Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 4437 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 4437 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Massa di Somma il 25/08/1998 avverso l’ordinanza del 05/09/2024 del Tribunale della liberà di Napoli
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria redatta ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Napoli costituito ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., ha rigettato l’istanza di proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Noia in data 29 luglio 2024 avente ad oggetto la carrozzeria sia in Volla, invia San Giorgio n. 28, ritenendo sussistente il fumus del reato di cui all’art. 137 d.lgs. n. 152 del 2006.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME nella veste di conduttore e di titolare dell’officina, per il ministero del difensore di fiducia, ha proposto rico per cassazione, che deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 15 cod. pen., 321, 322, 324, 325, 521 cod. proc. pen., 137 e 256 d.lgs. n. 152 del 2006, e la violazione dell’art. 606, comma 1, e), cod. proc. pen. per motivazione apparente in relazione al fumus commissi delicti del reato contestato ex art. 137 d.lgs. n. 152 del 2006 e del reato ex art. 256 d.lgs. n. 152 del 2006 e mutamento del fatto storico. Rappresenta il difensore che il Tribunale ha ravvisato il fumus del reato di cui all’art. 137 d.lgs. n. 152 del 2006 in violazione del canone valutativo della gravità indiziaria, pur riconoscendo la necessità di ulteriori approfondimenti finalizzati ad accertare l’eventuale esistenza di un reale ed effettivo scarico, anche periodico, discontinuo od occasionale, di acque reflue, in un corpo ricettore ed effettuato tramite condotta e senza soluzione di continuità di sversamento nella pubblica fogna, elemento che rappresenta il discrimine tra il reato in esame e quello ex art. 256 d.lgs. n. 152 del 2006, di cui, nella specie, non ricorrono i presupposti, per mancanza del rinvenimento del rifiuto liquido e per l’assenza di una effettività attività raccolta di trasporto, recuper smaltimento, commercio illecito dello stesso. Il Tribunale, laddove ha confermato il sequestro per la diversa e non contestata ipotesi ex art. 256 d.lgs. n. 152 del 2006, ha posto illegittimamente a fondamento della propria decisione un fatto diverso da quello ricostruito dalla p.g. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Preliminarmente, appaiono doverose due premesse.
2.1. In primo luogo, si rammenta che, in tema di sequestro preventivo, non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del soggetto nei cui confronti è operata la misura ablativa – come pare ipotizzare il ricorrente, laddove evoca la sussistenza della “gravità indiziaria” (p. 4 del ricorso) -, essendo, invece, sufficiente accertare il fumus commissi delicti, vale a dire la astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato (Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, COGNOME Rv. 273069; Sez. 2, n. 5656 del 28/01/2014, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 258279),
2.2. In secondo luogo, vanno richiamati gli stringenti limiti stabiliti dall’ar 325 cod. proc. pen., a tenore del quale il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti cautelari di natura reale è consentito unicamente per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656).
Ciò posto, in forza dei limiti dinanzi indicati, non può affermarsi che la motivazione resa dal provvedimento impugnato, quanto ai dati di fatto valorizzati e alle conclusioni da essi tratte, sia omessa ovvero apparente, in quanto il Tribunale, ai fini della sussistenza del fumus commissi delicti, non ha utilizzato espressioni di stile o stereotipate, ma, sulla base degli atti di indagine, ha ravvisat astratta sussumibilità del fatto nel reato di cui all’art. 137 d.lgs. n. 152 del 2006 trattandosi scarichi derivanti da insediamento produttivo, vale a dire un’attività di autoriparazioni, in cui venivano utilizzati strumenti, quali la smerigliatrice (peraltr posta sotto sequestro) e i residui di olio motore, sicché lo sversamento nel suolo di tali liquidi, operato, come nella specie, senza autorizzazione – circostanza che il ricorrente non contesta -, integra certamente il fumus del reato oggetto di provvisoria incolpazione.
Manifestamente infondata è la doglianza, secondo cui vi sarebbe stata un’inammissibile radicale mutamento della vicenda storica, integrando una diversa ed autonoma ricostruzione della dell’accadimento fattuale in contestazione.
Si osserva, infatti, che il Tribunale – il quale, si ribadisce, ha ravvisato il fumus del reato ex art. 137 d.lgs. n. 152 del 2006 – si è limitato ad indicare la necessità di ulteriori approfondimenti investigativi in merito alle modalità in concreto seguite per lo sversamento, occorrendo stabilire se vi sia stato scarico di produzione del
refluo in un sistema stabile di collettamento, ovvero un abbandono o smaltimento non autorizzato di rifiuti, senza che ciò abbia avuto alcuna incidenza sulla qualificazione del fatto, allo stato contestato come violazione dell’art. 137 d.lgs. n. 152 del 2006.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 22/01/2025.