Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47013 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47013 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a PALERMO il 15/01/1974
avverso l’ordinanza del 24/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24 maggio 2024 la Corte d’appello di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza del condannato NOME COGNOME di applicazione dell’istituto della fungibilità della pena di cui all’art. 657, cod. proc. pen. con riferimento al periodo di custodia cautelare patita senza titolo tra il 27 novembre 2008 ed il 20 ottobre 2009. In particolare, il ricorrente ha chiesto che tale periodo di custodia cautelare senza titolo fosse computato a titolo di espiazione della pena inflitta allo stesso COGNOME con la sentenza del Tribunale di Palermo del 7 novembre 2016, riformata dalla sentenza della Corte di appello di Palermo del 16 novembre 2018, che lo ha condannato per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. commesso in Palermo ‘sino alla data odierna’.
Il giudice dell’esecuzione ha respinto l’istanza rilevando che l’applicazione dell’istituto della fungibilità al caso in esame Ł preclusa dalla circostanza che il reato di partecipazione all’associazione a delinquere Ł stato commesso dopo il periodo di custodia cautelare senza titolo, come risulta da quanto accertato nel processo di cognizione in cui Ł stata provata l’esistenza di riunioni dell’organizzazione criminale cui ha partecipato il ricorrente nel 2010 e nel 2011, e l’esistenza di fatti di estorsione, per cui pure il ricorrente Ł stato condannato, che avvengono nel 2012, mentre non Ł conferente il richiamo ad una conversazione intercettata da cui si potrebbe ricavare il suo inserimento nella criminalità organizzata già nel 2004, perchŁ in essa non vi Ł alcun riferimento a quale sarebbe il contributo del ricorrente al sodalizio criminale, nØ sono conferenti le trascrizioni di conversazioni intercettate nel 2005 perchØ si tratta di materiale istruttorio che non fa parte del processo di cognizione.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo in cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione perchØ la contestazione del reato con formula aperta (‘fino alla data odierna’) non contiene alcuna precisa indicazione temporale; la motivazione dell’ordinanza impugnata Ł illogica nella parte in cui non considera le intercettazioni del 2004 e del 2005, atteso che, ai fini dell’applicazione dell’istituto della fungibilità, non Ł necessario che la data di commissione del reato emerga dal materiale utilizzato in sede dibattimentale, anzi nell’ordinanza della Corte costituzionale 117 del 2017 si precisa che il giudice dell’esecuzione ha il dovere di precisare il tempo di commissione del reato; la difesa del ricorrente Ł consapevole dell’orientamento giurisprudenziale che ritiene che quando il reato permanente Ł iniziato prima della carcerazione senza titolo, ed Ł proseguito dopo la stessa, la detenzione senza titolo non può considerarsi sofferta dopo la commissione del reato ai sensi di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., pur tuttavia occorre considerare che, con riferimento all’associazione a delinquere, la ‘commissione del reato’ nel significato di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen. non può che essere riferita al momento in cui avviene la adesione del singolo alla consorteria, e quindi all’inizio della consumazione del reato; anche qualora si volesse distinguere tra momento perfezionativo e momento consumativo del reato associativo, bisognerebbe attribuire esclusiva rilevanza all’atto iniziale di adesione del singolo alla consorteria criminale, considerato anche che, per principio generale, qualora all’esito di tali accertamenti di fatto, rimangano dubbi sul tempo di commissione reato, essi debbono essere risolti in favore del reo.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
E’ principio consolidato della giurisprudenza di legittimità che ‘l’istituto della fungibilità delle pene espiate senza titolo non Ł applicabile ai reati permanenti quando la permanenza sia cessata dopo l’espiazione senza titolo’ (Sez. 1, Sentenza n. 6072 del 24/05/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272102; conformi Sez. 1, n. 40329 del 11/07/2013, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 257600; Sez. 1, n. 17829 del 10/04/2008, P.G. in proc. COGNOME, Rv. 240288; Sez. 1, n. 127 del 12/12/2006, dep. 2007, Gentile, Rv. 235342).
In applicazione di tale principio, il ricorrente avrebbe potuto ottenere legittimamente l’applicazione, alla pena inflitta con la condanna per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., della fungibilità con la custodia cautelare patita senza titolo tra il 27 novembre 2008 ed il 20 ottobre 2009, soltanto se avesse cessato l’appartenenza all’associazione entro il 27 novembre 2008.
L’ordinanza impugnata indica, invece, numerosi elementi, desunti dagli atti del processo, da cui emerge che nel 2010, nel 2011 e nel 2012 il ricorrente era ancora inserito nella organizzazione criminale, elementi che il ricorso, in realtà, neanche contesta.
Il ricorso deduce che vi sono elementi, sempre desunti dagli atti, da cui ricavare che il condannato aveva già aderito all’associazione criminale negli anni 2004 e 2005, ma l’argomento Ł infondato, in quanto inconferente con il percorso logico dell’ordinanza impugnata che, in conformità alla giurisprudenza di legittimità sopra citata, ha attribuito rilievo decisivo non all’ingresso nell’associazione, ma alla data di cessazione della permanenza del reato associativo.
Il ricorso Ł, pertanto, infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 20/11/2024
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME