Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14388 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14388 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 27/05/1970 in ALBANIA avverso l’ordinanza in data 01/10/2024 del TRIBUNALE DI BERGAMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
a seguito di trattazione in camera di consiglio, senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli articoli 610 comma 5 e 611 comma 1 bis e seguenti del codice di procedura penale.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna l’ordinanza in data 01/10/2024 del Tribunale di Bergamo, che ha confermato il decreto in data 11/09/2024 del G.i.p. dello stesso Tribunale, che aveva convalidato il sequestro preventivo d’urgenza operato dalla polizia giudiziaria, sulla somma di euro 150.890,00 euro e su di un autoveicolo, in relazione al reato di ricettazione.
Deduce:
1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione apparente in relazione alla configurabilità del delitto di ricettazione.
Il ricorrente denuncia l’erroneità dell’ordinanza impugnata, che ha ritenuto di poter ricavare il fumus del delitto di ricettazione da dati logici, in violazione del consolidato orientamento di legittimità che richiede, invece, che il reato presupposto sia individuato nella sua tipologia, al fine di evitare la generale ablazione di ingenti somme di denaro priva di giustificazione, come nel caso concreto in esame.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo di ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e aspecifico.
1.1. Con riguardo al requisito del fumus commissi delicti del delitto di ricettazione in relazione a ingenti somme di denaro di cui non sia offerta la giustificazione della provenienza, la giurisprudenza di questa Corte si è oramai consolidata nel senso che «in tema di sequestro preventivo, la sussistenza del “fumus” del delitto di ricettazione non può essere desunta, nel caso di rinvenimento di rilevanti somme di denaro o di preziosi della cui disponibilità non sia fornita giustificazione, dalle sole modalità di occultamento dei beni e dalla mancanza di redditi lecitamente prodotti, in assenza di elementi ulteriori, significativi della certa provenienza dei primi da un delitto presupposto. (In motivazione, la Corte ha altresì precisato che costituivano indici ulteriori della provenienza delittuosa dei beni vincolati gli accertati contatti del detentore con esponenti della criminalità, il suo precedente coinvolgimento in fatti di reato produttivi di profitto e il contestuale possesso di oggetti strumentali alla perpetrazione di altri reati). (Sez. 2, n. 28587 del 03/07/2024, Peritore, Rv. 286727 – 01).
E’ stato ulteriormente precisato che «ai fini della configurabilità del “fumus” dei reati contro il patrimonio presupponenti la consumazione di un altro reato (artt. 648, 648-bis, 648-ter, 648-ter.1 cod. pen.), è necessario che il reato presupposto, quale essenziale elemento costitutivo delle relative fattispecie, sia individuato quantomeno nella sua tipologia, pur non essendone necessaria la ricostruzione in tutti gli estremi storico-fattuali. (In applicazione del principio, la Corte ha annullat con rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame confermativa – in relazione alla contestazione alternativa di ricettazione o di riciclaggio – del sequestro preventivo di euro 30.000, rinvenuti all’interno dell’autovettura condotta dall’indagato, che aveva dichiarato trattarsi dei suoi risparmi, rilevando l’inidoneità, quanto all’indi viduazione del reato presupposto, del riferimento compiuto dall’ordinanza a pregresse cariche dell’indagato in società fallite o cessate per le quali non erano state presentate dichiarazioni fiscali ed alla percezione da parte sua del reddito di
cittadinanza) (Sez. 2, n. 6584 del 15/12/2021, dep. 2022, Cremonese, Rv. 282629 – 01).
Al fine dell’esatta comprensione dell’orientamento sintetizzato nel principio di diritto estrapolato dalla sentenza n. 28587 del 03/07/2024, vale la pena riportare quanto puntualizzato in motivazione, là dove si osserva che «ogni interpretazione sul tema deve avere presente come l’estensione generalizzata della possibilità di contestare fattispecie di ricettazione, riciclaggio ed autoriciclaggio ritenendo in via incidentale e sulla base della prova logica l’esistenza di un reato presupposto, rischierebbe di legittimare prassi di generalizzata ablazione di somme di denaro prive di giustificazione. Proprio al fine di evitare tale rischio, il quale comporterebbe l’eccessiva compressione del diritto di proprietà e di libera disponibilità del denaro, deve affermarsi che in caso di rinvenimento di rilevanti somme di denaro contante o di beni preziosi prive di giustificazione, la sussistenza del fumus dei delitti di ricettazione e riciclaggio deve essere connessa all’individuazione non soltanto di particolari modalità di occultamento del contante, significative della volontà di occultarlo, e dell’assenza di redditi leciti ma, altresì, in presenza di ulteriori elementi significativi della certa provenienza da delitto e ciò proprio per scongiurare il pericolo di procedere al sequestro di somme di denaro contante elevando imputazioni ex art. 648 o 648 bis cod.pen. in assenza di qualsiasi elemento atto a dimostrare l’esistenza di un delitto presupposto, altrimenti legittimandosi la generale ablazione di qualsiasi somma ritenuta rilevante. Divengono quindi fondamentali quegli ulteriori elementi che accompagnano il provvedimento ablatorio per giustificare la valutazione incidentale di provenienza illecita del contante, che la stessa giurisprudenza già citata ha potuto individuare negli accertati contatti del soggetto titolare del contante con esponenti criminali, nel precedente coinvolgimento dell’agente in fatti di reato normalmente produttivi di profitto illecito, nel contestuale possesso di oggetti destinati alla consumazione di altri reati (armi, droga, contrabbando, fatture per operazioni inesistenti etc.) ed, in genere, nella presenza di ulteriori elementi significativi della certa provenienza da delitto del denaro sequestrato di cui il provvedimento genetico ovvero quello emesso dal tribunale del riesame o dell’appello cautelare reale deve dare necessariamente conto. Li. Ne discende affermare che ove il tribunale del riesame o dell’appello cautelare reale abbia fatto riferimento oltre che al rilevante ed ingiustificato quantitativo di somme contanti anche ad ulteriori elementi indicativi in senso logico della provenienza dello stesso da delitto, la decisione non appare censurabile in sede di legittimità e ciò proprio perché non può prospettarsi un’ipotesi di motivazione inesistente ma tutt’al più di motivazione illogica certamente non censurabile nella sede di legittimità». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2. Il ricorrente, sostiene che tali principi di diritto sono stati violati, perché l’ordinanza impugnata ha ritenuto la legittimità del sequestro solo sulla base della quantità di denaro, sulla mancata giustificazione della sua provenienza e sui redditi prodotti dall’indagato, ritenuti mancanti o, comunque, insufficienti.
L’assunto, però, è smentito dalla lettura della motivazione del provvedi- mento sotto esame, dove è bensì vero che sono stati valorizzati l’importo rilevante
della somma di denaro, le modalità di occultamento, la mancata giustificazione della loro provenienza e l’incongruità dei redditi, ma i giudici non si sono fermati a
tali elementi per giustificare il sequestro, avendo fatto riferimento a ulteriori ele- menti significativi.
In tal senso, il tribunale ha osservato che tutti tali elementi dovevano essere collegati al fatto che l’indagato era stato controllato a bordo dell’auto, mentre era
in sosta nei pressi di un parcheggio conosciuto come zona di spaccio, così che era possibile ritenere che quel denaro provenisse dal traffico di stupefacenti.
Con la valutazione di elementi ulteriori, significativamente conducenti all’in- dividuazione del reato presupposto, il provvedimento risulta conforme ai principi
di diritto sopra enunciati e, al contempo, soddisfa il coefficiente di motivazione richiesto in sede di provvedimenti cautelari, dovendosi ricordare che in sede di
cautela reale, la misura ablatoria si giustifica con il requisito del fumus commissi
delicti, in relazione al quale il giudice del riesame (o dell’appello cautelare) non
può guardare alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pure sommariamente, le ragioni che, allo stato degli atti e fatto salvo il regime della progressione processuale, rendono sostenibile o meno l’impostazione accusatoria, con la sottolineatura che al giudice cautelare non può essere demandato un giudizio anticipato sulla responsabilità e che, ai fini dell’integrazione del fumus, sono richiesti sufficienti indizi del reato (c.d. serietà degli indizi) e non gravi indizi di colpevolezza. con la conseguente manifesta infondatezza del motivo d’impugnazione.
Tanto conduce alla manifesta infondatezza del motivo d’impugnazione e, con esso, del ricorso.
2. Quanto esposto porta alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
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