Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14384 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14384 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nata a Moncalieri il 15/03/2024 rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOMEdesignato in data 14/11/2024, previa revoca della nomina dell’avv. NOME COGNOME, di fiducia avverso l’ordinanza del 11/09/2024 del Tribunale di Asti, sezione per il riesame;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che è stata avanzata rituale richiesta di trattazione orale in presenza, ai sensi dell’art. 611, commi 1-bis e 1-ter, cod. proc. pen.; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato; udita la discussione dell’avv. NOME COGNOME in qualità di sostituto processuale dell’avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, lette la memoria scritta depositata in data 31/12/2024 a firma avv. NOME
COGNOME con la quale è stato chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Asti, sezione per il riesame, ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso in data 04/07/2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti avente ad oggetto la somma di euro 12.100 in contanti, ritenuta provento di delitto e trovata nella materiale disponibilità di NOME COGNOME che l’aveva occultata nel cofano della vettura in suo uso.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso in cassazione l’indagata tramite i due difensori fiduciari.
Con atto a firma avv. NOME COGNOME è stato articolato un unico motivo di ricorso con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., violazione di legge con riferimento all’art. 648 cod. pen. e inosservanza della norma processuale di cui all’art. 125 codice di rito; motivazione apparente, mancante, contradditoria e manifestamente illogica.
Rileva il ricorrente che il Tribunale della cautela sarebbe incorso in evidenti errori di fatto che hanno inevitabilmente inciso sul costrutto motivazionale dell’ordinanza impugnata, del tutto apparente, fondato su dati non corretti e congetturali.
Nei confronti di NOME (nonno materno dell’indagata, legittimo possessore di una certa liquidità e di un rilevante patrimonio immobiliare) non è mai stata disposta alcuna confisca di prevenzione, né alcun provvedimento di sequestro, sicchè le somme da questi elargite a NOME NOME erano di legittima provenienza. Destinatari dell’eseguito provvedimento di confisca di prevenzione dell’immobile di Carmagnola erano NOME e NOME ( rispettivamente padre e compagno dell’indagata), soggetti che hanno sempre svolto attività lavorativa percependo denaro di origine lecita e che risultano attinti da sole due condanne per reati di natura lucro-genetica commessi nel maggio e giugno 2022 rispetto ai quali hanno risarcito del danno, come da quietanze depositate, sicchè il denaro sequestrato non poteva rappresentare il provento di tali illeciti.
COGNOME Giacomo, come da dichiarazione resa in data 15 giugno 2024, elargiva somme all’indagata per far fronte al pagamento (euro 2.500,00 mensili) della retta della comunità terapeutica ove Massa Valentino si trovava dal novembre 2023 in regime di esecuzione pena, tali pagamenti (che, se non onorati, avrebbero determinato il reingresso in carcere del Massa) non sono mai stati fatti direttamente da COGNOME Giacomo tramite bonifico bancario o postale (salvo il primo,
su precisa richiesta della struttura), bensì a mezzo del circuito postepay ad opera della stessa indagata, come documentato in atti.
Il denaro sequestrato, custodito nel garage di pertinenza dell’appartamento occupato dall’indagata, non è stato trovato nascosto nel cofano dell’auto, ma semplicemente riposto nella borsa da palestra della ricorrente, messa all’interno del bagagliaio dell’auto.
L’atteggiamento serbato dall’indagata nel corso delle operazioni di esecuzione della confisca di prevenzione si spiega con il timore che la somma di denaro posseduta (con la quale ella avrebbe dovuto pagare le rette della comunità per i mesi da giugno a settembre ed anche far fronte alle proprie necessità) venisse anch’essa sottoposta a sequestro.
Tali evidenze fattuali, puntualmente documentate in atti, escludono l’origine illecita della somma sequestrata che dunque non è provento di reati contro il patrimonio commessi dal padre dell’indagata ( NOMECOGNOME, con conseguente difetto del fumus del delitto di ricettazione (contestato nel capo di imputazione provvisorio) il quale non può essere desunto, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, dalle sole modalità di occultamento dei beni e dalla mancanza di redditi lecitamente prodotti, in assenza di elementi ulteriori circa la provenienza degli stessi da un delitto presupposto precisamente individuato.
Gli accertamenti disposti dal Pubblico Ministero in ordine all’origine delle banconote sequestrate da una zona di Roma ove erano stati commessi reati contro il patrimonio non sono ancora stati depositati, in ogni caso non avrebbero alcuna rilevanza atteso che nei confronti di NOME e NOME è stato emesso decreto di archiviazione per tali illeciti.
Rileva, infine il difensore ricorrente, che l’ordinanza impugnata merita censura anche con riferimento al presupposto del periculum in mora ed al riguardo si deduce che l’indagata è proprietaria dell’immobile ove risiede che non è gravato da alcun pregiudizio, sicchè costei sarebbe in grado di garantire la retrocessione della somma sequestrata.
4. Con atto a firma avv. COGNOME sono stati articolati quattro motivi.
4.1. Con i primi due motivi si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. violazione di legge con riferimento all’art. 648 cod. pen. e inosservanza della norma processuale di cui all’art. 125 codice di rito per mera apparenza della motivazione in punto di riferibilità del denaro sequestrato al padre dell’indagata ed assoluta mancanza di costrutto argomentativo in punto di non riconducibilità di tale somma ad attività illecita della stessa indagata.
L’ordinanza impugnata è erronea laddove ha ravvisato il fumus del reato di ricettazione.
Il Tribunale del riesame ha riportato dati fattuali erronei (si richiamano le medesime considerazioni svolte nel ricorso a firma avv. COGNOME) e ha fondato la ritenuta configurabilità del delitto di cui all’art. 648 cod. pen. sul fatto che non sarebbe attendibile l’assunto della provenienza del denaro sequestrato dal nonno NOME Premesso che non è strano e singolare che un nonno presti denaro alla propria nipote in difficoltà economica e con il padre ed il compagno in stato di detenzione, la giurisprudenza di legittimità richiamata nella stessa ordinanza impugnata, afferma che l’inattendibilità delle allegazioni circa la provenienza del denaro sequestrato non è di per sé sufficiente ad affermarne l’origine delittuosa, essendo pur sempre necessario che il reato presupposto da cui proviene la somma sia individuato, quantomeno nella sua tipologia.
La difesa ha dimostrato che NOME aveva risarcito i danni derivati dai reati contro il patrimonio risalenti al 2022 e che dal giugno di quell’anno sino al momento del sequestro della somma di denaro era stato ininterrottamente detenuto con conseguente impossibilità di commettere altri illeciti, affermare che la somma sottoposta a vincolo fosse provento di delitti commessi dal padre dell’indagata è quindi una illazione generica ed astratta, semmai è più plausibile ipotizzare che essa provenisse da reati commessi dalla stessa indagata.
4.2. Con il terzo e quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. violazione di legge con riferimento agli artt. 379 e 648 cod. pen. e all’art. 125 codice di rito per assoluta mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza, nel caso concreto, degli elementi costitutivi del reato di ricettazione.
Rileva la difesa ricorrente che, anche a volere convalidare l’ipotesi che il denaro sequestrato fosse provento dei reati commessi dal padre, il fatto è al più sussumibile nel delitto di favoreggiamento reale. Dagli atti emerge semplicemente che l’indagata è stata vista occultare la somma all’interno di una delle due vetture in uso a lei stessa e alla madre, sicchè è plausibile ritenere che ella intendesse sottrarla ad un possibile sequestro da parte dei carabinieri, intervenuti per eseguire la confisca dell’immobile.
In ogni caso, l’ordinanza impugnata non motiva in ordine allo stabile possesso del denaro in capo a NOME (e quindi alla ricezione da parte di costei), né al perseguito scopo di profitto proprio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Manifestamente infondate sono le doglianze attinenti alla sussistenza del fumus del reato di ricettazione (primo profilo del motivo di ricorso a firma avv. COGNOME, primo e secondo motivo del ricorso a firma avv. COGNOME).
2.1. Al fine di individuare il perimetro di valutazione rimesso a questa Corte, va ricordato, in via preliminare, che, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errori “in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr., Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692; Sez. 6, Sentenza n. 6589 del 10/01/2013, NOME, Rv. 254893; Sez. 2, n.18952 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez. 2, n. 45739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608); non rientra, invece, nella nozione di violazione di legge l’illogicità manifesta della motivazione (anche tale vizio è stato proposto con il ricorso a firma avv. DeiCOGNOME, che può denunciarsi in sede di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di cui all’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., non rientrante, tuttavia, nel perimetro tracciato dall’art. 324 del codice di rito (Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, COGNOME, Rv. 242916).
2.2. Ulteriore doverosa premessa attiene alla verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del tribunale del riesame o della corte di cassazione che, per costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, non può tradursi in un’anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, COGNOME, Rv. 215840). Con specifico riguardo al sequestro preventivo, la verifica del giudice del riesame non deve tradursi in un sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa, pur dovendo comunque spingersi – sul piano della individuazione del fumus commissi delicti” a rappresentare le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, che dimostrino indiziariamente la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare reale (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 28515 del 21/05/2014, COGNOME, Rv. 260921; Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, COGNOME, Rv. 265433»).
2.3. Tanto premesso, correttamente il Tribunale della cautela ha ravvisato il fumus del delitto di ricettazione in capo alla ricorrente con riferimento alli ingente
somma di denaro pacificamente trovata nella sua disponibilità, sul punto ha sviluppato un puntuale costrutto argomentativo che, dunque, non è mancante ma neppure apparente e che è altresì scevro da errori “in iudicando” o “in procedendo”.
L’ordinanza impugnata (pagg. 4 e 5) ha evidenziato in primo luogo la non riscontrata e plausibile spiegazione in ordine alla lecita provenienza della rilevante somma di cui NOME era stata trovata in possesso.
Al riguardo è stata disattesa – con argomentazioni puntuali e di ordine logicola tesi difensiva secondo cui il denaro era da ritenersi di origine lecita poiché frutto di una elargizione del nonno NOME a seguito di una eseguita operazione di compravendita immobiliare, ponendo anche in luce che tale familiare era stato attinto da definitiva confisca di prevenzione nel cui ambito di esecuzione era stata rinvenuta la somma oggetto di sequestro preventivo.
Esclusa l’attendibilità delle giustificazioni fornite in merito alla lecita origine quanto sequestrato, il Tribunale ha evidenziato e correlato tra loro una serie di elementi fattuali che ha ritenuto significativi – sul piano cautelare- per la configurazione a carico della odierna ricorrente del fumus del delitto di ricettazione il cui reato presupposto poteva ritenersi individuabile nella sua tipologia e cioè nei delitti contro il patrimonio commessi dal padre, così procedendo alla verifica della congruenza dell’ipotesi di reato formulata dal Pubblico Ministero.
Al riguardo, ha valorizzato la dedizione di NOME NOME a reati di natura lucro- genetica a fronte dei quali anche nei confronti di costui era stata instaurata procedura di prevenzione (tale circostanza è pure riportata a pag. 6 del ricorso a firma avv. COGNOME), disattendendo la tesi difensiva per il quale in capo al NOME non erano residuati proventi di precedenti delitti contro il patrimonio avendo egli risarcito il danno subito dalle vittime; ha inoltre posto in luce l’assenza di fonti lecite di reddito in capo all’indagata e al suo nucleo familiare ed il peculiare nonché inspiegabile comportamento di costei laddove, alla sola vista dei militari giunti nei pressi della sua abitazione per ragioni che, tra l’altro, non la vedevano in alcun modo coinvolta, in modo repentino ed anomalo era stata vista uscire dal proprio garage ed occultare nel cofano della propria auto un sacchetto di plastica pari a 12.100,00 euro suddivisi in 121 banconote.
Tale argomentare si pone in linea con quell’orientamento di legittimità cui il Collegio intende dare continuità, per il quale, ai fini della configurabilità del fumus dei reati contro il patrimonio presupponenti la consumazione di un altro reato (artt. 648, 648-bis, 648-ter, 648-ter.1 cod. pen.), è sufficiente – come, del resto, affermato anche a pag. 3 del ricorso a firma avv. COGNOME – che il reato presupposto, quale essenziale elemento costitutivo delle relative fattispecie, sia individuato nella sua tipologia, non essendone necessaria la ricostruzione in tutti gli estremi
storico-fattuali (Sezione 2, n. 26902 del 31/5/2022, Visaggio, Rv. 283563;
Sezione 2, n. 6584 del 15/12/2021, Cremonese, Rv. 282629; Sezione 2, n. 46773
del 23/11/2021, COGNOME Rv. 282433-02; Sezione 2, n. 29689 del 28/5/2019,
Maddaloni, Rv. 277020).
3. La doglianza relativa al difetto del presupposto del periculum in mora
(secondo profilo del motivo di ricorso a firma avv. COGNOME) non è consentita in questa sede ed è dunque inammissibile in quanto non proposta nell’istanza scritta di
riesame (la quale è priva della illustrazione delle censure mosse al provvedimento ablatorio genetico) e neppure riportata nel verbale dell’udienza celebrata avanti il
Tribunale del riesame.
4. Per le medesime ragioni sono inammissibili il terzo ed il quarto motivo del ricorso a firma avv. COGNOME che riguardano censure relative alla riqualificazione
del fatto in favoreggiamento reale e alla assenza di elementi indiziari con riferimento al profilo della ricezione da parte dell’indagata del denaro sequestrato
(da intendersi come il conseguimento, in qualsivoglia modo, del possesso della cosa proveniente da delitto) e del relativo fine di profitto.
Anche tali doglianze non risultano essere state proposte in sede di riesame.
In ogni caso, va evidenziato come il Tribunale della cautela abbia implicitamente vagliato tali profili laddove ha posto in luce – sulla scorta degli elementi fattuali a disposizione – che la somma oggetto del provvedimento ablativo era nella concreta ed esclusiva disponibilità dell’indagata (il che all’evidenza presuppone una ricezione a monte) la quale – di sua personale iniziativa – la occultava nel cofano dell’auto di sua proprietà, così palesando l’intento di sottrarla ad una possibile apprensione.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese 00-er , ‘ 9, 2 1 ar….. Z..) -processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. O t93,77. 1 R1 -· g -3 :-Così deciso il 08/01/2025.