concluso prima della fine della detenzione ingiusta. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto infondato il ricorso, allineandosi alla costante giurisprudenza in materia.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha chiarito in modo inequivocabile il principio cardine che governa la fungibilità della pena. Il criterio determinante è puramente cronologico: la detenzione ingiusta può essere utilizzata per compensare una pena solo se il reato per cui si è stati condannati è stato commesso prima dell’inizio della carcerazione ‘sine titulo’.

Con riferimento specifico ai reati permanenti, come la partecipazione a un’associazione criminale, la giurisprudenza è costante nell’escludere la fungibilità se la permanenza della condotta illecita cessa dopo l’espiazione della custodia ingiusta. Nel caso di specie, la Corte ha accertato che la condotta del primo reato associativo si era protratta fino al 2 ottobre 1996, data successiva alla scarcerazione del ricorrente (avvenuta il 31 maggio 1996). Di conseguenza, il reato era stato commesso, nella sua interezza, successivamente alla detenzione ingiusta, impedendo l’applicazione della fungibilità.

La Corte ha inoltre specificato che anche in caso di riconoscimento della continuazione tra più reati, il meccanismo della fungibilità non opera automaticamente sulla pena complessiva. È necessario, infatti, scindere le singole violazioni e verificare, per ciascuna di esse, il rispetto del requisito cronologico imposto dalla legge.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio fondamentale: la fungibilità della pena non è un credito di detenzione spendibile a piacimento per qualsiasi reato futuro. La sua funzione è quella di evitare che un cittadino sconti una pena per un fatto commesso nel passato e contemporaneamente soffra ingiustamente una carcerazione per un’altra accusa da cui viene assolto. Non può, invece, trasformarsi in una sorta di ‘bonus’ per neutralizzare le conseguenze sanzionatorie di crimini commessi dopo aver sperimentato gli effetti di una detenzione ingiusta. Questa decisione consolida la rigorosa interpretazione del criterio temporale, essenziale per bilanciare l’equità verso l’imputato assolto con le esigenze di certezza della pena per i reati successivamente commessi.

La detenzione sofferta ingiustamente può sempre essere scalata da una pena futura?
No. Secondo l’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., la detenzione sofferta ‘sine titulo’ può essere detratta solo dalla pena per un reato commesso in data anteriore all’inizio di tale detenzione.

Come si applica la fungibilità della pena ai reati permanenti come l’associazione mafiosa?
Per i reati permanenti, la fungibilità è esclusa se la condotta illecita si è protratta e cessata dopo la fine del periodo di detenzione ingiusta. Il momento rilevante è la cessazione della permanenza del reato.

Qual è il criterio temporale decisivo per applicare la fungibilità della pena?
Il criterio decisivo è la data di commissione del reato per il quale si deve scontare la pena. Tale reato deve essere stato commesso prima dell’inizio della custodia cautelare sofferta ingiustamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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