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Fumus commissi delicti: la carica non basta a provare

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo, stabilendo che la sussistenza del fumus commissi delicti non può basarsi sulla sola carica di amministratore ricoperta per un breve periodo. La Corte ha ritenuto la motivazione del tribunale del riesame meramente apparente, poiché non dimostrava la consapevolezza e il dolo specifico dell’amministratrice nel presunto reato tributario, annullando il provvedimento con rinvio per un nuovo esame.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fumus Commissi Delicti: la Sola Carica di Amministratore non Basta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di reati tributari e misure cautelari reali: la carica di amministratore, di per sé, non è sufficiente a dimostrare il fumus commissi delicti. In questo articolo, analizzeremo la decisione che ha portato all’annullamento di un sequestro preventivo, sottolineando l’importanza di provare la consapevolezza e il dolo specifico del soggetto indagato.

I Fatti del Caso: Un Sequestro e una Carica di Breve Durata

Il caso riguarda un’amministratrice di una società a responsabilità limitata, indagata per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti in concorso con altri soggetti. Secondo l’accusa, la società, attraverso fittizi contratti d’appalto, avrebbe fornito manodopera ad altre imprese, consentendo a queste ultime di evadere l’IVA.

Sulla base di queste accuse, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva emesso un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per un valore di oltre 550.000 euro. Il Tribunale del riesame aveva parzialmente accolto l’istanza della difesa, riducendo l’importo del sequestro ma confermandone l’impianto. L’amministratrice ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una motivazione apparente e la mancanza di prove sul suo effettivo coinvolgimento.

I Motivi del Ricorso: Mancanza di Dolo e di Consapevolezza

La difesa ha articolato il ricorso su due punti principali.

In primo luogo, ha contestato la violazione di legge riguardo al fumus commissi delicti. L’amministratrice aveva ricoperto la carica per un periodo estremamente breve (solo 44 giorni) e i contratti d’appalto fraudolenti erano stati stipulati in un’epoca precedente. Pertanto, secondo la difesa, non era possibile desumere il suo coinvolgimento dal semplice status di legale rappresentante. Mancava la prova della consapevolezza dell’inesistenza delle operazioni e del dolo specifico, ovvero l’intenzione di consentire a terzi di evadere le imposte.

In secondo luogo, ha lamentato una motivazione errata e apparente anche riguardo al periculum in mora, sostenendo che il Tribunale non avesse spiegato perché fosse necessario anticipare l’effetto ablativo del sequestro prima della definizione del giudizio.

La Decisione della Corte e la valutazione del Fumus Commissi Delicti

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato e assorbente rispetto al secondo. Secondo i giudici di legittimità, il Tribunale del riesame ha fornito una motivazione solo apparente riguardo alla sussistenza del fumus commissi delicti.

La Carica di Amministratore non è Prova di Colpevolezza

Il Tribunale si era limitato a richiamare il meccanismo fraudolento e a sottolineare che, durante il breve mandato dell’indagata, erano state emesse dodici fatture per operazioni inesistenti. Tuttavia, non aveva individuato alcun elemento di fatto specifico che potesse attestare un coinvolgimento consapevole della ricorrente.

La Corte ha specificato che il solo fatto di rivestire la carica, anche in un’ottica di responsabilità omissiva (per non aver impedito l’evento), non è sufficiente. Un tale approccio si tradurrebbe in un rimprovero per colpa (violazione del dovere di diligenza), mentre il reato contestato richiede il dolo specifico. Non era stato provato, nemmeno a livello indiziario, che l’amministratrice fosse una ‘prestanome’ consapevole del disegno criminoso.

Le Motivazioni della Cassazione

La motivazione della Corte si concentra sulla radicale insufficienza dell’apparato argomentativo del provvedimento impugnato. I giudici del riesame non hanno offerto una risposta completa e adeguata alle obiezioni difensive, limitandosi a rimarcare dati (il periodo della carica e il numero di fatture) di per sé non decisivi, soprattutto considerando che lo schema illecito era preesistente all’incarico dell’indagata.

La Cassazione ha affermato che, per sostenere l’accusa, è necessario dimostrare la consapevolezza dell’inesistenza delle operazioni e l’intenzione di permettere l’evasione fiscale. Il principio giurisprudenziale secondo cui il prestanome risponde per non aver esercitato i poteri di controllo non può essere applicato meccanicamente. Occorre che dagli atti emergano elementi che conducano ad affermare che l’amministratore, pur essendo formalmente tale, fosse a conoscenza della frode.

Di conseguenza, la Corte ha concluso che la motivazione del Tribunale era mancante, non avendo illustrato in modo compiuto gli elementi che integravano la sussistenza del fumus commissi delicti nei confronti specifici della ricorrente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza è di grande importanza pratica. Essa rafforza il principio secondo cui le misure cautelari reali, come il sequestro preventivo, non possono fondarsi su automatismi o presunzioni. La responsabilità penale è personale e, anche nella fase cautelare, è necessario che il giudice motivi in modo puntuale e non apparente la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.

Per gli amministratori di società, ciò significa che la loro posizione non comporta una responsabilità oggettiva per i reati commessi dall’ente. Per l’accusa, invece, emerge la necessità di raccogliere elementi specifici che dimostrino, al di là del ruolo formale, la partecipazione consapevole e volontaria dell’amministratore all’illecito, specialmente in contesti complessi e quando la carica è stata ricoperta per un lasso di tempo molto limitato.

Essere amministratore di una società è sufficiente per essere ritenuti responsabili dei reati tributari commessi dalla stessa?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il mero status di legale rappresentante non è sufficiente a fondare la responsabilità. È necessario che l’accusa provi la consapevolezza dell’attività illecita e il dolo specifico, ovvero l’intenzione cosciente e volontaria di consentire a terzi l’evasione delle imposte.

Cosa si intende per motivazione ‘apparente’ di un provvedimento di sequestro?
Una motivazione è ‘apparente’ quando il giudice si limita a enunciazioni di stile o a richiamare genericamente gli elementi d’accusa senza analizzarli criticamente e senza rispondere in modo specifico alle censure sollevate dalla difesa. In pratica, è una motivazione che esiste solo formalmente ma è priva di contenuto argomentativo concreto, non permettendo di comprendere l’iter logico seguito per giungere alla decisione.

Perché il sequestro preventivo è stato annullato in questo specifico caso?
Il sequestro è stato annullato perché il Tribunale del riesame non ha adeguatamente motivato la sussistenza del fumus commissi delicti. Non sono stati individuati elementi di fatto concreti che dimostrassero il coinvolgimento consapevole dell’amministratrice nel meccanismo fraudolento, soprattutto considerando che la sua carica era durata solo 44 giorni e che i contratti illeciti erano stati stipulati prima del suo insediamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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